LA POESIA di Giorgio Bongiorno: “Se ne vanno”

Se ne vanno
In silenzio
Gli amici di sempre
Come alla fine di una festa
Discreti
Uno dopo l’altro
Prendono la porta
E se ne vanno
Un lungo corridoio
Alla fine, la nebbia dell’inverno
Le colonne
Della vita si susseguono monotone
Insistentemente geometriche
Uguali
Ogni volta che qualcuno esce
Un suono cupo di campana
Da qualche parte della nostra geografia
Il cordoglio di pochi
Quelli più vicini
Segno del dolore antico del distacco
L’indifferenza di tanti
In attesa del proprio turno
Eppure svanisce sempre con loro un pezzo di noi
Della nostra storia
Lo spettacolo perde dei protagonisti
I colori vivi di una volta
I toni aspri dell’addio
Sfumano adagio
Non lasciano alcuna traccia
Se non quelle gocce lucenti in fondo al portico
Nel bosco cadono le prime foglie
Resta solo il ricordo di un’immagine
L’eco di una voce
Risuonata spesso alle nostre orecchie
Una cantilena consueta
Qualche parola in più
Massima saggia
Tutte sensazioni
Impressioni
Passioni
Cose inanimate
In corsa verso la radura dell’oblio
Avremmo voluto accompagnarli in quel tratto di cammino
Confortarli
Magari con un cenno di preghiera
Ma tutto è accaduto troppo in fretta
E li seguiamo con il pensiero
Con il velo dei rimpianti
E un nobile segno di umana nostalgia
Non ci rimane che spuntare i nomi
Elettronici e cartacei
Dalla nostra rubrica
Ed attendere
Pazienti
Rassegnati
Che un giorno non lontano
Qualcuno cancelli
Disciplinatamente
Anche il nostro

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Foto di copertina: “Se ne vanno” dal web

Questa rubrica “Sciaveri di tregua” desidera istituzionalizzare la registrazione costante dei pochi ma intensi momenti di riflessione che mi vengono suggeriti in tempo reale in parte dall’osservazione e dalla traduzione poetica di immagini particolari con cui la realtà si manifesta e in parte dalla immancabile dose di esperienza specifica che l’età matura può aggiungere a questa attenta osservazione.

È abbastanza incredibile quanto sia in questo contesto assai prezioso, soprattutto dal punto di vista spirituale, l’affinamento che a questa osservazione si affianca nell’intento di popolare di piccole ma vitali suggestioni le esigue pause spirituali che, con forzata parsimonia, la realtà odierna nella sua corsa ci riserva.

Ho riscoperto il prezioso quanto dimenticato lemma “sciàveri ” per dare un nome a questi momenti, a queste osservazioni e a questi intensi ritagli di esistenza , definendo il termine “tregua” , dal sapore combattivo e guerresco, proprio per stigmatizzare la sconcertante sofferenza del corpo e dello spirito in questa quotidiana “tenzone” che tutti dobbiamo affrontare nel contesto della convivenza sociale e nel caos di questa corsa ad ostacoli , densa di episodi di “fatica” in un mondo in cui la realtà presenta fenomeni di effettive sfide temporali e fisiche oltre a un continuo sopravvenire di istanze etiche e spirituali, materia di problematiche irrisolte, nonché di dubbi esistenziali di non poco conto.

Sciàveri di tregua” è quindi nato con l’ambizione di rappresentare un convinto, coerente e sentito invito a una sosta ferace dello spirito, intesa a lasciare a ciascuno la possibilità di riflettere intorno ai valori propri e intimi dell’esistenza , fatto non sempre concesso dalla realtà “accelerata” e nello stesso tempo “aumentata” dei nostri giorni.
Attraverso pensieri tradotti in sequenze armoniche di parole , qualche volta attraverso ritmi melodici ed onomatopeici in cui si mescolano elementi naturali primordiali e sottili rumori di sentimenti umani , ho cercato di incontrare opere di amici noti o sconosciuti e di invocare il loro aiuto, la loro complicità , per indugiare su qualche immagine di questa turbinosa avventura del vivere gli anni del terzo millennio, in una gara senza pause, senza respiro e “apparentemente” senza alcun segno di pietà per chi rimane relegato a una vana attesa sul ciglio spesso tristemente disadorno e inospitale della strada.
Da artigiano della parola ho scambiato impressioni con solerti artigiani del suono, dei colori e dell’immagine (pittori, scultori , musicisti e fotografi) per scoprire quegli stimoli creativi condivisi che facilitano una risposta corale a una serie di interrogativi comuni alle varie “discipline artistiche”, cioè comuni all’interpretazione della realtà”.

Qualche volta ci siamo insieme domandati dove si voglia arrivare attraverso questa amabile scorciatoia con cui si tende a volere a tutti i costi eliminare le tregue, accelerare la corsa, bruciare tutte le tappe, comprese quelle più solenni e rituali come gli archetipi più sacri e celebrati dalla tradizione della vita e della morte. Qualche altra ci siamo soffermati sui valori tradizionali della nostra esistenza con attenzione e scrupolosa smania di descrivere i colori della realtà com’è o come vorremmo che venisse percepita attraverso il filtro della nostra mediazione spirituale, artistica ed umana.

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