LA POESIA di Giorgio Bongiorno: “Non ho più paura”

Ricordo quel lungo corridoio
Stretto
Buio
Oltre le aiuole fiorite del cortile
Verso la strada
Lo affrontavo a saltelli cantando
Fino alla porta d’ingresso
Avrei rinunciato a tutto per una lampada
Magari in alto
Nell’angolo del soffitto
Quante volte ho vissuto quei tremori bambini
Inconfessabili momenti di brivido
Tenebre viscerali
Lupi ululanti nella notte
Immagini innocenti tramutate in ricami di stelle
Presagi vibranti di altere vendette
Come se gli spettri di quel tempo
Mostrassero finalmente il loro volto e
Ritornassero a frotte
Perfidi compagni di viaggio
Vestiti di grandi mantelli di velo bianco
Svolazzanti
Con i nuvoloni palpitanti al vento di maestrale
A insidiare i miei giochi
A popolare i miei chiassosi silenzi
A stimolare le ansie della mia infanzia
Adesso c’è forse troppa luce
Intorno a me
Tanti colori sgargianti
Insegne pulsanti
Messaggi inquieti
C’è gente ad affollare strade abbagliate di follia
Adesso
È tanto che corro
Per questi sentieri aspri e tortuosi
Fra le spighe dorate del campo
Fra i roveti del canale
È tanto che mi perdo nei boschi
E seguo impaziente il disegno del sole sulle cime degli alberi
Fino al tramonto
Dietro l’oratorio della collina
Adesso la mia grande vela è ammainata
E la barca
Incerta
Si abbandona senza meta alle rare increspature della bonaccia
Adesso
Non ho più paura

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Foto di copertina: Lena Akopian Grafikk

Questa rubrica “Sciaveri di tregua” desidera istituzionalizzare la registrazione costante dei pochi ma intensi momenti di riflessione che mi vengono suggeriti in tempo reale in parte dall’osservazione e dalla traduzione poetica di immagini particolari con cui la realtà si manifesta e in parte dalla immancabile dose di esperienza specifica che l’età matura può aggiungere a questa attenta osservazione.

È abbastanza incredibile quanto sia in questo contesto assai prezioso, soprattutto dal punto di vista spirituale, l’affinamento che a questa osservazione si affianca nell’intento di popolare di piccole ma vitali suggestioni le esigue pause spirituali che, con forzata parsimonia, la realtà odierna nella sua corsa ci riserva.

Ho riscoperto il prezioso quanto dimenticato lemma “sciàveri ” per dare un nome a questi momenti, a queste osservazioni e a questi intensi ritagli di esistenza , definendo il termine “tregua” , dal sapore combattivo e guerresco, proprio per stigmatizzare la sconcertante sofferenza del corpo e dello spirito in questa quotidiana “tenzone” che tutti dobbiamo affrontare nel contesto della convivenza sociale e nel caos di questa corsa ad ostacoli , densa di episodi di “fatica” in un mondo in cui la realtà presenta fenomeni di effettive sfide temporali e fisiche oltre a un continuo sopravvenire di istanze etiche e spirituali, materia di problematiche irrisolte, nonché di dubbi esistenziali di non poco conto.

Sciàveri di tregua” è quindi nato con l’ambizione di rappresentare un convinto, coerente e sentito invito a una sosta ferace dello spirito, intesa a lasciare a ciascuno la possibilità di riflettere intorno ai valori propri e intimi dell’esistenza , fatto non sempre concesso dalla realtà “accelerata” e nello stesso tempo “aumentata” dei nostri giorni.
Attraverso pensieri tradotti in sequenze armoniche di parole , qualche volta attraverso ritmi melodici ed onomatopeici in cui si mescolano elementi naturali primordiali e sottili rumori di sentimenti umani , ho cercato di incontrare opere di amici noti o sconosciuti e di invocare il loro aiuto, la loro complicità , per indugiare su qualche immagine di questa turbinosa avventura del vivere gli anni del terzo millennio, in una gara senza pause, senza respiro e “apparentemente” senza alcun segno di pietà per chi rimane relegato a una vana attesa sul ciglio spesso tristemente disadorno e inospitale della strada.
Da artigiano della parola ho scambiato impressioni con solerti artigiani del suono, dei colori e dell’immagine (pittori, scultori , musicisti e fotografi) per scoprire quegli stimoli creativi condivisi che facilitano una risposta corale a una serie di interrogativi comuni alle varie “discipline artistiche”, cioè comuni all’interpretazione della realtà”.

