LA POESIA di GIORGIO BONGIORNO: “L’uomo invisibile”

Inondati di notizie
Sommersi dalla marea disordinata delle opinioni
In questa scomposta bufera di eventi sovrapposti
Abbiamo perso la voglia di pensare
Abbandonati inerti
Su questa zattera in balia delle onde mediatiche
Noi stessi fiochi frammenti di informazione
Potenziali titolari di una riga di quotidiano
Di qualche grammo di carta stampata
O di una fugace inquadratura
Merce da sbattere a forza nel mulino delle immagini
Fantasmi di vite mai vissute
Incredibili storie
Da ogni angolo della terra
Accavallate sul palcoscenico di carta dell’esistenza
Passioni confuse nel cinismo della folla
Spente dal gelo dell’indifferenza
Emozioni disperse nel vento
Sensazioni di vuoto
Accatastate alla discarica dei sentimenti
In questa bolgia di suoni indistinti
Clamori che si impadroniscono dell’etere
Niente più del discreto timido pudore
Del calore
Del camino di casa
Degli sguardi amorosi della famiglia
Di quegli indimenticabili cenni d’intesa
Niente più del conforto
Della preghiera di ringraziamento al tramonto
Anche il dominio del sogno popolato dalla solitudine dell’incubo
Corpi ormai
Senz’anima
In fila verso la porta del cielo
Eppure c’è ancora uno spicchio di realtà tutto nostro
C’è qualche rigo del pentagramma
Di questa melodia
Qualche colore della tavolozza dell’iride
Quella gioia bambina
Quel bacio della memoria
E le gemme inviolate dei ricordi
Che appartengono solo a noi
C’è ancora
Celato fra gli alberi della riva
Quel profondo respiro di luce
Quel profumo di bellezza
Della primavera del giardino
Quel frammento di timida speranza
E quella nostra indelebile
Visibile
Traccia sul sentiero della vita

“La vita potrebbe esseredivisa in tre fasi: Rivoluzione, Riflessione e Televisione. Si comincia con il voler cambiare il mondo e si finisce col cambiare i canali.”
(Luciano De Crescenzo)

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Foto di copertina: “”Notizie del mattino” da Barcroftmedia

Questa rubrica “Sciaveri di tregua” desidera istituzionalizzare la registrazione costante dei pochi ma intensi momenti di riflessione che mi vengono suggeriti in tempo reale in parte dall’osservazione e dalla traduzione poetica di immagini particolari con cui la realtà si manifesta e in parte dalla immancabile dose di esperienza specifica che l’età matura può aggiungere a questa attenta osservazione.

È abbastanza incredibile quanto sia in questo contesto assai prezioso, soprattutto dal punto di vista spirituale, l’affinamento che a questa osservazione si affianca nell’intento di popolare di piccole ma vitali suggestioni le esigue pause spirituali che, con forzata parsimonia, la realtà odierna nella sua corsa ci riserva.

Ho riscoperto il prezioso quanto dimenticato lemma “sciàveri ” per dare un nome a questi momenti, a queste osservazioni e a questi intensi ritagli di esistenza , definendo il termine “tregua” , dal sapore combattivo e guerresco, proprio per stigmatizzare la sconcertante sofferenza del corpo e dello spirito in questa quotidiana “tenzone” che tutti dobbiamo affrontare nel contesto della convivenza sociale e nel caos di questa corsa ad ostacoli , densa di episodi di “fatica” in un mondo in cui la realtà presenta fenomeni di effettive sfide temporali e fisiche oltre a un continuo sopravvenire di istanze etiche e spirituali, materia di problematiche irrisolte, nonché di dubbi esistenziali di non poco conto.

Sciàveri di tregua” è quindi nato con l’ambizione di rappresentare un convinto, coerente e sentito invito a una sosta ferace dello spirito, intesa a lasciare a ciascuno la possibilità di riflettere intorno ai valori propri e intimi dell’esistenza , fatto non sempre concesso dalla realtà “accelerata” e nello stesso tempo “aumentata” dei nostri giorni.
Attraverso pensieri tradotti in sequenze armoniche di parole , qualche volta attraverso ritmi melodici ed onomatopeici in cui si mescolano elementi naturali primordiali e sottili rumori di sentimenti umani , ho cercato di incontrare opere di amici noti o sconosciuti e di invocare il loro aiuto, la loro complicità , per indugiare su qualche immagine di questa turbinosa avventura del vivere gli anni del terzo millennio, in una gara senza pause, senza respiro e “apparentemente” senza alcun segno di pietà per chi rimane relegato a una vana attesa sul ciglio spesso tristemente disadorno e inospitale della strada.
Da artigiano della parola ho scambiato impressioni con solerti artigiani del suono, dei colori e dell’immagine (pittori, scultori , musicisti e fotografi) per scoprire quegli stimoli creativi condivisi che facilitano una risposta corale a una serie di interrogativi comuni alle varie “discipline artistiche”, cioè comuni all’interpretazione della realtà”.

Qualche volta ci siamo insieme domandati dove si voglia arrivare attraverso questa amabile scorciatoia con cui si tende a volere a tutti i costi eliminare le tregue, accelerare la corsa, bruciare tutte le tappe, comprese quelle più solenni e rituali come gli archetipi più sacri e celebrati dalla tradizione della vita e della morte. Qualche altra ci siamo soffermati sui valori tradizionali della nostra esistenza con attenzione e scrupolosa smania di descrivere i colori della realtà com’è o come vorremmo che venisse percepita attraverso il filtro della nostra mediazione spirituale, artistica ed umana.

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