Questa è la testimonianza di un giovane di 25 anni che, insieme a milioni di italiani, ha subito il trauma della discriminazione, segregazione e repressione per la scelta di non farsi inoculare un farmaco di terapia genica sperimentale fraudolentemente spacciato per vaccino anti Covid-19
“Non è passato nemmeno un anno da quelle scene raccapriccianti di Trieste. C’erano uomini e donne che protestavano per un’unica cosa: lavorare! Una protesta pacifica fu repressa come se fosse stata un’armata nemica da annientare in battaglia. Gente indifesa fu colpita da idranti, calci e manganellate in volto senza scrupoli, donne e bambini compresi.
Io non c’ero, ma per me è come se fossi stato lì. Soffrivo, perché quella era la mia gente, io ero uno di loro. Dovevo essere lì, in prima fila, essere accanto ad ognuno di loro a dargli forza.
Siamo stati banditi dalla società, ci è stato tolto il lavoro, la dignità… ci hanno detto che eravamo gli untori, gli ignoranti, le merde! Siamo stati cacciati dai ristoranti, dai negozi, dagli uffici… non mi ricordo nemmeno più dove non potevamo andare. Le persone per strada ci evitavano, si mettevano la loro bellissima museruola quando ci vedevano… La cosa peggiore è stato quando gli amici e i parenti ci hanno detto che non ci potevamo più vedere.
Adesso a distanza di un anno vedo le cose in maniera più lucida, tutti noi abbiamo riflettuto, abbiamo avuto molto tempo di pensare durante il nostro confinamento. Ora sorrido perché se siamo sopravvissuti a tutta quella merda, ora possiamo combattere qualsiasi prossima sfida, con la consapevolezza però di chi ci possiamo fidare e di chi no, di chi è stato tuo amico e chi il tuo nemico. Noi non dimentichiamo, e non lo faremo mai!”
Caro Alessandro, condivido la tua lucida riflessione e, come te, questa esperienza mi è servita a capire di chi mi potrò fidare.
Mi resta l’amarezza perché nemmeno mio fratello, che è tra quelli che mi hanno tagliato fuori dalla loro vita, impedendomi persino di vedere mia mamma (perché la doveva proteggere da una non vaccinata ma guarita), si è scusato con me. Non posso nemmeno andare a trovare mia mamma ricoverata in rsa, e nessuno mi ha ancora spiegato per quale ragione ci sono continui focolai di infezione visto che possono entrare solo i benedetti dal siero.
Alla luce delle evidenze scientifiche ormai non possono nemmeno più invocare la buona fede per giustificare queste restrizioni. Non perdonerò questa prevaricazione. Mai.
Cari amici vi invito a leggere la testimonianza di un giovane di 25 anni che condivide i nostri valori e che ha avuto la lucidità e il coraggio di manifestare il proprio dissenso, in modo argomentato, pervenendo a una conclusione che sostanzia delle certezze. Mi auguro che sempre più giovani partecipino al nostro dibattito e possano seguire il nostro percorso di rinascita culturale, civile e politica. Grazie Alessandro D’Aquino.
Magdi Cristiano Allam