Il Messaggero, 18 settembre 2022 – Ministro Cingolani, alle spalle oltre 620 giorni di governo Draghi, ma gli ultimi giorni di mandato sembrano un po’ una corsa a 300 all’ora, tra la Francia che avverte che potrebbe non venderci la sua energia nucleare e i dubbi sulle forniture dall’Algeria. Ce la farà nel consiglio dei ministri dell’energia europei, il 30 settembre, a firmare l’ok al prezzo Ue del gas? È ottimista?
«Per la prima volta il 12 settembre scorso, i 27 Paesi hanno messo nero su bianco il mandato alla Commissione di elaborare una proposta sul price cap. C’è anche un gruppo di lavoro di cui l’Italia fa parte. Non è ottimismo. Mi sembra che gli eventi vadano nella direzione corretta».
Ma ci sono ancora perplessità e pochi giorni davanti.
«È evidente che ci siano dei dubbi. L’Olanda ha raddoppiato la sua borsa commerciale. E a quanto pare non paghiamo tutti lo stesso prezzo alla Russia. Ma è una misura di intelligenza economica e di solidarietà indispensabile ormai per molti Paesi».
Quale può essere il prezzo?
«Ricordo che la proposta italiana parla di un tetto temporaneo, di sei mesi. Vogliamo un mercato libero, ma non folle. Anche perché finché non disaccoppiamo i prezzi delle rinnovabili da quelli del gas, anche questi sono stellari. L’importante è che sia un valore ragionevole».
Qual è un prezzo ragionevole?
«Con il gas a questi livelli si era parlato di costi intorno ai 150 euro per megawattora. È ora che l’Europa faccia da market price, visto che i tre quarti del gas che entrano in un tubo nel pianeta vanno in Europa».
E se non ce la fate? Meloni ha detto che se non si fa subito un tetto europeo si dovrà farne uno italiano.
«Dobbiamo sperare in una misura europea. Stiamo facendo tutti gli sforzi perché arrivi il 30 settembre. E se non ci metteremo una firma noi, speriamo che ci sia un piano chiaro che firmerà qualcun altro. Se però non andrà così – e francamente sarei molto meravigliato – bisognerà trovare per forza contromisure per tagliare il prezzo del gas a livello nazionale».
Un tetto italiano?
«Non proprio, perché diventeremmo un mercato non conveniente, ma dovremmo acquistare il gas e rivenderlo a prezzi inferiori. A quel punto, però, vanno compensati gli operatori per la differenza. Il problema è il costo per le casse pubbliche».
Un tetto stile Francia, o Spagna e Portogallo?
«La differenza rispetto a Spagna e Portogallo è che noi siamo interconnessi. Se vendiamo il gas a prezzo basso, lo vendiamo a chiunque, non solo agli italiani. Sarebbe un paradosso».
Un anno fa lanciò lei per primo l’allarme. Ministro quanto aumenteranno le bollette il prossimo trimestre?
«Temo rimarranno alte per molto tempo senza il tetto europeo o il disaccoppiamento dell’energia rinnovabile dal metano».
Confindustria ha lanciato l’ennesimo allarme sui costi insopportabili per le imprese. Secondo il Centro Studi potrebbero poi mancare 6 miliardi di metri cubi di gas il prossimo inverno, senza il metano russo, tanto da costringere l’industria a pesanti razionamenti. È così?
«Se rispettiamo la tabella di marcia di diversificazione delle fonti di approvvigionamento messo a punto non dovrebbe essere necessario. Siamo in guerra e c’è un piano dinamico».
E se Piombino non sarà operativo a inizio anno?
«Se non mettiamo il rigassificatore a Piombino, rischiamo di avere il Gnl disponibile senza poterlo usare e di andare in deficit di gas. A quel punto, altro che razionamenti».
Quindi senza Piombino rischiamo grosso.
«È importante anche per gli stoccaggi dell’inverno successivo. Ma sono fiducioso che i territori comprendano che è in gioco la sicurezza energetica nazionale».
A che punto è il piano di tagli di emergenza con le imprese?
«Entro il 15 ottobre invieremo il dossier completo a Bruxelles».
«Il peso dell’elettricità francese è ridotto al 5% e avevamo già messo in conto una riduzione per via della manutenzione delle centrali nucleari».
Siamo sicuri che il gas dall’Algeria non mancherà?
«Eni ha escluso difficoltà nella disponibilità presente e futura dei volumi di gas addizionali concordati».
Oltre alla spinta sulle rinnovabili è ora di aumentare ancora la produzione di gas nazionale?
«Sì a patto che si riducano le importazioni. Si può fare con deroghe mirate al Pitesai, il Piano per la transizione energetica delle aree idonee, nelle aree limitrofe a impianti già esistenti, in Sicilia e sull’Adriatico. Con piccole deroghe si possono recuperare altri 4-5 miliardi di metri cubi».
Ministro c’è ancora molto da fare. Non è disponibile neanche in un governo di unità nazionale.
«È stato un onore servire il Paese, ma penso che il tempo dei tecnici sia finito».
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Scusate la parolaccia ma mi fa inc…are da morire la frase “ …siamo in guerra e c’è un piano dinamico”. Se siamo in guerra è colpa di Draghi e del suo Governo nonché di un Parlamento di succubi del potere. Ci stiamo facendo del male da soli e nessuno reagisce.