MARCELLO VENEZIANI: “Longevi, benestanti ma scontenti”

A cura di Gian Paolo Polesini per il Messaggero veneto

Come mai ha pensato di studiare la scontentezza? 

Perché ritengo che sia il sentimento prevalente nella nostra epoca; e perché non ci sono saggi sulla scontentezza, mentre abbondano trattati sulla felicità, l’infelicità, la malinconia. Due ragioni per scrivere un libro sul tema.

Lei, Veneziani, è scontento di qualcosa?

Ho un’indole portata a non accontentarmi di quel che passa il convento, ho spirito critico e non mi piace il tempo in cui vivo. Poi le ragioni personali della scontentezza sono del tutto irrilevanti.

Cosa ha reso l’umanità infelice rispetto al passato?

La prima ragione è l’abisso tra la realtà e le aspettative. Abbiamo troppe pretese e identifichiamo i diritti con i desideri. I desideri infiniti e il rifiuto della propria realtà, natura, identità sono alla base della diffusa scontentezza. 

Ricette per ribaltare la società del malcontento? 

Le analisi non sono ricette, sarebbe pure velleitario proporle. Ma studiando le forme dello scontento, distinguo tra quell’odio persistente verso se stessi e verso il mondo, che è il tarlo della scontentezza, e quell’energia che genera la ricerca e la voglia di realizzare, e che nasce dalla capacità di trasformare la scontentezza in spinta operosa e creativa.

Cosa intende per nuovo potere? Ovvero, chi sono quelli che ci impongono le regole?

Lo intendo nel senso in cui ne parlava già Pasolini ma nel tempo in cui i veri poteri sono globali e sovranazionali. Il potere ci vuole scontenti perché chi è insoddisfatto consuma e dipende da chi veicola i desideri.

Nel suo libro si parla molto di “malesseri” di varia natura, ovviamente. C’è una speranza per un benessere qualunque?

Rovescio la domanda facendo un’osservazione: viviamo nella società di massima longevità e massimo benessere eppure siamo la società degli scontenti. Evidentemente i dato economici, biologici, sociali non soddisfano le condizioni psicologiche, morali e spirituali. È da quel vuoto d’essere che non possiamo colmare col benessere che bisogna ripartire.

Non è che siamo scontenti solo noi italiani, vero?

 Le radici storiche e culturali dello scontento sono nell’insoddisfazione infinita di Faust, che serpeggia nel mondo occidentale. Poi, c’è il popolo italiano arciscontento, per indole e ragioni storiche; ma che dispone anche di valvole di sfogo: una di queste è l’ironia, cogliere il lato comico della vita.

Ai sottoposti Villaggio /Fantozzi non offre la rivoluzione bensì l’auto derisione.  Lei ricorda un altro attore icona, Gian Maria Volonté, che diede un volto all’ideologo del malcontento.

Si, parlo di entrambi nel mio libro. Fantozzi sublima nell’autoderisione la condizione scontenta dei sottoposti; Volontè fu la faccia dello scontento nel cinema italiano impegnato degli anni 70.

E vissero sempre infelici e scontenti, scriveva Flaiano. Può adattarsi come finale per la nostra fiaba contemporanea?

Non credo nel lieto fine ma nemmeno nel finale catastrofico. Per restare nell’ironia citerei Longanesi: e vissero infelici perché costava meno…

L’ironia salverà il mondo. Può aiutare?

No, l’ironia non salva il mondo, ma può essere una “divertente” strategia di sopravvivenza a livello personale

3 commenti su “MARCELLO VENEZIANI: “Longevi, benestanti ma scontenti”

  1. Dieci mesi fa usciva nelle librerie l’ultimo lavoro di Marcello Veneziani “Scontenti- perché non ci piace il mondo in cui viviamo “
    Nel libro Veneziani sviscera la scontentezza : una patologia universale che non è tipica dell’Era moderna . Infatti per spiegarla cita filosofi , scrittori , pensatori, registi e tutto lo scibile umano : Socrate, Marx, Hengel, Zygmunt Baurman, Freud..
    Cita Voltaire parlando di lavoro come causa di scontentezza e pure il suo rimedio. L’alienazione dilaga nel mondo del lavoro: giovani insoddisfatti si sentono sfruttati , stressati . Fuggono all’estero in cerca di nuove opportunità e realizzazione.
    Curiosa ma veritiera e pure molto applicabile ai nostri tempi, l’idea di Luigi XIV <>
    Veneziani “scopre”, ma subito dopo precisa che la Scienza conferma la felicità , contrario alla scontentezza, ha una connotazione etnica, climatica e geografica.
    La gente che vive nelle regioni più calde, all’aperto , alla luce del sole , è più felice di quelli che vivono in posti più freddi e con poca luce ( i carcerati non sono da portare ad esempio)
    Riduco ai minimi termini il pensiero di Shopenhauer : se volete essere contenti diminuite le pretese.
    Interessante quando dice: l’ateo non ha nemmeno un Dio da implorare o da incolpare per la sua infelicità. L’Ivan Karamazov di Dostoevskij, invece , accetta Dio ma non il Mondo che Dio ha creato.
    Freud : nel Disagio della civiltà <>
    La scontentezza porta il malcontento e seguendo il filo logico dello scrittore si passa all’hater, il mostro detto pure troll o leone da tastiera che seppur aggressivo, viene trattato come un potenziale criminale.
    Lo scontento popolare sul piano politico da alcuni anni si esprime col voto d’opposizione populista e radicale e con l’astensione.
    Le domande che pone il giornalista allo scrittore sono tante e varie. Alcune forse un po’ provocatorie. A tutte le domande Veneziani trova una risposta esauriente, esaustiva e qualche volta a suo turno , provocatoria.
    Ho trovato interessantissimo il suo libro per i tanti richiami di opere letterarie, filosofiche , storiche, filmiche, teatrali etc scritti in epoche lontane e lontanissime, perché Veneziani riesce a collocare vari concetti che ruotano intorno alla scontentezza in pochi capitoli ed ogni parte del libro richiama e spiega perché, come e chi sono coloro più colpiti dal male della scontentezza.
    Allo stesso tempo il lettore capisce la provenienza e la profondità di questo male, di quanto può guastare la Società, e allo stesso tempo e in qualche modo riesce anche a trovare la giusta medicina per guarire.
    Consiglio chi non lo ha ancora letto di acquistarlo.
    Francesco Violini.
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