È in corso da questa mattina alla Corte costituzionale la discussione delle parti in un’udienza pubblica, dedicata esclusivamente al tema dell’obbligo vaccinale.
Dai numeri inusuali: 11 le ordinanze con cui 5 uffici giudiziari hanno sollevato dubbi sulla costituzionalità di obbligo e sanzioni, una quarantina i difensori di operatori sanitari e professori che hanno rifiutato di vaccinarsi, tre gli avvocati dello Stato – Enrico De Giovanni, Federico Basilica e Beatrice Gaia Fiduccia – a sostegno di quella decisione del governo Draghi e tre anche i giudici costituzionali relatori: Augusto Barbera, Stefano Petitti e Filippo Patroni Griffi.
Inizialmente previsto solo per medici e infermieri dal decreto 44 del primo aprile del 2021, l’obbligo è stato via via esteso ad altre categorie (insegnanti, forze armate e di polizia), con relative sanzioni in caso di inadempimento, a partire dalla sospensione dal lavoro e dalla retribuzione.
Gradualmente poi è stato superato, con la discesa dei contagi: a giugno 2022 sono stati esentati over 50, professori e forze dell’ordine. Mentre dal 1° novembre non vale più per chi lavora in corsia, effetto del primo decreto del governo Meloni che ha voluto anticipare a quella data la scadenza che l’esecutivo Draghi aveva fissato al 31 dicembre, con l’obiettivo di ridare fiato a un sistema sanitario sotto organico con il recupero di 4mila medici non vaccinati.
Ma le conseguenze di quell’obbligo restano tutte: lo ha ricordato,alla vigilia della pronuncia della Consulta, il Sum, sindacato unico dei militari, facendo presente che le penalizzazioni di chi non si è vaccinato hanno comportato anche la detrazione di anzianità di servizio, pesando sulla carriera e sul futuro trattamento pensionistico.
A dubitare della legittimità costituzionale di quelle norme sono i tribunali di Brescia (con 6 ordinanze), Catania e Padova, il Tar della Lombardia e il Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione Siciliana, che solleva anche la questione della sicurezza dei vaccini.
Il più critico su quella normativa è il Tar della Lombardia , che chiama in causa più principi costituzionali: la garanzia dei diritti inviolabili dell’uomo, il diritto al lavoro e alla retribuzione, la tutela della salute, il principio dell’uguaglianza. Mentre il tribunale di Padova ipotizza anche la violazione della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.
diritto.it, 30 agosto 2022 – A fronte delle ultime pronunce giurisprudenziali del Tribunale di Padova, Siena e Brescia, l’autore ripercorre le questioni di illegittimità costituzionale al vaglio della Consulta che si pronuncerà il prossimo 29 novembre.
1. Le prime pronunce in ambito amministrativo di rimessione alla Corte Costituzionale
Risalendo alle prime pronunce che hanno fatto da apripista alle questioni di (il)legittimità costituzionale dell’obbligo vaccinale per la prevenzione dell’infezione da SARS-CoV-2, previsto dal DL n. 44 del 01 aprile 2022 per gli esercenti la professione sanitaria, dal DL n. 172 del 26 novembre 2021 per l’ambito scolastico ed in generale per i dipendenti della PA, poi esteso a tutti gli over 50 con il D.L. 7 gennaio 2022, n. 1, si ricorderanno certamente quelle emesse dal TAR Lombardia e dal Consiglio di Giustizia Amministrativa per la regione Sicilia.
a) TAR Lombardia, ordinanza n. 192 del 14.02.2022
Oggetto di censura della decisione confluita nella n. 192 del 14.02.2022 TAR Lombardia è l’art. 4 del DL 44/2021, rubricato “Disposizioni urgenti in materia di prevenzione del contagio da SARS-CoV-2 mediante previsione di obblighi vaccinali per gli esercenti le professioni sanitarie e gli operatori di interesse sanitario” il quale dispone che «al fine di tutelare la salute pubblica e mantenere adeguate condizioni di sicurezza nell’erogazione delle prestazioni di cura e assistenza, gli esercenti le professioni sanitarie e gli operatori di interesse sanitario che svolgono la loro attività nelle strutture sanitarie, sociosanitarie e socio-assistenziali, pubbliche e private, nelle farmacie, parafarmacie e negli studi professionali sono obbligati a sottoporsi a vaccinazione gratuita per la prevenzione dell’infezione da SARS-CoV-2. La vaccinazione costituisce requisito essenziale per l’esercizio della professione e per lo svolgimento delle prestazioni lavorative rese dai soggetti obbligati».
