Ma è solo una mia impressione o Papa Francesco sta cambiando da qualche tempo le sue posizioni? Cosa sta succedendo nella Chiesa, soprattutto al suo massimo vertice? Mi pare più prudente ed equilibrato, Papa Bergoglio, che ieri ha compiuto 86 anni, più Santo Padre e meno presidente di ong, più cattolico e cristiano rispetto al “papulismo” ecologista e umanitario che lo ha caratterizzato finora. Una svolta ancora timida ma benedetta, per citare il suo predecessore. Sembra attenuata la sua riduzione del Papato ad Alto Protettore dei Migranti. Non che abbia cambiato linea ma i suoi messaggi più recenti si occupano di più cose in cielo e in terra che le traversate marittime dei richiedenti asilo.
Se dovessi datare la svolta e farla coincidere con un fatto simbolico, direi che tutto questo cambiamento si avverte da quando è su una sedia a rotelle, per via dei suoi problemi di deambulazione e di salute. Era il 5 maggio scorso, a Roma, quando Bergoglio apparve per la prima volta in carrozzina all’udienza al Pontificio Consiglio per l’unità dei cristiani. In quell’occasione fece un elogio della fragilità ed esortò a riconoscere e inchinarsi anche davanti all’altrui fragilità. E di farlo nel nome di Cristo, del suo corpo martoriato e risorto. Da allora, il Papa è apparso in più occasioni e in più viaggi sulla sedia a rotelle e i suoi discorsi hanno assunto un respiro un po’ diverso, almeno così ci è parso. Sarà una coincidenza o una suggestione personale ma più o meno dagli stessi mesi mi ritrovo sempre meno in dissenso radicale con quel che dice. Si sentono sempre meno dichiarazioni che compiacciono lo spirito del tempo, cioè ispirate alla filantropia umanitaria più che alla concezione cristiana, o che privilegiano l’attenzione e il dialogo con i non cristiani rispetto ai cristiani, con i non cattolici rispetto ai cattolici, con gli islamici rispetto ai credenti in Cristo. I richiami alla famiglia, alla natalità, contro l’aborto, la ripresa di temi religiosi, perfino cenni di amor patrio, sono segnali da non trascurare. Sarebbe bello pensare che Papa Francesco abbia fatto un bagno d’umiltà e di realismo, si sia messo nei panni di Cristo e del suo predecessore a lungo infermo, Giovanni Paolo II, e si sia riconciliato con la tradizione e i suoi predecessori ma anche con il suo ruolo di Santo Padre Guida pastorale e spirituale.
Il cambiamento parziale di rotta coincide pure con la crisi mondiale sorta con la guerra in Ucraina e il rischio di un conflitto mondiale e di una guerra atomica. Il Papa negli ultimi mesi parla molto di pace, come i suoi predecessori; ma questo non piace a molti che fino a ieri lo esaltavano perché vedono in questa sua insistenza quasi una colpevole equidistanza rispetto a Zelenskj e a Putin, oltre che tra la Nato e la Russia. E un’esortazione a non mandare altre armi. Ma lui è il Papa e non il cappellano militare dell’Alleanza Atlantica; si rivolge al mondo e non solo all’occidente, nel nome di Cristo e non del Nuovo Ordine Mondiale. Sa che il Giudice supremo sta in Cielo e non a Washington o paraggi.
Non vorrei aver frainteso le sue parole, e vorrei che questo parziale ravvedimento non sia solo nei miei occhi, nella mia mente e nel mio cuore; ma fosse il frutto di un’illuminazione, o se preferite, di un intervento provvidenziale dello Spirito Santo. Il difficile momento della cristianità nel mondo, la percezione di declino della civiltà cristiana e di decadenza della Chiesa cattolica, ci sono tutti e vanno ben oltre il pontificato in corso. Ma quel che fino a ieri ci sembrava una resa al mondo, un cedimento allo spirito del tempo, e in definitiva una forma di complicità al puro scopo di sopravvivere all’ateismo e al cinismo della nostra epoca, assume ora tratti diversi. E mi auguro che non sia, oltre che un’impressione fallace, solo il frutto di fortuite circostanze; un fattore occasionale, momentaneo, non destinato a lasciare un’impronta. Qualcuno dirà che è un’astuzia gesuitica di Bergoglio, e qualcuno obietterà che il suo pontificato non è cambiato, come dimostra anche la sua intensa pubblicistica, oltre le sue lettere e le sue encicliche. Ma trapela un’altra prospettiva. Magari Bergoglio si deciderà a riconoscere almeno pari dignità a chi resta fedele alla tradizione della Chiesa, e a non considerarlo come un figlio di un dio minore.
Qualcuno forse ricorderà quante volte ci siamo rivolti polemicamente al Papa, fino a ritenerlo se non corresponsabile della scristianizzazione in atto, quantomeno restio a fronteggiare l’ateismo pratico dominante. Critiche dolorose, perché fa sempre male ergersi a obiettore di coscienza del Papa, che dovrebbe essere il Vicario di Cristo in terra e il Santo Padre di noi tutti.
E’ vivo nella memoria il dogma dell’infallibilità del Papa, che fu ribadito da Pio IX in Pastor Aeternus il 18 luglio del 1870, suggerito dai gesuiti e proclamato dal Concilio Vaticano I. Si trattava però di un’infallibilità non permanente e assoluta ma solo quando il Pontefice parla ex Cathedra Petri, per richiamarsi ai Vangeli.
L’infallibilità papale era stata messa a dura prova non solo dagli eventi storici che ne seguirono, come la Breccia di Porta Pia del settembre seguente; e da molte polemiche laiche e moderniste. Ma anche da quanti in seno alla Chiesa, richiamandosi alla tradizione cattolica e cristiana, contestarono il Pontificato ai tempi del Concilio Vaticano II e anche dopo. Rischiando lo scisma con il Vescovo Monsignor Marcel Lefevbre: paradossalmente, i cattolici tradizionalisti che in teoria dovrebbero essere i più fedeli all’autorità infallibile del Papa, divennero i contestatori più accesi. Una situazione del genere è parsa ripetersi ora con Papa Bergoglio. Ma da qualche mese, se non confondiamo una percezione con una speranza, spira un’altra aria, un altro vento. E lo spirito, si sa, “soffia dove vuole. Ne puoi udire la voce, ma non sai né da dove viene né dove va”. (Dal Vangelo secondo Giovanni).
La Verità – 17 dicembre 2022
La svolta benedetta di Papa Francesco