LA POESIA DI GIORGIO BONGIORNO: “Intreccio”

Incatenato alla prigione dell’esilio
Deportato nei meandri di desideri inespressi
Condotto a forza
Fino al carcere dell’anima
Mi trafigge
Il confino dei sentimenti
Quello stare distanti
Fra gente estranea al mio turbamento
Ostile al miraggio del mio deserto fiorito
Di preziose immagini di luce
Indifferente alle mie tenere emozioni
Quell’assiduo dipingere
I limpidi colori della mia terra
I sapori indimenticati della vendemmia
I raggi di sole radente
Le ombre su quei muri scrostati
Pensare a quei giochi solitari
A quelle interminabili corse
Ai primi trepidi battiti d’ala
Di quell’infanzia innocente e dorata
Alla gioia di trastulli remoti
Insinuanti
A quelle botteghe in fondo alla via
Al tabaccaio
Al ciclista
Al barbiere
A quelle fughe
A quelle ansie insistenti
Alla melodia di quei lucidi acciottolati
Ai nostri salti da una casella all’altra
Dei disegni di gesso sui marciapiedi
A quei solenni momenti della scuola
All’appello
A quei banchi logori
Alla lavagna vuota
Ai primi vagiti di sillabe monche
Recitate nel coro distratto della classe
A quegli ingenui
Complici sguardi
A quelle irragionevoli attese
A quelle speranze
A quelle delusioni
A quei sogni
Mi tormenta ancora quel distacco
Nella nebbia sfumata e gelida di un giorno d’autunno
Su un treno grigio
Sferragliante
Quel lungo
Spensierato
Insolito abbraccio
Quel silenzio greve
E quel fischio che parve trapassarmi il cuore

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