Alla conversione in L. 28 maggio 2021, n. 76, sono state apportate ulteriori modifiche con il DL 172/2021; in particolare, oggetto della questione di legittimità costituzionale concerne l’effetto dell’accertamento dell’inadempimento dell’obbligo vaccinale, quello della «immediata sospensione dall’esercizio delle professioni sanitarie» di cui al comma 4, in forza del quale era stata disposta la sospensione del ricorrente da parte dell’Ordine degli Psicologi «senza limitare la sospensione alle prestazioni od alle mansioni che implicano contatti interpersonali o comportano, in qualsiasi altra forma, il rischio di diffusione del contagio».
b) CGA Sicilia, ordinanza 351 del 22.03.2022
La citata disposizione è, altresì, contenuta nell’ordinanza di rimessione alla Corte Costituzionale da parte del Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Sicilia del 22.03.2022, su ricorso presentato da uno studente universitario che, al fine di completare gli studi, avrebbe dovuto partecipare al tirocinio formativo all’interno delle strutture sanitarie, negatogli dall’Università poiché non vaccinato contro il virus Sars-CoV- 2.
Nelle 52 pagine di motivazione si rinvengono i seguenti passaggi salienti: «La necessità di fronteggiare un fenomeno pandemico di proporzioni drammatiche, tale da travolgere i sistemi sanitari e sociali dei Paesi coinvolti nelle varie “ondate”, ha spinto la comunità scientifica a sforzi titanici nella ricerca. …. data l’impellenza della situazione pandemica, dette fasi sono state condotte in parallelo, in sovrapposizione parziale, il che ha consentito di accelerare l’immissione in commercio dei farmaci, i quali, comunque, hanno ottenuto un’autorizzazione provvisoria proprio in relazione alla inevitabile assenza di dati sugli effetti a medio e lungo termine. ….sebbene empiricamente si debba riconoscere che, in presenza di nuove varianti, la vaccinazione non appaia garantire l’immunità da contagio, sicché gli stessi vaccinati possono contagiarsi e, a loro volta, contagiare, la stessa a tutt’oggi risulta efficace nel contenere decessi ed ospedalizzazioni…».
Nodo centrale della questione è, tuttavia, da rinvenire nel consenso informato degli effetti collaterali della somministrazione del vaccino, ancora per la maggior parte sconosciuti, o comunque destinati a rivelarsi in un lungo lasso di tempo: «Elementi di criticità appaiono emergere, invece, con riferimento agli altri parametri, con specifico riferimento alla problematica degli eventi avversi….La Corte ha, come sopra ricordato, ritenuto che la legge impositiva di un trattamento sanitario non è incompatibile con l’art. 32 Cost. a condizione, tra l’altro, che si preveda che esso non incida negativamente sullo stato di salute di colui che è obbligato, salvo che per quelle sole conseguenze “che appaiano normali e, pertanto, tollerabili”. Occorre, quindi, anzitutto chiedersi: – se lo stato della raccolta di informazioni (connaturata, come sopra spiegato, alle caratteristiche della procedura di immissione in commercio mediante autorizzazione condizionata) sugli eventi avversi da vaccinazione anti-Covid-19 evidenzi o meno fenomeni che trasbordino la tollerabilità; – in caso affermativo, se e quale rilevanza possa avere, ai fini dello scrutinio di costituzionalità, la percentuale di eventi avversi gravi/fatali; – in caso di risposta tanto affermativa quanto negativa al primo interrogativo, attendibilità del sistema di raccolta dati in ordine agli effetti collaterali.
