Perdonami Sancio
quel giorno
ti ordinai di diventare pazzo
come me
di aiutarmi ad indossare l ‘ armatura
benedetta dalla dama del castello
e di difendere
i miei sospiri d’amore
fra le rupi della Sierra
io
non fui mai il cavaliere errante
e tu
non fosti lo scudiero
che ti dissi di essere

Perdonami Sancio
per le notti che ti feci trascorrere all’addiaccio
come un pastore malvagio
per tutti quei mulini che ti ho comandato di combattere
armato solo della tua pazienza
e spinto dalla mia follia

Perdonami
sotto questo pettorale
nessun cuore ha mai vibrato
e la mia lancia ti ha colpito ingiustamente
nel bosco profumato
d’ambra
Lodato sia l ‘ onnipotente Iddio
Lui fu il re di tutti i cavalieri della Terra
e degli angeli del cielo
Lui ancora è padrone dei miei sogni
Lui è testimone del mio pentimento
sincero

Sancio ha l’anima retta
Sancio è fedele
Sancio è sapiente
ed io sono l’uomo più infelice di Spagna

Sancio
adesso da solo
sulla strada di Saragozza
devo vincere la morte
devo baciare le mani alla damigella incantata
dell ‘ultima festa
alla principessa delle tenebre
devo guardare in faccia la coscienza
libera dagli intrichi
ed inchinarmi al regno maledetto
dei cimiteri d ‘ argento

Sancio
sellerà ancora
Ronzinante
calerò la visiera
trarrò la spada
pronto alla tenzone
ed il destriero agile mi porterà sulle nuvole
bianche
a volare come tutte le frecce
della cattiva fortuna
di cui fui indegno bersaglio

Se Dio
la mia sovrana
ed il mio braccio
mi assistono
mi addormenterò ancora
sotto la grande quercia
di Castiglia
nella solitudine e nel silenzio
cullerò i miei tristi ed amorosi pensieri
aspetterò di essere svegliato dagli scherzi del vento e
dagli innumerevoli uccelli degli alberi
l ‘ erba e i fiori si bagneranno di soave rugiada
i prati splenderanno come oro
nella luce del mattino

In un paese della Mancia, di cui non voglio fare il nome, viveva or non è molto uno di quei cavalieri che tengono la lancia nella rastrelliera, un vecchio scudo, un ossuto ronzino e il levriero da caccia.
(Miguel De Cervantes)

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Foto di copertina: “Don Chisciotte “

Questa rubrica “Sciaveri di tregua” desidera istituzionalizzare la registrazione costante dei pochi ma intensi momenti di riflessione che mi vengono suggeriti in tempo reale in parte dall’osservazione e dalla traduzione poetica di immagini particolari con cui la realtà si manifesta e in parte dalla immancabile dose di esperienza specifica che l’età matura può aggiungere a questa attenta osservazione.

È abbastanza incredibile quanto sia in questo contesto assai prezioso, soprattutto dal punto di vista spirituale, l’affinamento che a questa osservazione si affianca nell’intento di popolare di piccole ma vitali suggestioni le esigue pause spirituali che, con forzata parsimonia, la realtà odierna nella sua corsa ci riserva.

Ho riscoperto il prezioso quanto dimenticato lemma “sciàveri ” per dare un nome a questi momenti, a queste osservazioni e a questi intensi ritagli di esistenza , definendo il termine “tregua” , dal sapore combattivo e guerresco, proprio per stigmatizzare la sconcertante sofferenza del corpo e dello spirito in questa quotidiana “tenzone” che tutti dobbiamo affrontare nel contesto della convivenza sociale e nel caos di questa corsa ad ostacoli , densa di episodi di “fatica” in un mondo in cui la realtà presenta fenomeni di effettive sfide temporali e fisiche oltre a un continuo sopravvenire di istanze etiche e spirituali, materia di problematiche irrisolte, nonché di dubbi esistenziali di non poco conto.

Sciàveri di tregua” è quindi nato con l’ambizione di rappresentare un convinto, coerente e sentito invito a una sosta ferace dello spirito, intesa a lasciare a ciascuno la possibilità di riflettere intorno ai valori propri e intimi dell’esistenza , fatto non sempre concesso dalla realtà “accelerata” e nello stesso tempo “aumentata” dei nostri giorni.
Attraverso pensieri tradotti in sequenze armoniche di parole , qualche volta attraverso ritmi melodici ed onomatopeici in cui si mescolano elementi naturali primordiali e sottili rumori di sentimenti umani , ho cercato di incontrare opere di amici noti o sconosciuti e di invocare il loro aiuto, la loro complicità , per indugiare su qualche immagine di questa turbinosa avventura del vivere gli anni del terzo millennio, in una gara senza pause, senza respiro e “apparentemente” senza alcun segno di pietà per chi rimane relegato a una vana attesa sul ciglio spesso tristemente disadorno e inospitale della strada.
Da artigiano della parola ho scambiato impressioni con solerti artigiani del suono, dei colori e dell’immagine (pittori, scultori , musicisti e fotografi) per scoprire quegli stimoli creativi condivisi che facilitano una risposta corale a una serie di interrogativi comuni alle varie “discipline artistiche”, cioè comuni all’interpretazione della realtà”.

Qualche volta ci siamo insieme domandati dove si voglia arrivare attraverso questa amabile scorciatoia con cui si tende a volere a tutti i costi eliminare le tregue, accelerare la corsa, bruciare tutte le tappe, comprese quelle più solenni e rituali come gli archetipi più sacri e celebrati dalla tradizione della vita e della morte. Qualche altra ci siamo soffermati sui valori tradizionali della nostra esistenza con attenzione e scrupolosa smania di descrivere i colori della realtà com’è o come vorremmo che venisse percepita attraverso il filtro della nostra mediazione spirituale, artistica ed umana.

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