LA POESIA di Giorgio Bongiorno: “Libertà”

Viva la libertà
Suonano le campane
Come il mare lontano della tempesta
Spumeggia sulla battigia
Chiesero ai galantuomini
Ai signori
Agli sbirri
A Neddu il figlio del notaio
Ai preti ed alle streghe
E al resto dei prepotenti
Il perché di tutto quel soperchiare e succhiare l’anima
Vollero gustare la carne della baronessa
Quella nutrita di pernici e di vino buono
Prima di randellare i campieri
E chiudere gli usci della notte
Sui boschi dell’Etna e su quel macabro carnevale
Di morte
Libertà è pane per tutti
Vuol dire che ci sarebbe stata festa
Sul sangue di quei malvagi
Il generale arrivò
In paese il giorno dopo
Ne fece fucilare prima cinque o sei
Così
Alla rinfusa
Contro il muro del cimitero
I giudici compirono l’opera
Dei soldati
Dietro le lenti dei loro occhiali
Facendo portare in città la marmaglia rimasta
E discutendo tre lunghi anni sulla loro
Sicura pena
Le manette del carbonaio e dei suoi compaesani
Disegnarono una volta per tutte
Il segno della libertà
Quella vera
Quella dei galantuomini
Onesti
Con il berretto in mano

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La vita senza libertà è come un corpo senza lo spirito.
(Khalil Gibran)

Libertà è una novella dell’autore verista Giovanni Verga, pubblicata nel 1883 nella raccolta Novelle rusticane. Qui Verga ci racconta di un fatto veramente accaduto, la vicenda di Bronte dopo la rivolta della povera gente che voleva espropriare per poi dividere le terre dei benestanti.
Giovanni Carmelo Verga di Fontanabianca è stato uno scrittore, drammaturgo e senatore italiano, considerato il maggior esponente della corrente letteraria del Verismo. Di nobili natali, visse in un ambiente di tradizioni liberali. (fonte: Wikipedia)

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Foto di copertina: “La rivolta” di Honoré Daumier – The Phillips Collection – Washington DC 

Questa rubrica “Sciaveri di tregua” desidera istituzionalizzare la registrazione costante dei pochi ma intensi momenti di riflessione che mi vengono suggeriti in tempo reale in parte dall’osservazione e dalla traduzione poetica di immagini particolari con cui la realtà si manifesta e in parte dalla immancabile dose di esperienza specifica che l’età matura può aggiungere a questa attenta osservazione.

È abbastanza incredibile quanto sia in questo contesto assai prezioso, soprattutto dal punto di vista spirituale, l’affinamento che a questa osservazione si affianca nell’intento di popolare di piccole ma vitali suggestioni le esigue pause spirituali che, con forzata parsimonia, la realtà odierna nella sua corsa ci riserva.

Ho riscoperto il prezioso quanto dimenticato lemma “sciàveri ” per dare un nome a questi momenti, a queste osservazioni e a questi intensi ritagli di esistenza , definendo il termine “tregua” , dal sapore combattivo e guerresco, proprio per stigmatizzare la sconcertante sofferenza del corpo e dello spirito in questa quotidiana “tenzone” che tutti dobbiamo affrontare nel contesto della convivenza sociale e nel caos di questa corsa ad ostacoli , densa di episodi di “fatica” in un mondo in cui la realtà presenta fenomeni di effettive sfide temporali e fisiche oltre a un continuo sopravvenire di istanze etiche e spirituali, materia di problematiche irrisolte, nonché di dubbi esistenziali di non poco conto.

Sciàveri di tregua” è quindi nato con l’ambizione di rappresentare un convinto, coerente e sentito invito a una sosta ferace dello spirito, intesa a lasciare a ciascuno la possibilità di riflettere intorno ai valori propri e intimi dell’esistenza , fatto non sempre concesso dalla realtà “accelerata” e nello stesso tempo “aumentata” dei nostri giorni.
Attraverso pensieri tradotti in sequenze armoniche di parole , qualche volta attraverso ritmi melodici ed onomatopeici in cui si mescolano elementi naturali primordiali e sottili rumori di sentimenti umani , ho cercato di incontrare opere di amici noti o sconosciuti e di invocare il loro aiuto, la loro complicità , per indugiare su qualche immagine di questa turbinosa avventura del vivere gli anni del terzo millennio, in una gara senza pause, senza respiro e “apparentemente” senza alcun segno di pietà per chi rimane relegato a una vana attesa sul ciglio spesso tristemente disadorno e inospitale della strada.
Da artigiano della parola ho scambiato impressioni con solerti artigiani del suono, dei colori e dell’immagine (pittori, scultori , musicisti e fotografi) per scoprire quegli stimoli creativi condivisi che facilitano una risposta corale a una serie di interrogativi comuni alle varie “discipline artistiche”, cioè comuni all’interpretazione della realtà”.

Qualche volta ci siamo insieme domandati dove si voglia arrivare attraverso questa amabile scorciatoia con cui si tende a volere a tutti i costi eliminare le tregue, accelerare la corsa, bruciare tutte le tappe, comprese quelle più solenni e rituali come gli archetipi più sacri e celebrati dalla tradizione della vita e della morte. Qualche altra ci siamo soffermati sui valori tradizionali della nostra esistenza con attenzione e scrupolosa smania di descrivere i colori della realtà com’è o come vorremmo che venisse percepita attraverso il filtro della nostra mediazione spirituale, artistica ed umana.

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