Tale ultima questione assume rilievo cruciale, specie per i farmaci sottoposti ad autorizzazione condizionata, per i quali, successivamente alla commercializzazione, prosegue il processo di valutazione …., suscettibile di essere inficiato tanto da un’erronea attribuzione alla vaccinazione di eventi e patologie alla stessa non collegati causalmente, quanto da una sottostima di eventi collaterali, specie gravi e fatali. Tale evenienza comprometterebbe l’indagine volta a confrontare il farmaco la cui somministrazione è imposta legislativamente con il richiamato parametro costituzionale, sotto duplice profilo: sia perché renderebbe incerto l’accertamento circa la normale tollerabilità; sia perché, come sopra ricordato, la giurisprudenza costituzionale ha da tempo chiarito come, nell’ipotesi in cui dalla vaccinazione consegua un danno, deve essere prevista la corresponsione di una equa indennità in favore del danneggiato».
Da queste illuminanti premesse, la questione sottoposta al vaglio della Consulta riguarda essenzialmente «la legittimità di un vaccino obbligatorio solo se, tra l’altro, si prevede che esso non incida negativamente sullo stato di salute di colui che è obbligato, salvo che per quelle sole conseguenze “che appaiano normali e, pertanto, tollerabili”.»
c) TAR Lazio, le 5 ordinanze del 01 aprile 2022
Sulla scorta di tali approdi, il TAR Lazio, dopo aver disposto con ordinanza n. 919 del 14.02.2022 la sospensione in via cautelare dei provvedimenti sospensivi impugnati da parte di alcuni appartenenti alla Difesa in conseguenza dell’applicazione dell’art. 2 del DL n. 172 del 26.11.2021, convertito in L. n. 3/2022, e “Vista l’ordinanza 22 marzo 2022 n. 351 con cui il CGARS ha rimesso alla Corte costituzionale le questioni di legittimità” rinvia con le ordinanze nn. 3793, 3805, 3806, 3807 e 3808 del 01.04.2022 «la causa per la delibazione dell’istanza cautelare alla prima camera di consiglio successiva alla data di pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’ultimo provvedimento della Corte costituzionale che definirà il giudizio relativo alla questione rimessa al vaglio del Giudice delle leggi dalla predetta ordinanza.».
d) TAR Lombardia, ordinanza n. 1397 del 16.06.2022
Ma l’articolo in commento non ha convinto neppure con riferimento al quinto comma (come risultante a seguito delle modifiche di cui al decreto legge 26 novembre 2021 n. 172, convertito nella legge 21 gennaio 2022 n. 3) nella parte in cui dispone che «Per il periodo di sospensione dall’esercizio della professione sanitaria non sono dovuti la retribuzione né altro compenso o emolumento, comunque denominato».
A rilevare la violazione con i principi cardini della Costituzione, ed in particolare «con i principi di ragionevolezza e di proporzionalità, di cui all’articolo 3 della Costituzione, anche in riferimento alla violazione dell’articolo 2 della Costituzione», è stato – ancora una volta – il TAR Lombardia, con la decisione n. 1397 del 16.06.2022.
Ripercorrendo l’excursus della disposizione normativa contenuto nella pronuncia, nelle more del ricorso, «l’art. 4 del DL 44/2021, conv. in L. 28 maggio 2021 n. 76, è stato modificato ad opera del DL 26 novembre 2021 n. 172, convertito nella L. 21.01.2022 n. 3 ….La disposizione, nel testo vigente sino al 26 novembre 2021: a) ha previsto, quale conseguenza dell’atto di accertamento adottato dall’azienda sanitaria locale, “la sospensione dal diritto di svolgere prestazioni o mansioni che implicano contatti interpersonali o che comportano, in qualsiasi altra forma, il rischio di diffusione del contagio da Sars-CoV-2”; b) ha imposto al datore di lavoro di ricollocare il lavoratore che, a causa di gravi rischi per la propria salute, sia stato …. esonerato dall’obbligo vaccinale …., senza decurtazione della retribuzione; ….d) ha previsto, solo in caso di impossibilità di assegnare il lavoratore inosservante dell’obbligo vaccinale allo svolgimento di mansioni diverse, la non debenza della retribuzione e di altri compensi od emolumenti, comunque denominati, per tutto il periodo di sospensione e comunque sino al 31 dicembre 2021.
