corriere.it, 4 dicembre 2022 – La Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha rilanciato l’idea di un «piano Mattei per l’Africa», in cui l’atteggiamento dell’Italia e dell’Europa non deve essere «predatorio, ma collaborativo» e rispettoso dei reciproci interessi.
Ma cosa prevedeva la dottrina del fondatore dell’Eni? Il presidente dell’Eni tra la fine degli anni ‘50 e gli inizi degli anni ‘60 offrì condizioni molto vantaggiose ai paesi africani produttori di gas e petrolio, con l’intento di rafforzare la sua azienda e sottrarli allo sfruttamento delle Sette Sorelle, espressione usata da Mattei per indicare le compagnie petrolifere multinazionali, come la statunitensi Exxon, Mobil, Texaco, Standard oil of California (Socal), Gulf oil, l’anglo-olandese Royal Dutch Shell e la britannica British petroleum, che fino alla crisi petrolifera hanno avuto un ruolo dominante sul mercato del greggio.
A detta di Mattei, queste compagnie «erano abituate a considerare i mercati di consumo come riserve di caccia per la loro politica monopolistica». Il presidente dell’Eni decise invece di cambiare paradigma, garantendo agli Stati africani la maggior parte degli introiti e superando la regola in vigore fino ad allora di una divisione del 50 e 50 tra compagnie petrolifere e Paesi produttori.
Nella strategia aziendale di Enrico Mattei l’anticolonialismo era quindi allo stesso tempo uno strumento e un fine. «Abbiamo iniziato una nuova formula. Paghiamo i diritti che pagano gli altri e in più coinvolgiamo il Paese produttore al 50% nella produzione e nello sviluppo delle proprie risorse», disse. L’impegno di Mattei fu anche e soprattutto politico, come dimostra, ad esempio, l’aiuto e il sostegno che diede alla Rivoluzione algerina. Ad Algeri, nel giardino a lui dedicato nel municipio di Hydra, una targa ricorda ancora oggi come Mattei sia stato un «difensore tenace e convinto dei valori democratici». Il fondatore dell’Eni, d’altronde, aveva alle spalle la sua militanza di partigiano cristiano e la sua partecipazione attiva alla Resistenza contro il fascismo.
Secondo Marcello Colitti, che ha a lungo lavorato all’Eni, il progetto di Mattei di sviluppo dell’Africa poté inizialmente avvantaggiarsi di un sostanziale disinteresse da parte della grandi multinazionali, che non credevano nello sviluppo economico del continente e quindi non lo ritenevano luogo privilegiato di investimento, come racconta Eleonora Belloni nell’articolo «L’Eni e il Terzo Mondo. L’anticolonialismo di Enrico Mattei nelle pagine de “Il Gatto Selvatico”».
Mattei ebbe l’intuizione di fare di questa debolezza un punto di forza, con la creazione di un sistema africano di raffinazione basato su compagnie miste tra Eni e governi locali. Secondo il fondatore dell’Eni il petrolio doveva essere messo al servizio di una politica tesa al contempo al benessere dei paesi produttori e dei paesi consumatori. In sostanza, dal suo punto di vista, bisognava porre nuove basi su cui fondare i rapporti fra l’Occidente industrializzato e il cosiddetto Terzo mondo.
In questa prospettiva la questione petrolifera diventava il terreno su cui decidere il futuro delle relazioni fra il mondo occidentale industrializzato e i Paesi che detengono le risorse indispensabili alla sua crescita. La formula dell’Eni che introduceva un sistema di distribuzione degli utili più favorevole ai Paesi produttori, prevedendo una spartizione del 75/25 al posto del 50/50, riflette questa visione.
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