Il caro bollette colpisce pure le parrocchie: campanili spenti e riscaldamento ridotto nelle chiese. I parroci invocano l’aiuto dello Stato. Del caso si occuperà la Conferenza episcopale italiana

lfattoquotidiano.it, 19 settembre 2022 – Allarme nelle parrocchie italiane per il caro bollette. «Il problema esiste ed è grave. Ne parleremo sia in sede di Presidenza che nel Consiglio permanente della Conferenza episcopale italiana», ha spiegato a ilfattoquotidiano.it monsignor Giuseppe Baturi, Segretario generale della Cei e arcivescovo di Cagliari. «Il problema – ha aggiunto il presule – è condiviso con le famiglie, le imprese e le tante realtà del terzo settore».
Alla vigilia della riunione dei vertici della Chiesa italiana, in programma dal 20 al 22 settembre 2022 a Matera dove domenica 25 Papa Francesco chiuderà il 27esimo congresso eucaristico nazionale, diversi parroci della Penisola hanno lanciato l’allarme.
Don Andrea Rosati, parroco di San Vincenzo Ferreri in Atessa, nell’arcidiocesi di Chieti-Vasto, ha pubblicato su internet la bolletta salata della luce che gli è arrivata per il bimestre luglio-agosto: 1.043 euro. «Purtroppo questo è solo l’inizio», commenta il sacerdote. A San Vero Milis, nell’arcidiocesi di Oristano, verrà spento il campanile di Santa Sofia, mentre a Claut, nella diocesi di Concordia-Pordenone, il parroco ha richiamato la comunità a dare una mano citando l’articolo 315 del Codice civile (“Diritti e doveri del figlio”).
Ilfattoquotidiano.it ha raccolto le voci di alcuni parroci italiani da Nord a Sud.
«A febbraio – ha spiegato don Adriano Castagna, parroco di Sant’Andrea, nell’arcidiocesi di Milano – le bollette sono passate da 2mila a 6mila euro in un mese. Con il Consiglio per gli Affari economici parrocchiale stiamo pensando cosa fare. Probabilmente dovremo eliminare il riscaldamento in chiesa. È una delle ipotesi allo studio».
Gli ha fatto eco don Giacomo Pavanello, parroco di San Giuseppe Cottolengo e amministratore parrocchiale di Sant’Ambrogio, nella diocesi di Roma: «La situazione attualmente è grave. Se nei prossimi mesi si manterranno le stesse tariffe applicate in questo momento, la situazione diventerà tragica. Considerando poi che gran parte dei volontari delle parrocchie italiane sono pensionati, in alcuni casi decisamente anziani, è impensabile poter continuare tutte le attività da essi sostenute tenendo il riscaldamento spento. Facendo un po’ di calcoli, se si mantengono le tariffe attuali, durante l’inverno tra riscaldamento ed elettricità arriverei a spendere circa 8mila euro al mese. Dico arriverei perché nei mesi scorsi ho dato fondo ai risparmi di due anni presenti nella cassa parrocchiale per progettare e realizzare, proprio in questi giorni, un impianto fotovoltaico a sostegno, spero quasi totale, dei consumi parrocchiali. È stato totalmente a carico delle casse parrocchiali perché lo Stato alle parrocchie non riserva in questo caso nessun sostegno di tipo economico».
«La mia preoccupazione di Pastore – ha proseguito Pavanello – è relativa anche a tutte le famiglie che non riusciranno a far fronte alle spese. Già diverse sono le famiglie che le parrocchie italiane sostengono nel pagamento delle bollette. Ora, dovendo necessariamente convertire le nostre abitudini di consumo e, come nel mio caso, scegliere di allestire impianti che possano far fronte all’emergenza in modo stabile e duraturo, la conseguenza di tutto ciò è una riduzione delle risorse a disposizione delle famiglie più bisognose. Se lo Stato riconoscesse fino in fondo il valore sociale dell’azione quotidiana delle migliaia di parrocchie in Italia, forse capirebbe perché sostenere anche economicamente le nostre realtà sparse sul territorio è un sostenere le famiglie più fragili e bisognose. Spero che il nuovo governo, qualunque esso sia, apra gli occhi davanti a una realtà palese, senza alcuna ideologia di parte».