2.1. L’articolo 4 è stato radicalmente modificato dall’articolo 1, comma 1, lettera b), del decreto legge 26 novembre 2021 n. 172, convertito con modificazioni nella L. 21 gennaio 2022 n. 3, il quale: a) ha qualificato la natura dell’atto di accertamento come “dichiarativa” e “non disciplinare” e ne ha attribuito la competenza agli ordini professionali (comma 4); b) ha espunto … il riferimento al divieto di svolgere solo quelle “prestazioni o mansioni che implicano contatti interpersonali o che comportano, in qualsiasi altra forma, il rischio di diffusione del contagio da SAR-CoV-2”; c) ha espunto ….il dovere condizionato del datore di lavoro di ricollocare il lavoratore inosservante dell’obbligo vaccinale …. d) ha esteso sino al 15 giugno 2022 la non debenza della retribuzione e di altri compensi od emolumenti, comunque denominati, per tutto il periodo di sospensione, a tutti i lavoratori sospesi dal servizio per inadempimento dell’obbligo vaccinale (comma 5).
2.2. L’articolo 4 è stato ulteriormente modificato ad opera dell’articolo 8 del decreto legge 24 marzo 2022 n. 24, il quale: a) ha prorogato sino al 31 dicembre 2022 l’obbligo vaccinale previsto per gli esercenti le professioni sanitarie e gli operatori di interesse sanitario ….
2.3. Il Collegio dubita della legittimità costituzionale della modificazione apportata all’articolo 4, comma 5 … per contrasto con gli articoli 2 e 3 della Costituzione, in relazione allo specifico profilo della mancata previsione … di adeguate misure di sostegno volte a soddisfare i bisogni primari dell’individuo. La privazione di ogni forma di sostentamento economico durante il periodo di sospensione dal servizio ha determinato …. un ingiustificato peggioramento delle condizioni di vita dei lavoratori dipendenti ….”.
Una simile previsione non appare, dunque, compatibile con le garanzie costituzionali fatte proprie negli artt. 1, 2, 32 e 36 della Carta fondamentale. Sposando le conclusioni della citata pronuncia, “L’attuale disciplina normativa pone invece il dipendente inadempiente all’obbligo vaccinale dinanzi ad una scelta obbligata tra l’adempimento dell’obbligo vaccinale e la sospensione dal servizio senza attribuzione di alcun trattamento economico. Essa si rivela pertanto sproporzionata rispetto alla realizzazione del fine di tutela della salute pubblica mediante l’erogazione delle prestazioni sanitarie in condizioni di sicurezza, in quanto l’esito del bilanciamento dei rilevantissimi interessi coinvolti, effettuato dal legislatore nell’esercizio dell’ampia discrezionalità politica, conduce ad un risultato implausibile. Con la recente introduzione di misure di sostegno sociale l’ordinamento mostra infatti di orientarsi sempre più verso forme di protezione volte ad assicurare le prestazioni imprescindibili per alleviare situazioni di estremo bisogno, in particolare, alimentare.”
2.1. L’articolo 4 è stato radicalmente modificato dall’articolo 1, comma 1, lettera b), del decreto legge 26 novembre 2021 n. 172, convertito con modificazioni nella L. 21 gennaio 2022 n. 3, il quale: a) ha qualificato la natura dell’atto di accertamento come “dichiarativa” e “non disciplinare” e ne ha attribuito la competenza agli ordini professionali (comma 4); b) ha espunto … il riferimento al divieto di svolgere solo quelle “prestazioni o mansioni che implicano contatti interpersonali o che comportano, in qualsiasi altra forma, il rischio di diffusione del contagio da SAR-CoV-2”; c) ha espunto ….il dovere condizionato del datore di lavoro di ricollocare il lavoratore inosservante dell’obbligo vaccinale …. d) ha esteso sino al 15 giugno 2022 la non debenza della retribuzione e di altri compensi od emolumenti, comunque denominati, per tutto il periodo di sospensione, a tutti i lavoratori sospesi dal servizio per inadempimento dell’obbligo vaccinale (comma 5).
2.2. L’articolo 4 è stato ulteriormente modificato ad opera dell’articolo 8 del decreto legge 24 marzo 2022 n. 24, il quale: a) ha prorogato sino al 31 dicembre 2022 l’obbligo vaccinale previsto per gli esercenti le professioni sanitarie e gli operatori di interesse sanitario ….
