Ó gente da minha terra
Agora é que eu percebi
Esta tristeza que trago
Foi de vós que recebi
( O gente da minha terra )

Gente della mia terra
Anima inquieta
Del grande fiume
Dei lunghi filari di pioppi delle golene
Inondate dall’ultima piena
Gente di quell’afa
Sovrana dell’estate
Gente delle levate dei renaioli
Gente dei guizzi delle lucertole al sole
Gente degli stagni immobili
Gente della campagna lucente
Gente delle messi rigogliose e solenni
Gente di quel fieno profumato e leggero
Gente dei solchi dell’aratura
Gente di quelle mattine nebbiose e chiare
Della vendemmia copiosa
Contadini
Con quei colori negli occhi
Con quella fatica di vivere scolpita sulla fronte
Con quegli accenti mesti
Ripetuti
Sofferti
Solerti donne dell’attesa
Gente del ritorno la sera
Stessi riti di sempre
Gente della festa del paese
Odori di cannella e mandorla
Gente delle processioni
Lente come sacre cantilene
Liturgie di lontani esili
Filastrocche della mia infanzia
Gente dei miei commiati
Gente delle mie lacrime
Gente della mia preghiera
Gente del mio destino
Della malinconia che mi avvince
Orgoglio del mio sangue agreste
Gente della mia speranza
Gente semplice
Gente rara
La mia

“Ó Gente da Minha Terra” é un fado di
Mariza con musica di Tiago Machado.
Il testo si basa su una poesia di Amália Rodrigues.
Foto di copertina: Carla Mancini “Il fiume Po”

Questa rubrica “Sciaveri di tregua” desidera istituzionalizzare la registrazione costante dei pochi ma intensi momenti di riflessione che mi vengono suggeriti in tempo reale in parte dall’osservazione e dalla traduzione poetica di immagini particolari con cui la realtà si manifesta e in parte dalla immancabile dose di esperienza specifica che l’età matura può aggiungere a questa attenta osservazione.

È abbastanza incredibile quanto sia in questo contesto assai prezioso, soprattutto dal punto di vista spirituale, l’affinamento che a questa osservazione si affianca nell’intento di popolare di piccole ma vitali suggestioni le esigue pause spirituali che, con forzata parsimonia, la realtà odierna nella sua corsa ci riserva.

Ho riscoperto il prezioso quanto dimenticato lemma “sciàveri ” per dare un nome a questi momenti, a queste osservazioni e a questi intensi ritagli di esistenza , definendo il termine “tregua” , dal sapore combattivo e guerresco, proprio per stigmatizzare la sconcertante sofferenza del corpo e dello spirito in questa quotidiana “tenzone” che tutti dobbiamo affrontare nel contesto della convivenza sociale e nel caos di questa corsa ad ostacoli , densa di episodi di “fatica” in un mondo in cui la realtà presenta fenomeni di effettive sfide temporali e fisiche oltre a un continuo sopravvenire di istanze etiche e spirituali, materia di problematiche irrisolte, nonché di dubbi esistenziali di non poco conto.

Sciàveri di tregua” è quindi nato con l’ambizione di rappresentare un convinto, coerente e sentito invito a una sosta ferace dello spirito, intesa a lasciare a ciascuno la possibilità di riflettere intorno ai valori propri e intimi dell’esistenza , fatto non sempre concesso dalla realtà “accelerata” e nello stesso tempo “aumentata” dei nostri giorni.
Attraverso pensieri tradotti in sequenze armoniche di parole , qualche volta attraverso ritmi melodici ed onomatopeici in cui si mescolano elementi naturali primordiali e sottili rumori di sentimenti umani , ho cercato di incontrare opere di amici noti o sconosciuti e di invocare il loro aiuto, la loro complicità , per indugiare su qualche immagine di questa turbinosa avventura del vivere gli anni del terzo millennio, in una gara senza pause, senza respiro e “apparentemente” senza alcun segno di pietà per chi rimane relegato a una vana attesa sul ciglio spesso tristemente disadorno e inospitale della strada.
Da artigiano della parola ho scambiato impressioni con solerti artigiani del suono, dei colori e dell’immagine (pittori, scultori , musicisti e fotografi) per scoprire quegli stimoli creativi condivisi che facilitano una risposta corale a una serie di interrogativi comuni alle varie “discipline artistiche”, cioè comuni all’interpretazione della realtà”.

Qualche volta ci siamo insieme domandati dove si voglia arrivare attraverso questa amabile scorciatoia con cui si tende a volere a tutti i costi eliminare le tregue, accelerare la corsa, bruciare tutte le tappe, comprese quelle più solenni e rituali come gli archetipi più sacri e celebrati dalla tradizione della vita e della morte. Qualche altra ci siamo soffermati sui valori tradizionali della nostra esistenza con attenzione e scrupolosa smania di descrivere i colori della realtà com’è o come vorremmo che venisse percepita attraverso il filtro della nostra mediazione spirituale, artistica ed umana.

1 commento su “Gente

  1. Splendido inno alla nostra gente, a cui apparteniamo e che ci appartiene. Che sostanzia il nostro essere ed il divenire, nei ricordi del passato con gioia e pianto, del lavoro faticoso e dei momenti gioiosi, la nostra gente la nostra terra, la vita, sangue del nostro sangue, per sempre.
    Grande.

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