LA POESIA di Giorgio Bongiorno: “Versi smarriti”

Cantilene vocali
Invocazioni
Echi di lontane litanie
Preghiere
Smarrite nel clamore di tutta questa gente
Accalcata alle porte del cielo
Potevo forse crearne
Immaginarne altre
Posarle ad arte nella danza ritmata delle righe
Ricomporre la melodia di quel messaggio
Canticchiarne il ritornello
Assaporare l’emozione di allora
Ma io volevo proprio quelle stelle
Che d’agosto tracciano
Sentieri di luce
Quel lampione
Che illumina insistente il sogno ardito
Della mia notte inquieta
Impaziente
Non ritroverò più quel lampione
Quelle stelle
Quegli accenti di tenera poesia
Quella voce sommessa dell’anima
Il profumo di quelle rime
Ho scordato il chiarore diffuso di quel lampione
Il bagliore improvviso di quelle stelle
Dipingerò colori nuovi
Scintillanti
Fulgidi sciami roventi
Forse anche altri lampioni
Solitari come quelli che ho perduto
Nella corsa
Per negligente follia
Ma saranno diversi
Mi chiedo spesso il perché di questa ostinata ricerca
In fondo erano solo prudenti
Timorosi
Trepidanti
Umili
Intrecci di parole

La poesia comincia quando un’emozione ha trovato il pensiero e un pensiero ha trovato le sue parole.
(Robert Frost)

Ai veri poeti il primo verso viene regalato da Dio, mentre tutto il resto è dura fatica dell’uomo.
(Rainer Maria Rilke)

Foto di copertina: “Tramonto sul lago” dal web

Questa rubrica “Sciaveri di tregua” desidera istituzionalizzare la registrazione costante dei pochi ma intensi momenti di riflessione che mi vengono suggeriti in tempo reale in parte dall’osservazione e dalla traduzione poetica di immagini particolari con cui la realtà si manifesta e in parte dalla immancabile dose di esperienza specifica che l’età matura può aggiungere a questa attenta osservazione.

È abbastanza incredibile quanto sia in questo contesto assai prezioso, soprattutto dal punto di vista spirituale, l’affinamento che a questa osservazione si affianca nell’intento di popolare di piccole ma vitali suggestioni le esigue pause spirituali che, con forzata parsimonia, la realtà odierna nella sua corsa ci riserva.

Ho riscoperto il prezioso quanto dimenticato lemma “sciàveri ” per dare un nome a questi momenti, a queste osservazioni e a questi intensi ritagli di esistenza , definendo il termine “tregua” , dal sapore combattivo e guerresco, proprio per stigmatizzare la sconcertante sofferenza del corpo e dello spirito in questa quotidiana “tenzone” che tutti dobbiamo affrontare nel contesto della convivenza sociale e nel caos di questa corsa ad ostacoli , densa di episodi di “fatica” in un mondo in cui la realtà presenta fenomeni di effettive sfide temporali e fisiche oltre a un continuo sopravvenire di istanze etiche e spirituali, materia di problematiche irrisolte, nonché di dubbi esistenziali di non poco conto.

Sciàveri di tregua” è quindi nato con l’ambizione di rappresentare un convinto, coerente e sentito invito a una sosta ferace dello spirito, intesa a lasciare a ciascuno la possibilità di riflettere intorno ai valori propri e intimi dell’esistenza , fatto non sempre concesso dalla realtà “accelerata” e nello stesso tempo “aumentata” dei nostri giorni.
Attraverso pensieri tradotti in sequenze armoniche di parole , qualche volta attraverso ritmi melodici ed onomatopeici in cui si mescolano elementi naturali primordiali e sottili rumori di sentimenti umani , ho cercato di incontrare opere di amici noti o sconosciuti e di invocare il loro aiuto, la loro complicità , per indugiare su qualche immagine di questa turbinosa avventura del vivere gli anni del terzo millennio, in una gara senza pause, senza respiro e “apparentemente” senza alcun segno di pietà per chi rimane relegato a una vana attesa sul ciglio spesso tristemente disadorno e inospitale della strada.
Da artigiano della parola ho scambiato impressioni con solerti artigiani del suono, dei colori e dell’immagine (pittori, scultori , musicisti e fotografi) per scoprire quegli stimoli creativi condivisi che facilitano una risposta corale a una serie di interrogativi comuni alle varie “discipline artistiche”, cioè comuni all’interpretazione della realtà”.

Qualche volta ci siamo insieme domandati dove si voglia arrivare attraverso questa amabile scorciatoia con cui si tende a volere a tutti i costi eliminare le tregue, accelerare la corsa, bruciare tutte le tappe, comprese quelle più solenni e rituali come gli archetipi più sacri e celebrati dalla tradizione della vita e della morte. Qualche altra ci siamo soffermati sui valori tradizionali della nostra esistenza con attenzione e scrupolosa smania di descrivere i colori della realtà com’è o come vorremmo che venisse percepita attraverso il filtro della nostra mediazione spirituale, artistica ed umana.

2 commenti su “LA POESIA di Giorgio Bongiorno: “Versi smarriti”

  1. Litanie e melodie perse e ritrovate di immagini rinnovate e ridipinte in colori vivaci, umili intrecci di parole, rinnovati e rimpianti, e luci, profumi, lampioni che segnano il destino dei sogni, svegli e cantilenanti preghiere, nella corsa verso il chiarore di una negligente follia.
    E fu subito sera, e poi notte e ancora giorno, il sesto quando dubiti che il settimo, quello del riposo, non debba mai venire. Eppure qualcuno lo scandira’, anche senza permesso.
    Che dire, Giorgio ci porta sempre nella lucida e malinconica follia dell’essere e del dover ricordare noi stessi. Con un pizzico di piacere e fatica nell’uscire dal guscio, crisalidi senza tempo.

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