2.3. Il Collegio dubita della legittimità costituzionale della modificazione apportata all’articolo 4, comma 5 … per contrasto con gli articoli 2 e 3 della Costituzione, in relazione allo specifico profilo della mancata previsione … di adeguate misure di sostegno volte a soddisfare i bisogni primari dell’individuo. La privazione di ogni forma di sostentamento economico durante il periodo di sospensione dal servizio ha determinato …. un ingiustificato peggioramento delle condizioni di vita dei lavoratori dipendenti ….”.
Una simile previsione non appare, dunque, compatibile con le garanzie costituzionali fatte proprie negli artt. 1, 2, 32 e 36 della Carta fondamentale. Sposando le conclusioni della citata pronuncia, “L’attuale disciplina normativa pone invece il dipendente inadempiente all’obbligo vaccinale dinanzi ad una scelta obbligata tra l’adempimento dell’obbligo vaccinale e la sospensione dal servizio senza attribuzione di alcun trattamento economico. Essa si rivela pertanto sproporzionata rispetto alla realizzazione del fine di tutela della salute pubblica mediante l’erogazione delle prestazioni sanitarie in condizioni di sicurezza, in quanto l’esito del bilanciamento dei rilevantissimi interessi coinvolti, effettuato dal legislatore nell’esercizio dell’ampia discrezionalità politica, conduce ad un risultato implausibile. Con la recente introduzione di misure di sostegno sociale l’ordinamento mostra infatti di orientarsi sempre più verso forme di protezione volte ad assicurare le prestazioni imprescindibili per alleviare situazioni di estremo bisogno, in particolare, alimentare”.»
E, sul profilo temporale della necessaria sospensione dalla retribuzione, aggiunge «Né può ragionevolmente sostenersi che la mancata corresponsione di una misura di sostegno per tutto il periodo di durata della sospensione dal servizio sia un sacrificio tollerabile rispetto ai fini pubblici da perseguire. … Al dipendente che, nell’esercizio della libertà di autodeterminazione nella somministrazione di un trattamento sanitario, scelga di non adempiere all’obbligo vaccinale viene dunque richiesto un sacrificio, la cui durata non è in grado né di prevedere né di governare, atteso che le misure precauzionali adottate dal legislatore non si prestano ad essere inquadrate entro una cornice temporale certa e definita, a causa dello sviluppo oggettivamente incerto e ricorrente dell’andamento della pandemia…»
E, poiché analoghe previsioni sono state estese, ad opera del D.L. 7 gennaio 2022, n. 1, anche a chi ha «compiuto il cinquantesimo anno di età», ciò si traduce in una palese discriminazione fondata sull’età, oltre che sulle condizioni sociali dettate dall’ambito lavorativo, in un’insanabile violazione dell’art. 3 Cost. e delle norme sovranazionali, di cui all’art. 21 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea.
2. Le decisioni di merito dei Tribunali ordinari
Siffatte conclusioni non sono state ignorate dai Tribunali ordinari che, complice il mancato raggiungimento dell’immunità della popolazione vaccinata e del costante aumento dei contagi, sono stati terreno fertile per altrettante importanti decisioni.
a) Tribunale di Padova
L’argomento non è nuovo al Tribunale di Padova, che, come si ricorderà, ha sollevato domanda di pronuncia pregiudiziale alla Corte di Giustizia a seguito dell’individuazione di eventuali e possibili profili di illegittimità dell’obbligo vaccinale contro il Covid-19 ed, in particolare, della sanzione dell’automatica sospensione dalla retribuzione (v. Tribunale di Padova, Sez. Lav., 7 dicembre 2021).
