SUSANNA ROMANI: “La Regione Emilia-Romagna finanzia un libro per l’asilo con una vulva di peluche”

5 commenti su “SUSANNA ROMANI: “La Regione Emilia-Romagna finanzia un libro per l’asilo con una vulva di peluche”

  1. La prima Tabooteca in Italia viene inaugurata guarda caso a Bologna: la città rossa per eccellenza e dove l’insegnamento nella scuola della teoria gender LGBTQ, la carriera alias va alla grande..
    L’articolo di Repubblica, nella pagina locale, cioè di Bologna, annunciava: da Frida, Centro Documentazione Donne di Bologna, un peluche a forma di vulva rosa fucsia per insegnare alle bambine, fin dall’asilo, come sono fatte e al gioco Taboo per le ragazze.
    I temi toccati sono contraccezione, anatomia, affettività, orientamenti sessuali e identità di genere.
    Non a caso il Secolo d’Italia scriveva:5 gg fa-Gender, a Bologna la prima Tabooteca d’Italia finanziata dalla Regione. In affitto anche la vulva di peluche per “educare” fin dall’asilo.
    Insomma non basta indignarsi ma occorre sostenere quelle associazioni che si battono contro LBGTQ nelle scuole, perché l’educazione sessuale dei bambini compete ai genitori e alle famiglie naturali e sottrarre le famiglie a questo compito è illegale e pertanto va combattuto pure in sede giuridica e politica.

  2. Pensando all’Emilia Romagna atea e sede di locali famosi per essere luoghi di perversione non mi meraviglia la cosa!!! Pochi si ribelleranno ma c’è da sperare che quei pochi alzino un muro verso le istituzioni e la macchina gender che in Emilia Romagna è capeggiata dalla Elly Schlein che i cittadini adorano !!!

  3. Sono inorridita. Non riesco a capacitarmi di quanto la mente umana possa raggiungere livelli così bassi ed inspiegabili. Siamo passati da un estremo all’alltro: quando il sesso era un tabù, non si poteva accennare l’argomento in famiglia, ed ora, addirittura, somministriamo lezione di anatomia a bimbi dell’asillo. Ritengo che una condotta così brutale sia dannosa per menti ancora impreparate. I genitori sono deputati all’educazione dei figli in qualità di esercenti la potestà genitoriale. Non è cosa buona sostituirsi ai genitori.

  4. Leggendo l’interessante articolo di Susanna, ho rivissuto il mio periodo scolastico, quello che tra scuole medie inferiori e superiori ha condotto la mia vita per tutti gli anni settanta. Anni nei quali eterogenei gruppi di giovani educavano se stessi alle incognite sessuali attraverso la ricerca spasmodica di immagini. La scoperta di se stessi era vissuta più o meno con disagio, a seconda del livello culturale familiare. I timidi rapporti sentimentali che intrecciavamo nascondevano l’esplosione di desiderio che ardeva nelle nostre anime. Un centro didattico all’educazione sessuale ci avrebbe certamente aiutato. Oggi, viviamo nell’era di internet, delle app, degli smartphone, del post “Colpo Grosso”, delle veline, delle influencer, dei social, delle ragazze e ragazzi modelli di selfie autogestiti. Le chat tipo whatsapp e telegram imperversano, con relativo scambio di immagini. I bambini dell’asilo e della scuola primaria hanno abbandonato da tempo i vestiti “alla marinara”. Le classi sono miste, i teneri fidanzamenti tra compagni di banco sono quotidiani. Per questi bimbi, la cicogna è andata in pensione da tempo e il mito di Babbo Natale resiste esclusivamente perché alimentato da un business economico di miliardi. Sono nato in Emilia-Romagna, una terra che ho sempre apprezzato per la sua trasversale volontà lavorativa e creativa. Il più delle volte precorrendo i tempi. Questa volta, tuttavia, mi pare che siano giunti con almeno quarant’anni di ritardo. Proporre un centro didattico come quello di Bologna, oggi, oltrepassato il primo ventennio del duemila, non solo è anacronistico ma mette in luce una palese ignoranza in materia didattica ed infantile, tenuto conto che i bambini di oggi hanno, rispetto a mezzo secolo fa, una avanzata conoscenza della propria sessualità senza che glielo spieghi Frida Vulva..Inoltre, il contraddittorio nome “tabooteca” allontana dal senso di libertà ed apertura che il centro dovrebbe rappresentare. Guardando l’ingente finanziamento pubblico, quello che traspare è che questo centro più che uno strumento didattico rappresenta uno strumento di lucro.

    1. Può essere che abbia ragione Alex, e che alla fine ci si trovi di fronte ad uno strumento di lucro, tuttavia trovo che questa iniziativa sia moralmente violenta e disgustosamente volgare. Io ci vedo un primo passo per “normalizzare” surrettiziamente la pedofilia. Se non è diabolico questo ….
      Io non ci sto.

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