Di parere diverso don Antonio Raimondo Fois, parroco di Santa Maria delle Grazie al Trionfale, sempre nella diocesi di Roma, secondo cui «il problema non è se spegnere o accendere la luce. Mi pare che si stia riproponendo lo stesso problema della pandemia quando per fretta alcuni decisero di chiudere le chiese perché c’era l’emergenza sanitaria. La Chiesa deve mantenere i suoi servizi come sempre, nel rispetto di quelle che saranno le richieste sicuramente di un risparmio energetico, ma non è spegnendo i campanili o togliendo le messe che si risolve il problema. La situazione che stiamo vivendo ci induce a un risparmio energetico, a un’attenzione maggiore che è uno degli obiettivi indicati dal Papa con la sua enciclica “Laudato si’ ”, ma non mi sembra che siamo nelle condizioni di togliere dei servizi. Vanno adattati alla situazione, ma non vanno eliminati a maggior ragione in questo momento. Sicuramente ci saranno delle famiglie in difficoltà e a quel punto andranno attivate delle mense, ma non andrà tolto il servizio nei confronti di chi comunque sarà nella necessità più di quanto non lo sia in questo momento».
Fois ha ricordato come «il servizio genera generosità da parte della gente. Durante la pandemia questo è stato chiaro. Nel momento in cui abbiamo garantito dei servizi, la gente ce l’ha riconosciuto e ci ha aiutato ad aiutare chi stava in maggiore difficoltà, ma non dobbiamo lasciarci spaventare. Non è la prima crisi anche energetica che viviamo. Negli anni Settanta è successa una cosa analoga e non c’è stata una diminuzione di servizi o di attenzione nei confronti delle comunità. Le nostre parrocchie sono delle case comuni e i nostri problemi sono i problemi della gente che noi serviamo. I fedeli sanno che in difficoltà sono sia loro che noi e dove possono aiutarci per aiutare chi sta peggio, lo faranno. Questa situazione non ci deve portare a ridurre, ma a potenziare. Senza dimenticare che la Chiesa italiana è fortunata perché ha sempre goduto di un aiuto da parte dello Stato e quindi è tempo di ridare quello che ci è stato dato e di farlo con coscienza senza tirarci indietro».

Di un coinvolgimento dei vescovi per aiutare le parrocchie in difficoltà ne ha parlato, invece, don Marco Beltratti, parroco di Nostra Signora del Sacro Cuore, nell’arcidiocesi di Napoli. «In merito al caro energia che stiamo vivendo in questi mesi dovuto a tanti fattori – ha spiegato il sacerdote – naturalmente anche noi parroci con le nostre comunità ci poniamo delle domande e viviamo le preoccupazioni di tutte le famiglie italiane. Anche il parroco, da buon padre di famiglia, tra virgolette, cerca delle soluzioni concrete. Mi sembra giusto condividere con i propri parrocchiani la preoccupazione per l’energia elettrica e prossimamente anche per i riscaldamenti per chi li ha a gas. Al momento non ho fatto alcun appello, però ne ho parlato personalmente con i fedeli. C’è da considerare anche che nelle varie diocesi e nelle varie parrocchie ci sono delle differenze, ovvero alcune possono fronteggiare le spese un po’ più agevolmente rispetto ad altre. Credo, inoltre, che sia giusto condividere questa preoccupazione non solo con i fedeli, ma anche con i vescovi che governano le nostre diocesi, visto che stiamo vivendo il Sinodo che significa proprio partecipare, stare in comunione».
«Anche noi – ha concluso don Alfio Bruno, parroco di Sant’Antonio Abate in Pedara, nell’arcidiocesi di Catania – facciamo fatica a pagare le bollette, anche se conteniamo i consumi. Dobbiamo prendere i soldi da altre entrate che dovrebbero servire per molte altre esigenze della parrocchia».

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