Orbene, con ordinanza del 28 aprile 2022, si interroga nuovamente sulla (ir)ragionevole misura adottata dal sistema, «perché resta il fatto che la persona vaccinata, che non si sia sottoposta al tampone, può essere ugualmente infetta e può quindi ugualmente contagiare gli altri: la garanzia che la persona vaccinata non sia infetta, è pari a zero. Invece la persona che, pur non vaccinata, si sia sottoposta al tampone, può ragionevolmente considerarsi non infetta per un limitato periodo di tempo….La norma censurata pertanto, sembra violare l’art. 3 Cost., poiché, allo scopo di evitare la diffusione del virus, impone al lavoratore un obbligo inutile e gravemente pregiudizievole del suo diritto all’autodeterminazione terapeutica ex art. 32 Cost., nonché del suo diritto al lavoro ex artt. 4 e 35 Cost., prevedendo la sospensione dal lavoro e dalla retribuzione in caso di inadempimento dell’obbligo vaccinale: obbligo che non si pone in necessaria correlazione con la finalità di evitare il contagio e di tutelare la salute dei terzi, vale a dire la salute pubblica. Sembra quindi doversi concludere che il bilanciamento tra i diritti costituzionali coinvolti, sia stato operato dal legislatore, che pure gode di ampia discrezionalità, in maniera irragionevole rispetto alla finalità perseguita.».
b) Tribunale di Siena
Un dato innegabile, condiviso anche dal Giudice del Lavoro di Siena, per il quale, richiamati i vari studi in materia, «Ci parrebbe dunque alla data di oggi un dato oggettivo l’acquisizione del rilievo che la persona vaccinata può nuovamente essere contagiata e a sua volta contagiare, e che pertanto l’assolvimento dell’obbligo vaccinale – non in generale, in base a non condivisibile pregiudizio, ma a fronte dei vaccini sino ad oggi impiegati e alla specifica problematica sanitaria – ai fini della tutela cautelare sommaria probabilmente non possa costituire ragionevole fattore di discriminazione nell’accesso a qualsiasi professione, essendo se non smentita, quantomeno tutt’altro che chiara l’efficacia del vaccino in ordine alla ulteriore trasmissione del virus» (ordinanza cautelare del 20.08.2022).
c) Tribunale di Brescia
Fa eco il Tribunale di Brescia, il quale riconosce che «non si può che rilevare che il pericolo di diffusione del virus sia uguale in capo a qualsiasi lavoratore non vaccinato indipendentemente dal fatto che la omessa vaccinazione sia dovuta ad una scelta volontaria oppure ad un accertato pericolo per la sua salute»; concludendo che «la retribuzione …. è fondamentale fonte di sostentamento per lei e per la sua famiglia così che, nel caso di specie appare sussistente anche un pregiudizio grave, imminente ed irreparabile in relazione alla perdita della possibilità per la lavoratrice di far fronte alle esigenze primarie della vita sua e dei suo famigliari, così che si verifica l’integrazione della violazione dell’art. 2 Cost. in merito alla dignità di ciascun individuo» sollevando perciò qlc “per contrasto con il dettato degli articoli 2 e 3 della Costituzione” …. nella parte in cui nel prevedere che “per il periodo di sospensione non sono dovuti la retribuzione né altro compenso o emolumento omunque denominati”, esclude …. l’erogazione dell’assegno alimentare dall’art. 42 CCNL (sanità privata).».
Tale decisione si aggiunge alla precedente ordinanza di rimessione, da parte del medesimo magistrato, «per contrasto con gli artt. 3 e 4 della Costituzione dell’articolo 4 comma 7 del D.L. n.44/2021…. nella parte in cui limita ai soggetti esentati o differiti la possibilità di essere adibiti a “mansioni anche diverse, senza decurtazione della retribuzione, in modo da evitare il rischio di diffusione del contagio da SARS-CoV-2.” e articoli 2 e 3 della Costituzione, dell’articolo 4 ter comma 3… nella parte in cui nel prevedere che “Per il periodo di sospensione, non sono dovuti la retribuzione né altro compenso o emolumento, comunque denominati” esclude in favore del personale…. l’erogazione dell’assegno alimentare previsto dall’art. 82 del D.P.R n. 3/1957 e dall’art. 68 CCNL del comparto sanità.» (ordinanza del 07 maggio 2022).
d) Tribunale di Catania e Tribunale di Sassari
Arricchiscono il panorama giurisprudenziale le ordinanze del Tribunale di Catania e Sassari.
