LA POESIA di GIORGIO BONGIORNO: “Venti di guerra”

Guerra è ferro trafitto da un proiettile
Spari di mitraglia
Rombi di cannone
Fuochi e fulmini
Disperazione e rovina
Si muovono indifferenti nuvole vagabonde
Note impazzite
Vergognosi solfeggi
Sul pentagramma del cielo
Usavano accompagnare il rito antico del raccolto
All’ombra dei covoni
Antiche ballate di festa
Tregua di secolari fatiche
Delle mani incallite dei contadini
Era una danza lieve
Quasi il soffio alato di preghiere
Recitate
In ginocchio sui gradini
Di una cappella sbrecciata
Fra i profumi della campagna
I rami spezzati
E il fumo delle granate
Ora fuggono verso il crepuscolo come lupi impauriti
Disegnano figure di fantasmi
Distesi sull’orizzonte
Armati di cieca follia
Grigi lembi ovattati
Svolazzano su pagliai
Imbrattati di sangue
In questa guerra tempestosa dell’anima
Di uomini accecati dalla vendetta
Chiazze di neve sparse
Si tingono intanto dei colori del crepuscolo
In una terra invasa da bufere
Mentre aliti di vento gelido accarezzano le cime sfrondate del bosco
E i fiori secchi dell’oratorio
Segno sbiadito della pace
Testimoni
Di grazie divine un tempo ricevute

Se i miei soldati cominciassero a pensare, nessuno rimarrebbe nelle mie file
(Federico II, Re di Prussia)

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Foto di copertina: Un elmetto militare bucato da un proiettile in una delle zone di Kiev dove nella notte si è combattuto (AP Photo/Efrem Lukatsky) (2022)

Questa rubrica “Sciaveri di tregua” desidera istituzionalizzare la registrazione costante dei pochi ma intensi momenti di riflessione che mi vengono suggeriti in tempo reale in parte dall’osservazione e dalla traduzione poetica di immagini particolari con cui la realtà si manifesta e in parte dalla immancabile dose di esperienza specifica che l’età matura può aggiungere a questa attenta osservazione.

È abbastanza incredibile quanto sia in questo contesto assai prezioso, soprattutto dal punto di vista spirituale, l’affinamento che a questa osservazione si affianca nell’intento di popolare di piccole ma vitali suggestioni le esigue pause spirituali che, con forzata parsimonia, la realtà odierna nella sua corsa ci riserva.

Ho riscoperto il prezioso quanto dimenticato lemma “sciàveri ” per dare un nome a questi momenti, a queste osservazioni e a questi intensi ritagli di esistenza , definendo il termine “tregua” , dal sapore combattivo e guerresco, proprio per stigmatizzare la sconcertante sofferenza del corpo e dello spirito in questa quotidiana “tenzone” che tutti dobbiamo affrontare nel contesto della convivenza sociale e nel caos di questa corsa ad ostacoli , densa di episodi di “fatica” in un mondo in cui la realtà presenta fenomeni di effettive sfide temporali e fisiche oltre a un continuo sopravvenire di istanze etiche e spirituali, materia di problematiche irrisolte, nonché di dubbi esistenziali di non poco conto.

Sciàveri di tregua” è quindi nato con l’ambizione di rappresentare un convinto, coerente e sentito invito a una sosta ferace dello spirito, intesa a lasciare a ciascuno la possibilità di riflettere intorno ai valori propri e intimi dell’esistenza , fatto non sempre concesso dalla realtà “accelerata” e nello stesso tempo “aumentata” dei nostri giorni.
Attraverso pensieri tradotti in sequenze armoniche di parole , qualche volta attraverso ritmi melodici ed onomatopeici in cui si mescolano elementi naturali primordiali e sottili rumori di sentimenti umani , ho cercato di incontrare opere di amici noti o sconosciuti e di invocare il loro aiuto, la loro complicità , per indugiare su qualche immagine di questa turbinosa avventura del vivere gli anni del terzo millennio, in una gara senza pause, senza respiro e “apparentemente” senza alcun segno di pietà per chi rimane relegato a una vana attesa sul ciglio spesso tristemente disadorno e inospitale della strada.
Da artigiano della parola ho scambiato impressioni con solerti artigiani del suono, dei colori e dell’immagine (pittori, scultori , musicisti e fotografi) per scoprire quegli stimoli creativi condivisi che facilitano una risposta corale a una serie di interrogativi comuni alle varie “discipline artistiche”, cioè comuni all’interpretazione della realtà”.

Qualche volta ci siamo insieme domandati dove si voglia arrivare attraverso questa amabile scorciatoia con cui si tende a volere a tutti i costi eliminare le tregue, accelerare la corsa, bruciare tutte le tappe, comprese quelle più solenni e rituali come gli archetipi più sacri e celebrati dalla tradizione della vita e della morte. Qualche altra ci siamo soffermati sui valori tradizionali della nostra esistenza con attenzione e scrupolosa smania di descrivere i colori della realtà com’è o come vorremmo che venisse percepita attraverso il filtro della nostra mediazione spirituale, artistica ed umana.

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