Formigine, 2 settembre 2022 – La vergogna che provo verso chi dovrebbe rappresentarci in queste elezioni è alla pari dell’altrettanta amarezza che sento verso i giovani diciottenni, inevitabilmente disorientati. Il loro primo voto avrebbe dovuto costituire un passo importante, quello che determina la fine dell’adolescenza e l’inizio dell’età adulta, l’età delle scelte e delle responsabilità. Se io avessi 18 anni oggi e vedessi gli “esempi” che girano a turno, dai social alle televisioni con pietose interviste sui quotidiani, ad altrettanti volantini distribuiti ovunque con proclama indecenti, mi troverei veramente in grande difficoltà. Non un piano, non un programma, non un’idea. Urla tantissime. Insulti e mancanza di rispetto sono all’ordine del giorno, e non solo verso gli avversari, ma soprattutto verso i cittadini che secondo questi “tutt’uno con la poltrona” dovrebbero avere il “dovere civico” di andare a votare.
Io credo che il primo dovere civico lo dovrebbe avere chi governa una Nazione. Se vogliono il rispetto del popolo devono imparare a rispettare quello stesso popolo mettendolo in condizione di poter scegliere senza i soliti ricatti. I partiti sono ridotti a macerie, i candidati impresentabili, i leader impegnati a chi la spara più grossa. Temo che da queste elezioni aldilà di chi andrà a votare non uscirà nulla di buono. È sbagliato il sistema. Hanno seminato pioggia, raccoglieranno tempesta, con le lacrime di tutti.
«Se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi». La frase è pronunciata da Tancredi, un personaggio del libro “Il Gattopardo” di Giuseppe Tomasi di Lampedusa. Tancredi è il nipote del principe di Salina. Questa è la risposta di un rivoluzionario assennato, che conosce il dolore della frattura con la classe dirigente in declino e non vuole tradirla. Il romanzo è ambientato nel momento del passaggio dal regime borbonico al Regno d’Italia. Dal libro, e da questa frase in particolare, deriva l’espressione “gattopardismo” per indicare l’atteggiamento di chi si adatta a una nuova situazione politica fingendo d’esserne promotore, per conservare potere e privilegi.