Con la decisione del 14.03.2022, il Giudice del Lavoro di Catania ribadisce che «sebbene non si ignori che l’impianto del D.L. 44/2021 sia ispirato alla finalità “di tutelare la salute pubblica e mantenere adeguate condizioni di sicurezza nell’erogazione delle prestazioni di cura e assistenza” (art. 4, co. 1, D.L. 44/2021), nell’ambito di una situazione emergenziale e del tutto straordinaria, le conseguenze che esso implica nella sfera del dipendente non vaccinato – e che si sono irrigidite a seguito delle modifiche apportate all’originaria formulazione del decreto – appaiono tuttavia eccessivamente sproporzionate e sbilanciate, nell’ottica della necessaria considerazione degli altri valori costituzionali coinvolti, tra cui, tra i primi, la dignità della persona, bene protetto da plurime previsioni della Carta: artt. 2, 3, 32, co. 2, 36, 41 Cost.. Non appare pleonastico ricordare che il diritto al lavoro costituisca una delle principali prerogative dell’individuo, su cui si radica l’ordinamento italiano, che trova protezione nell’ambito dei “principi fondamentali” della Carta costituzionale (artt. 1, 4) e che viene tutelato, non solo in quanto strumento attraverso cui ciascuno può sviluppare la propria personalità (art. 2), potendo così concorrere al progresso materiale e spirituale della società (art. 4), ma innanzitutto perché costituisce il mezzo per assicurare alla persona e al rispettivo nucleo familiare, attraverso la giusta retribuzione, il diritto fondamentale di vivere un’esistenza libera e dignitosa (art. 36 Cost.). Nel momento in cui la legge, nel precludere all’operatore sanitario non vaccinato la possibilità di espletare la prestazione lavorativa (anziché applicare altre soluzioni, ad es.: la sottoposizione dell’operatore ad un rigido sistema di controllo tramite test di rilevazione del virus; l’assegnazione a mansioni diverse, ove possibili, etc.), non consente neppure che lo stesso possa fruire di un sostentamento minimo per far fronte alle proprie esigenze basilari, essa, così facendo, non può che esporsi al dubbio di rivelarsi eccessivamente sbilanciata e sproporzionata, ad eccessivo detrimento del valore della dignità della persona, con possibile violazione, oltre che dell’art. 2, anche dell’art. 3 Cost. ….Sebbene la legge possa prevedere l’obbligatorietà di determinati trattamenti sanitari, sono rarissimi, ed ancorati a precisi presupposti, i casi in cui l’ordinamento consente la possibilità di eseguirli contro la volontà della persona (ad es., è il caso del T.S.O.), valendo da sempre il principio che gli accertamenti ed i trattamenti obbligatori debbano essere “accompagnati da iniziative rivolte ad assicurare il consenso e la partecipazione da parte di chi vi è obbligato”… E ciò a conferma della consapevolezza del legislatore che l’obbligo al trattamento sanitario costituisce pur sempre un’eccezione rispetto al principio, di cui è espressione l’art. 32 Cost., della libera determinazione dell’individuo in materia sanitaria…».
Pertanto «genera dubbi di possibile violazione dell’art. 3, Cost., una previsione, quale quella impugnata, che, a fronte di una condotta (il mancato adempimento dell’obbligo vaccinale) non integrante illecito né sul versante disciplinare, né sul versante penale, e che riguarda una fattispecie introdotta in una fase del tutto emergenziale, in un contesto del tutto eccezionale, neghi agli operatori sanitari non vaccinati persino la corresponsione di quelle indennità – come l’assegno alimentare – generalmente riconosciute dall’ordinamento per far fronte ai bisogni alimentari basilari del lavoratore sospeso, anche laddove quest’ultimo sia coinvolto in procedimenti penali e disciplinari per fatti di oggettiva gravità».
