LA POESIA di GIORGIO BONGIORNO: “Esilio”

LA POESIA di GIORGIO BONGIORNO: “Esilio”

Germogli inondati di speranza
Perle di rugiada
Al sole di quei lontani giorni
Deboli virgulti
Recisi giovani
Ancora umidi della pioggia
Di quella primavera
Così diversa da tutte le altre
Facile fu cancellare
I vivaci colori della nostra figura
Dai consueti giochi dell’adolescenza
Fantasmi nascosti
Dietro gli angoli della via
Fra i ciottoli della salita
Fin sul sagrato vuoto della cattedrale
Oggi risuona la mesta eco del commiato
Dei lunghi silenzi
Fra i testimoni distratti di quel tempo
Ci sono intorno solo folle indistinte
Storie distratte
Accavallate come i filari dei pioppi
Oltre la riva del grande fiume
Gigante sornione della pianura
Maschere variopinte
Comparse allineate in attesa di apparire
Sul palcoscenico dell’esistenza
Da allora sono molti i distacchi
Di membra distrutte dalla fatica
Accalcate al portone delle mura
Navigli scuri inesorabili
Tetre immagini di miseria profilate nella nebbia del mattino
Treni fumosi e tanti vagoni
A fendere il gelo di stazioni
Piene di angoscia
E di teneri lamenti
Occhi chiusi e rassegnati
Al flagello della memoria
Niente del profumo dei boschi
Del calore dell’ultimo abbraccio
In quelle tradotte scagliate adagio verso il fronte
di altri mondi
sconosciuti e distanti
Alla fine
Cacciati via come
Leoni assediati
Stanchi di fuggire per i sentieri della vita
Stremati da quella corsa incessante
Abbiamo invocato la tregua degli angeli
Fantasmi vagabondi nella notte
A recitare inutili preghiere
Senza mai scoprire
Se quell’obbligo di lasciare
Le radici trepide dell’anima
Se quella nostalgia di casa
Di quei cancelli chiusi
Di quel glicine rigoglioso e superbo
L’insistente e cupa voglia di ritornare
A quello spicchio di cielo sopra la collina
Fosse esilio
O semplicemente
Un inaudito
Solenne
Colpevole
Rifiuto

.

Foto di copertina: “Esilio” dal web

Questa rubrica “Sciaveri di tregua” desidera istituzionalizzare la registrazione costante dei pochi ma intensi momenti di riflessione che mi vengono suggeriti in tempo reale in parte dall’osservazione e dalla traduzione poetica di immagini particolari con cui la realtà si manifesta e in parte dalla immancabile dose di esperienza specifica che l’età matura può aggiungere a questa attenta osservazione.

È abbastanza incredibile quanto sia in questo contesto assai prezioso, soprattutto dal punto di vista spirituale, l’affinamento che a questa osservazione si affianca nell’intento di popolare di piccole ma vitali suggestioni le esigue pause spirituali che, con forzata parsimonia, la realtà odierna nella sua corsa ci riserva.

Ho riscoperto il prezioso quanto dimenticato lemma “sciàveri ” per dare un nome a questi momenti, a queste osservazioni e a questi intensi ritagli di esistenza , definendo il termine “tregua” , dal sapore combattivo e guerresco, proprio per stigmatizzare la sconcertante sofferenza del corpo e dello spirito in questa quotidiana “tenzone” che tutti dobbiamo affrontare nel contesto della convivenza sociale e nel caos di questa corsa ad ostacoli , densa di episodi di “fatica” in un mondo in cui la realtà presenta fenomeni di effettive sfide temporali e fisiche oltre a un continuo sopravvenire di istanze etiche e spirituali, materia di problematiche irrisolte, nonché di dubbi esistenziali di non poco conto.

Sciàveri di tregua” è quindi nato con l’ambizione di rappresentare un convinto, coerente e sentito invito a una sosta ferace dello spirito, intesa a lasciare a ciascuno la possibilità di riflettere intorno ai valori propri e intimi dell’esistenza , fatto non sempre concesso dalla realtà “accelerata” e nello stesso tempo “aumentata” dei nostri giorni.
Attraverso pensieri tradotti in sequenze armoniche di parole , qualche volta attraverso ritmi melodici ed onomatopeici in cui si mescolano elementi naturali primordiali e sottili rumori di sentimenti umani , ho cercato di incontrare opere di amici noti o sconosciuti e di invocare il loro aiuto, la loro complicità , per indugiare su qualche immagine di questa turbinosa avventura del vivere gli anni del terzo millennio, in una gara senza pause, senza respiro e “apparentemente” senza alcun segno di pietà per chi rimane relegato a una vana attesa sul ciglio spesso tristemente disadorno e inospitale della strada.
Da artigiano della parola ho scambiato impressioni con solerti artigiani del suono, dei colori e dell’immagine (pittori, scultori , musicisti e fotografi) per scoprire quegli stimoli creativi condivisi che facilitano una risposta corale a una serie di interrogativi comuni alle varie “discipline artistiche”, cioè comuni all’interpretazione della realtà”.

Qualche volta ci siamo insieme domandati dove si voglia arrivare attraverso questa amabile scorciatoia con cui si tende a volere a tutti i costi eliminare le tregue, accelerare la corsa, bruciare tutte le tappe, comprese quelle più solenni e rituali come gli archetipi più sacri e celebrati dalla tradizione della vita e della morte. Qualche altra ci siamo soffermati sui valori tradizionali della nostra esistenza con attenzione e scrupolosa smania di descrivere i colori della realtà com’è o come vorremmo che venisse percepita attraverso il filtro della nostra mediazione spirituale, artistica ed umana.

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