MARCELLO VENEZIANI: “L’inganno dell’amore libero”

La festa di san Valentino è un’occasione banale e venale per compiere una riflessione verace e non superficiale sull’amore. L’industria, il commercio e i media si sono impossessati da tempo di san Valentino con una sdolcinata campagna di propaganda e consumo. Il rischio di finire nel calderone delle banalità è assai alto, ma non è nuovo: la generazione che ci precede vedeva i pensieri d’amore finire nei baci perugina, quella precedente nei feuilleton e nei manuali per scrivere lettere d’amore. Si tratta di salvare l’amore da quello sciampismo sentimentale e pseudo-intellettuale che a volte se ne impossessa costruendovi un conformismo di genere e innescando un sistema automatico di risposte preconfezionate. 
Il tema obbligato su cui di solito s’incentra la questione è l’amore libero. 
Scrivendo qualche anno fa d’amore Vito Mancuso (Io amo, Garzanti) affermava da un verso che l’amore è l’unione di due libertà, ma dall’altro ammetteva che nell’innamoramento “tutto avviene a prescindere dalla nostra libertà”, anzi “la libertà si ritrova a non poter fare a meno di servire”. Ma allora che libertà è? Bisogna avere il coraggio e la coerenza di dire che amore e libertà non coincidono affatto, perché l’amore è legame, destino, dipendenza, natura, coappartenenza. Tutto meno che libertà. E ci sono amori, come quelli famigliari, in cui la libertà non c’entra, giacché l’amore scaturisce da legami e pulsioni elementari che precedono la sfera delle scelte e attengono alla natura e all’identità. I nostri figli, i nostri fratelli, i nostri genitori non ce li siamo scelti, eppure li amiamo senza riserve. 
Ma in generale l’amore è una cessione di sovranità, abdicazione di autonomia e ripudio dell’indipendenza assoluta in quanto è relazione. L’amore vero può comportare anche rinuncia, dedizione e sacrificio, altrimenti amore non è. Si può e si deve sperare che questi sentimenti siano reciproci e frutto di slancio e non di richiesta altrui; ma l’amore non può dirsi libero per scaricarsi di doveri, compiti e responsabilità. Un conto è riconoscere che non c’è amore senza reciprocità, perché amare è combaciare; un altro è tradurre la gratuità dell’amore nella sua libertà assoluta e mutante di volere e di non volere. Amare è incarnarsi nell’altro.
Umberto Galimberti ne Le cose dell’amore (Feltrinelli) ritiene l’amore il frutto di una scelta individuale e “il radicale sovvertimento della stabilità, dell’ordine, dell’identità”. Nell’amore, aggiunge, “la natura non è più referente”, la donna “è sciolta dal vincolo della natura”. E cita a sostegno della sua tesi la libertà assoluta dell’amore secondo de Sade: “Desidero sposarmi due volte nello stesso giorno: alle dieci di mattino mi vestirò da donna e sposerò un uomo; a mezzogiorno mi vestirò da uomo e sposerò un omosessuale travestito da donna” e via seguitando. L’unica regola di condotta, cita ancora Galimberti, è “preferire tutto ciò che mi rende felice” arrivando a ritenere che “il più grande dolore altrui conta sempre meno del mio piacere” (M.Blanchot). L’amore libero è desiderio assoluto che si affranca della natura; il suo scopo supremo è il piacere individuale. Ora a prescindere da ogni altra considerazione morale, spirituale o interpersonale, i desideri devono fare i conti con i propri limiti – estetici, fisici, caratteriali, sociali, anagrafici. Se la realtà evidenzia i miei limiti e rende impossibile esaudire i miei desideri, che succede? La frustrazione, la depressione o la pretesa di realizzare a qualunque costo i propri desideri, anche se non sono corrisposti dalla realtà e dall’altro. Da qui nasce la schiavitù, la miseria e la sopraffazione nell’amore. Cioè il contrario della libertà e del desiderio. La natura ci ricorda ciò che siamo e i nostri limiti.
“Non capirò mai cosa sia “la libertà di scelta” – diceva Andrej Sinjavskij – forse che noi scegliamo chi dobbiamo amare, l’oggetto della nostra fede, il genere di malattia che ci affligge? L’amore è una ragione assoluta, dispotica, che agisce dal di dentro e imprigiona. Che libertà possiamo vagheggiare – seguitava il dissidente russo – quando siamo inghiottiti, quando non ricordiamo, non vediamo nulla, tranne l’Oggetto che ci ha scelto e, dopo averci scelto, ci tormenta o ci ricompensa?(…) La libertà è sempre negativa e presuppone un’assenza, proseguiva Sinjavskij, un vuoto che anela di essere riempito al più presto. “La libertà è fame, nostalgia di dominio e se oggi se ne chiacchiera tanto è perché ci troviamo in un periodo d’interregno. Verrà un sovrano dotato di poteri assoluti e porrà fine a tutto questo parlamentarismo spirituale chiamato ‘libertà di scelta’”. Parola di Andrej Sinjavskij, che forse liberale non era ma uomo libero fu senz’altro, avendo rischiato per la libertà. Per lui non c’è solo incompatibilità tra amore e libertà ma c’è la forte tendenza della libertà a cercare vincoli e dominatori e dunque a rovesciarsi in corso d’opera in nuove forme di tirannia e schiavitù.
L’amore libero fu una delle utopie hippie e sessantottine: il sesso può essere libero nel senso della pluralità dei rapporti e delle esperienze, e così l’innamoramento; ma l’amore no. Quando è grande è necessario, fonda una persona e un legame che rende fruttuoso; e non si riferisce solo alla relazione tra due persone. 
Se l’amore è uno sporgersi, un donarsi, non può avere solo la libertà e i desideri come suo orizzonte. Qui nasce il cortocircuito dell’amore, e questo spiega da un verso il ripiegamento narcisistico nella società che proclama l’amore libero e dall’altro verso l’odio contro la realtà, il risentimento verso il mondo, che ci impedisce di avere quel che desideriamo. 
Accade così che quell’amore libero, senza inibizioni o tabù, amore plurale e mutevole, si capovolga oggi in quel muro di diffidenza tra l’uomo e la donna, innalzato dal narcisismo patologico, dal femminismo radicale e dagli abusi compiuti in amore. Nasce una società sempre meno erotica, meno carnale, quasi asessuata, dove non c’è ombra di sintesi tra anima e corpo. Oggi amore libero indica soprattutto l’amore omosessuale. L’Amore è un rischio, un esporsi fuori di sé stessi, oltrepassare l’io e vedere nell’amata, nella madre, nella fidanzata, nella sposa, nella figlia (o viceversa per le figure maschili) le tappe di un cammino d’amore che si allarga poi alla vita, al mondo, alla natura, al destino, alla verità e a Dio. L’amore vero è amore dell’essere, della realtà, accettazione dei suoi limiti e del nostro destino. Non amore libero ma amore necessario, che genera frutti e non si limita a esaudire desideri, solitamente volubili. 

La Verità – 14 febbraio 2024

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