Qualche volta ci siamo insieme domandati dove si voglia arrivare attraverso questa amabile scorciatoia con cui si tende a volere a tutti i costi eliminare le tregue, accelerare la corsa, bruciare tutte le tappe, comprese quelle più solenni e rituali come gli archetipi più sacri e celebrati dalla tradizione della vita e della morte. Qualche altra ci siamo soffermati sui valori tradizionali della nostra esistenza con attenzione e scrupolosa smania di descrivere i colori della realtà com’è o come vorremmo che venisse percepita attraverso il filtro della nostra mediazione spirituale, artistica ed umana.

4 commenti su “LA POESIA di Giorgio Bongiorno: “Non ho più paura”

  1. Commovente e struggente lirica, di ricordi, paure e ansie e esplodere degli anni più verdi, dietro l’oratorio della collina, teatro di emozioni, sensazioni, luci ed ombre, flash inframezzati all’oggi, alla vita con troppa luce, fantasmi come spettri di Ibsen, che reclamano il sole, il calore, la vita che declina, che sfocia nel lago pacificato, tranquillo, nell’età del riposi, della riflessione, dive ormai le paure sono scomparse, adesso, non ho più paura.
    Adesso non abbiamo più paura, perché condividiamo il lago tranquillo, la consapevolezza di aver accarezzato la vita con dita tremule, ora più che mai impavide, vicine al momento del vero, dove nulla più ci tocca, ci può far del male. Non dobbiamo più aver paura, assieme, figli della stessa esistenza, amico.
    Grazie del momento di sogno.

    1. E’ molto impegnativo e denota profonda volontà di immedesimarsi il saper leggere queste riflessioni che manifestano osservazioni di ogni genere e situazioni vissute che l’autore desidera “confessare” e in qualche modo condividere ; perciò grande è la riconoscenza che ti è dovuta, caro Gianni, insieme al plauso per certe brillanti intuizioni che completano e integrano la materia del messaggio spirituale.
      Grazie ancora per questo dono.

  2. Le tue poesie, caro Giorgio, sanno trasmettere emozioni talvolta delicate, come in questo caso, altre volte più forti. Ma sono sempre bellissime. Ho visto il corridoio. Ti ho visto correre timoroso lungo di esso. Ho sentito il tuo timore. E ho visto la barca ed ho sentito la tua quieta tranquillità. Bellissimo

    1. il compito di queste riflessioni è quello di narrare vicende e situazioni che possano venir fruite da “volontari” della condivisione in grado di interpretare il senso del messaggio poetico, farlo proprio e allo stesso modo viverlo appieno con tutte le sensazioni e le emozioni che lo hanno fatto nascere. Ebbene tu sei fra coloro che hanno fruito di questa condivisione in maniera sentitamente attiva e di questo io posso solo essere profondamente riconoscente. Per i sentieri dello spirito non c’è l’affollamento del mondo e quindi dobbiamo far tesoro di questi incontri a vantaggio del messaggio stesso oltre che dei suoi interpreti più genuini.
      Grazie Andreina. Le tue parole mi onorano e il tuo modo di condividere paure e speranze è sicuramente un buon auspicio e un esemplare invito alla frequentazione dei sentieri dello spirito che , anche se meno affollati, possono aiutarci a interpretare la vita di tutti i giorni come un utile contenitore dei nostri sentimenti, dei nostri desideri, dei nostri sogni e delle nostre passioni, che ci affanniamo spesso a chiudere in noi stessi…

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