È necessario partire dal principio “si vis pacem para bellum” Per parlare di difesa in modo oggettivo e senza implicazioni ideologiche di nessun genere.
Si perché come la saggia locuzione latina ammonisce, se vuoi la pace devi necessariamente prepararti ad un’ipotetica aggressione e quindi ad un eventuale guerra per non essere colto impreparato qualora quest’ipotesi si dovesse concretizzare. (Lo sosteneva già Platone “igitur qui desiderat pacem, praeparet bellum”, ” Dunque, chi aspira alla pace, si prepari alla guerra” 400 a. C.).
Non solo, la storia ci insegna che le condizioni necessarie per avere voce in capitolo nell’ambito della politica estera sono le seguenti: avere una moneta forte e una difesa preparata, efficace e pronta.
Ora sappiamo tutti la disastrosa condizione economica in cui si trova l’Italia, soprattutto dopo che ha accettato di adottare il marco, pardon l’euro come moneta. (“Con l’euro lavoreremo un giorno in meno guadagnando di più ” Romano Prodi 1999).
Pochi però sembrano essere interessati alla condizione in cui versa la nostra difesa.
Partiamo da alcune importanti premesse riguardanti il nostro bel paese:
• L’Italia ha una posizione strategica rilevante trovandosi al centro del Mediterraneo con a sud il Nordafrica e ad est i Balcani (e questo giustifica il n° di basi americane presenti nel nostro territorio, anche se diminuite rispetto al periodo della guerra fredda),
• L’Italia fa anche parte di organizzazioni internazionali come l’ONU e la NATO, dove è spesso richiesto l’intervento armato,
• L’Italia, infine, ha preso parte a numerosi conflitti nel corso della sua storia, alle due guerre mondiali e come ultimi i conflitti nei Balcani, in Iraq e i 20 anni di guerra in Afghanistan.
Per l’Italia, ancor più che per altri paesi, diventa quindi imperativo investire nelle forze armate, ma invece la situazione odierna è tutt’altro che confortante.
Per fare parte della NATO un paese dovrebbe spendere nella difesa almeno il 2% del PIL, l’Italia, complici politiche che hanno sempre ritenuto la difesa cosa di poco conto un optional, investe appena l’ 1,54% (cifra leggermente aumentata rispetto agli anni precedenti).
Il risultato di queste politiche si concretizza in strutture militari vecchie e fatiscenti, in un insufficiente numero di mezzi che devono essere spesso cannibalizzati per crearne altri che non siano difettosi, in un limitato addestramento per la truppa, nella diminuzione di ore di volo per i piloti, in equipaggiamento obsoleto e inefficace, in armamento ridotto e quindi nel giustificato malumore del personale che si trova ad essere impiegato con incarichi di protezione civile e non militari. A questo si possono aggiungere gli obiettivi politici poco chiari delle missioni internazionali di pace e la prolungata insensatezza di operazioni come “strade sicure”.
Abbiamo un esercito che non arriva neanche alle 100.000 unità e che tradotto in termini tattici non riuscirebbe a far fronte ad un’ipotetica invasione. Le forze armate si sono ridotte in definitiva in un mero ammortizzatore sociale che offre posti di lavoro a personale più o meno motivato (e qua sarebbe necessario aprire una parentesi sulle modalità di selezione e reclutamento spesso discutibili).
In uno scenario come quello a cui stiamo assistendo, con un’America forte che apre continui conflitti in nome della democrazia, con i continui focolai che stanno piano piano accendendosi in giro per il mondo, con la guerra concretizzatasi alle porte dell’Europa e con una Cina che, a seguito del piano strategico intrapreso, punta a spodestare entro il 2035 l’America come potenza militare, credo sia doveroso rimettere in discussione al più presto tutta la nostra visione politica riguardante la difesa per non limitarci a riformine dove si discute il modo in cui chiamare i gradi o la possibilità di utilizzare o meno l’ombrello in servizio, ma intraprendere nuove e sostanziali riforme e importanti investimenti che si prefiggano come scopo primario la difesa dei confini nazionali.
Con queste parole non vogliamo lamentarci di una situazione che non va, ma anzi forti del principio che ci anima dobbiamo rimanere saldi nella nostra vocazione ad essere sempre propositivi, consapevoli che le cose possono e devono essere cambiate.
Dario Serraiotto
Mercoledì 31 agosto 2022