LA POESIA di GIORGIO BONGIORNO: “La corsa”

Vorrei seguire con te
Il soffio leggero del vento di allora
Con il profumo dei filari
Accarezzare le colline della nostra terra
Su per le valli del sole
Insieme al canto degli scriccioli
Fino alla cima del monte
Pareva un sogno
Il lungo galoppo verso il castello
Quel viaggio a ritroso nel tempo
Fin nell’anima del bosco
Quegli erti sentieri
Disseminati di aghi d’abete
E di vecchie pigne
Quelle pause inquiete sui dossi
Quei pensieri insistenti
Quell’ansimare gioioso
Cantilena di corpi affannati
Parte della nostra carne
Profonda emozione di istanti felici
Meraviglia di quella corsa
Tanto bella da sembrare un volo
Non sapevamo dove andare
Ma qualcosa ci trascinava avanti
A raggiungere le nuvole
Quasi a toccare i loro contorni dorati
Ricordi
Ci pareva di aver messo le ali
Verso magie di lidi sconosciuti
Inondati di glicine e lavanda
Acque turchesi e cristalline
Di coste ricamate della schiuma del mare
Soavi ventagli
Tenui armonie
Nenie appena sussurrate
Tenero benvenuto alle porte del cielo
Poi il passo lento
Cadenzato del ritorno
E la nostalgia
Di quel lungo galoppo verso il castello
Della meraviglia
Di quella corsa
Di quelle falcate possenti
Tanto belle da sembrare un volo
Un’ebbrezza senza fine
Aria di paradiso
Con il soffio del vento
I colori
E i profumi di allora
Intorno alla campagna di casa

Chiedimi di mostrarti poesia in movimento, e ti mostrerò un cavallo.
(Ben Jonson)

Il mio cavallo? Non lo cambierei
con nessun’altra bestia a quattro zampe.
Quando gli sono in sella,
è come se volassi: sono un falco
che galoppa per l’aria insieme a lui.
La terra canta, quando lui la tocca.
Il più banale corno del suo zoccolo
è più armonioso della piva d’Ermes.
(William Shakespeare)

Foto di copertina: “La corsa” dal web

Questa rubrica “Sciaveri di tregua” desidera istituzionalizzare la registrazione costante dei pochi ma intensi momenti di riflessione che mi vengono suggeriti in tempo reale in parte dall’osservazione e dalla traduzione poetica di immagini particolari con cui la realtà si manifesta e in parte dalla immancabile dose di esperienza specifica che l’età matura può aggiungere a questa attenta osservazione.

È abbastanza incredibile quanto sia in questo contesto assai prezioso, soprattutto dal punto di vista spirituale, l’affinamento che a questa osservazione si affianca nell’intento di popolare di piccole ma vitali suggestioni le esigue pause spirituali che, con forzata parsimonia, la realtà odierna nella sua corsa ci riserva.

Ho riscoperto il prezioso quanto dimenticato lemma “sciàveri ” per dare un nome a questi momenti, a queste osservazioni e a questi intensi ritagli di esistenza , definendo il termine “tregua” , dal sapore combattivo e guerresco, proprio per stigmatizzare la sconcertante sofferenza del corpo e dello spirito in questa quotidiana “tenzone” che tutti dobbiamo affrontare nel contesto della convivenza sociale e nel caos di questa corsa ad ostacoli , densa di episodi di “fatica” in un mondo in cui la realtà presenta fenomeni di effettive sfide temporali e fisiche oltre a un continuo sopravvenire di istanze etiche e spirituali, materia di problematiche irrisolte, nonché di dubbi esistenziali di non poco conto.

Sciàveri di tregua” è quindi nato con l’ambizione di rappresentare un convinto, coerente e sentito invito a una sosta ferace dello spirito, intesa a lasciare a ciascuno la possibilità di riflettere intorno ai valori propri e intimi dell’esistenza , fatto non sempre concesso dalla realtà “accelerata” e nello stesso tempo “aumentata” dei nostri giorni.
Attraverso pensieri tradotti in sequenze armoniche di parole , qualche volta attraverso ritmi melodici ed onomatopeici in cui si mescolano elementi naturali primordiali e sottili rumori di sentimenti umani , ho cercato di incontrare opere di amici noti o sconosciuti e di invocare il loro aiuto, la loro complicità , per indugiare su qualche immagine di questa turbinosa avventura del vivere gli anni del terzo millennio, in una gara senza pause, senza respiro e “apparentemente” senza alcun segno di pietà per chi rimane relegato a una vana attesa sul ciglio spesso tristemente disadorno e inospitale della strada.
Da artigiano della parola ho scambiato impressioni con solerti artigiani del suono, dei colori e dell’immagine (pittori, scultori , musicisti e fotografi) per scoprire quegli stimoli creativi condivisi che facilitano una risposta corale a una serie di interrogativi comuni alle varie “discipline artistiche”, cioè comuni all’interpretazione della realtà”.

Qualche volta ci siamo insieme domandati dove si voglia arrivare attraverso questa amabile scorciatoia con cui si tende a volere a tutti i costi eliminare le tregue, accelerare la corsa, bruciare tutte le tappe, comprese quelle più solenni e rituali come gli archetipi più sacri e celebrati dalla tradizione della vita e della morte. Qualche altra ci siamo soffermati sui valori tradizionali della nostra esistenza con attenzione e scrupolosa smania di descrivere i colori della realtà com’è o come vorremmo che venisse percepita attraverso il filtro della nostra mediazione spirituale, artistica ed umana.

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