Principi fatti propri dal Tribunale di Sassari, che, con provvedimento del 09.06.2022, nel pronunciare l’accoglimento del ricorso, afferma: «In materia di vaccinazioni obbligatorie, esiste un indirizzo costante del giudice delle leggi, in base al quale l’art. 32 Cost. postula il necessario contemperamento del diritto alla salute della singola persona (anche nel suo contenuto di libertà di cura) con il coesistente e reciproco diritto delle altre persone e con l’interesse della collettività. In particolare, la Corte ha precisato che la legge impositiva di un trattamento sanitario non è incompatibile con l’art. 32 Cost. a varie condizioni, tra cui quella che il trattamento sia diretto non solo a migliorare o a preservare lo stato di salute di chi vi è assoggettato, ma anche a preservare lo stato di salute degli altri… giacché è proprio tale ulteriore scopo, che attiene alla salute come interesse della collettività, a giustificare la compressione di quella autodeterminazione dell’uomo che inerisce al diritto di ciascuno alla salute in quanto diritto fondamentale (v. Corte Cost. n. 132 e n. 210 del 1992, n. 258 del 1994 e n. 118 del 1996). …. Lo stesso Ministro della Salute, del resto, ha qualificato come notizia tassativamente falsa l’affermazione secondo cui “Se ho fatto il vaccino contro Sars-CoV-2 e anche il richiamo con la terza dose non posso ammalarmi di Covid-19 e non posso trasmettere l’infezione agli altri”. In sintesi, il mero fatto che un lavoratore si sia sottoposto al vaccino, non garantisce, né abbatte il rischio in modo prossimo alla certezza, che egli non contragga il virus e che quindi, recandosi sul luogo di lavoro, non infetti le persone con cui ivi viene a contatto, nella specie gli ospiti della struttura sanitaria.»
3. Conclusioni
I numerosi rilievi, che vanno a costellare l’attuale quadro, impongono profonde riflessioni sull’intero sistema normativo ormai stravolto dall’arrivo della pandemia.
Una situazione in cui, come mai prima d’ora, ogni cittadino ha toccato con mano le dirette conseguenze delle decisioni governative, senza neppure la consueta vacatio legis dalla pubblicazione in GU, ed in cui si inserisce, altresì, il primato di aver assistito, in un ridottissimo lasso di tempo, ad una proliferazione di questioni di legittimità costituzionali senza precedenti, su cui la Consulta è chiamata a pronunciarsi il 29 novembre 2022.
Tuttavia, in considerazione delle ragioni prospettate nelle varie ordinanze di rimessione, della circostanza che l’inefficacia del vaccino ad evitare il contagio è stata accertata in epoca successiva all’entrata in vigore della legge, ed, al contempo, della previsione di un indennizzo da vaccinazione obbligatoria (DL 4/2022), la risposta non potrà che essere parziale, nonostante il susseguirsi delle misure adottate richiedano interventi ampi e coraggiosi ai tanti interrogativi sottesi.
Cristina Malavolta è avvocato presso il Foro di Siena. Laureata presso l’Università degli Studi di Siena discutendo la tesi in diritto processuale penale. Ulteriori titoli di studio: diploma di specializzazione per le professioni legali.
Covid ed obbligo vaccinale: la consulta deciderà a novembre
Mi sono imbattuta casualmente nella diretta su un canale Youtube dell’udienza odierna in Corte Costituzionale. Ho avuto il dispiacere di ascoltare la parte conclusiva della considerazioni svolte dall’avvocato De Giovanni. Sottolieo la parola “dispiacere” in quanto ho udito un discorso che di giuridico non ha nulla. Retorica allo stato puro, infarcita di un’ipocrisia tale che mi ripugna persino ripetere. Ha invocato il principio di solidarietà per giustificare l’obbligo imposto, poiché i vaccini (come si è ostinato ad appellarli) hanno salvato i più fragili. Ha sostenuto che l’imposizione è coerente con il dettato costituzionale, dimenticandosi che la costituzione, al medesimo articolo 32,IMPONE in ogni caso il DIVIETO di ledere la dignità delle persone.
Per non parlare del vomitevole discorso sulla illuminata saggezza di lorsigjor giudici. Mai avrei creduto che un professionista potesse scendere ad un tale livello di bassezza. Ha mostrato una assoluta assenza di dignità personale, prima ancora che professionale. Ho chiuso immediatamente la visione per non iniziare ad imprecare.
In questo momento sono davvero disgustata e per tale ragione è opportuno che io non commenti oltre. Per ora.
Leggere la tua testimonianza mi ha lasciato senza parole, cara Andreina. La speranza che venga fatta giustizia non si spegne, ma al momento sono molto perplesso.