C’è una teoria che afferma che, se qualcuno scopre esattamente qual è lo scopo dell’universo e perché è qui, esso scomparirà istantaneamente e sarà sostituito da qualcosa di ancora più bizzarro ed inesplicabile. C’è un’altra teoria che dimostra che ciò è già avvenuto.
(Douglas Adams)

Non ci sarà porto sicuro
Agostina mia dolce
Siamo nel pieno del grande reset
Pronti a diventar migliori schiavi
Più coscienti
Più obbedienti
Più ligi alle leggi del pensiero unico
Il porto sicuro
È saper rendere più salda la nostra prigione
Più consumi
Più crescita
È poter aumentare la codarda inerzia del gregge
Meno libertà
Meno coscienza civile
Porto sicuro è calmare le acque della rada
Aumentare la paura
Alimentare i turbamenti
Eliminare le condivisioni umane
Inutile calare l’ancora
Nella speranza che le onde della battigia
Riescano solo a lambire le nostre membra
Dolcemente
E che il livore e la minaccia della tempesta
Annientino solo chi osa disobbedire
Alle leggi di questa folle ripartenza
Lassù dove solo le aquile possono volare
Verso la vetta del libero pensiero
E l’umana vergogna del tradimento e della resa
Non ti potrò più chiamare per nome
Sarai l’espressione di un numero
La tua storia sarà scritta in una fredda sequenza
Di una serie di barre
O di qualche quadrato illeggibile
Sorta di codice segreto
La cui fruizione
Nel porto sicuro
Sarà concessa a poche entità
Autorizzate dal perfido regime nascosto
Nel fetido letame
Di un gregge senza nemmeno il fremito dell’identità

Accadde in un teatro, che le quinte presero fuoco. Il Buffone usci per avvisare il pubblico. Credettero che fosse uno scherzo e applaudirono; egli ripeté l’avviso: la gente esultò ancora di più. Così mi figuro, che il mondo perirà fra l’esultanza generale degli spiritosi, che crederanno si tratti di uno scherzo.
(Søren Kierkegaard)

Questa rubrica “Sciaveri di tregua” desidera istituzionalizzare la registrazione costante dei pochi ma intensi momenti di riflessione che mi vengono suggeriti in tempo reale in parte dall’osservazione e dalla traduzione poetica di immagini particolari con cui la realtà si manifesta e in parte dalla immancabile dose di esperienza specifica che l’età matura può aggiungere a questa attenta osservazione.

È abbastanza incredibile quanto sia in questo contesto assai prezioso, soprattutto dal punto di vista spirituale, l’affinamento che a questa osservazione si affianca nell’intento di popolare di piccole ma vitali suggestioni le esigue pause spirituali che, con forzata parsimonia, la realtà odierna nella sua corsa ci riserva.

Ho riscoperto il prezioso quanto dimenticato lemma “sciàveri ” per dare un nome a questi momenti, a queste osservazioni e a questi intensi ritagli di esistenza , definendo il termine “tregua” , dal sapore combattivo e guerresco, proprio per stigmatizzare la sconcertante sofferenza del corpo e dello spirito in questa quotidiana “tenzone” che tutti dobbiamo affrontare nel contesto della convivenza sociale e nel caos di questa corsa ad ostacoli , densa di episodi di “fatica” in un mondo in cui la realtà presenta fenomeni di effettive sfide temporali e fisiche oltre a un continuo sopravvenire di istanze etiche e spirituali, materia di problematiche irrisolte, nonché di dubbi esistenziali di non poco conto.

Sciàveri di tregua” è quindi nato con l’ambizione di rappresentare un convinto, coerente e sentito invito a una sosta ferace dello spirito, intesa a lasciare a ciascuno la possibilità di riflettere intorno ai valori propri e intimi dell’esistenza , fatto non sempre concesso dalla realtà “accelerata” e nello stesso tempo “aumentata” dei nostri giorni.
Attraverso pensieri tradotti in sequenze armoniche di parole , qualche volta attraverso ritmi melodici ed onomatopeici in cui si mescolano elementi naturali primordiali e sottili rumori di sentimenti umani , ho cercato di incontrare opere di amici noti o sconosciuti e di invocare il loro aiuto, la loro complicità , per indugiare su qualche immagine di questa turbinosa avventura del vivere gli anni del terzo millennio, in una gara senza pause, senza respiro e “apparentemente” senza alcun segno di pietà per chi rimane relegato a una vana attesa sul ciglio spesso tristemente disadorno e inospitale della strada.
Da artigiano della parola ho scambiato impressioni con solerti artigiani del suono, dei colori e dell’immagine (pittori, scultori , musicisti e fotografi) per scoprire quegli stimoli creativi condivisi che facilitano una risposta corale a una serie di interrogativi comuni alle varie “discipline artistiche”, cioè comuni all’interpretazione della realtà”.

Qualche volta ci siamo insieme domandati dove si voglia arrivare attraverso questa amabile scorciatoia con cui si tende a volere a tutti i costi eliminare le tregue, accelerare la corsa, bruciare tutte le tappe, comprese quelle più solenni e rituali come gli archetipi più sacri e celebrati dalla tradizione della vita e della morte. Qualche altra ci siamo soffermati sui valori tradizionali della nostra esistenza con attenzione e scrupolosa smania di descrivere i colori della realtà com’è o come vorremmo che venisse percepita attraverso il filtro della nostra mediazione spirituale, artistica ed umana.

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