LA POESIA di GIORGIO BONGIORNO: “Adesso canto”

Torno in una città che una volta
Pensavo fosse la mia
Una città che non ho mai tradito
E che riconosco
Oggi
Dopo tutti questi anni
Mi richiama a quel tempo
Il fiume ingrossato
Impetuoso e sornione come fa spesso a novembre
La torre in fondo al viale
Maestoso teatro dei nostri giochi furtivi
Delle fughe monelle
E delle nostre innocenti trepidazioni
Tutto il resto ha mutato vestito
Case
Palazzi
Fino al selciato delle vie
Gente diversa
Abiti diversi
Voci diverse in questo pomeriggio uggioso
Adesso canto
La mia favola passata
Fatta di quei profili
Di quelle speranze
Di quei colori antichi
Di quei muri sbrecciati
Di quei desideri
Mentre una bimba rincorre bolle di sapone
La stessa meraviglia
Gli stessi palpiti di luce
Le stesse trasparenze
Gli stessi sorrisi
Di quelli nostri nei lontani giorni della fiera

L’individuo che non onora la propria terra non onora sé stesso.
(Paulo Coelho)

Il tema della nostalgia della propria terra ricorre in tutti i momenti della vita in un continuo addensarsi di suoni, di immagini e di colori vissuti in un caleidoscopio di sensazioni, sempre differenti ma sempre nati dalla stessa radice …

Foto di copertina: Il famoso “Torrazzo” di Cremona (La torre in muratura più alta d’Europa)

Questa rubrica “Sciaveri di tregua” desidera istituzionalizzare la registrazione costante dei pochi ma intensi momenti di riflessione che mi vengono suggeriti in tempo reale in parte dall’osservazione e dalla traduzione poetica di immagini particolari con cui la realtà si manifesta e in parte dalla immancabile dose di esperienza specifica che l’età matura può aggiungere a questa attenta osservazione.

È abbastanza incredibile quanto sia in questo contesto assai prezioso, soprattutto dal punto di vista spirituale, l’affinamento che a questa osservazione si affianca nell’intento di popolare di piccole ma vitali suggestioni le esigue pause spirituali che, con forzata parsimonia, la realtà odierna nella sua corsa ci riserva.

Ho riscoperto il prezioso quanto dimenticato lemma “sciàveri ” per dare un nome a questi momenti, a queste osservazioni e a questi intensi ritagli di esistenza , definendo il termine “tregua” , dal sapore combattivo e guerresco, proprio per stigmatizzare la sconcertante sofferenza del corpo e dello spirito in questa quotidiana “tenzone” che tutti dobbiamo affrontare nel contesto della convivenza sociale e nel caos di questa corsa ad ostacoli , densa di episodi di “fatica” in un mondo in cui la realtà presenta fenomeni di effettive sfide temporali e fisiche oltre a un continuo sopravvenire di istanze etiche e spirituali, materia di problematiche irrisolte, nonché di dubbi esistenziali di non poco conto.

Sciàveri di tregua” è quindi nato con l’ambizione di rappresentare un convinto, coerente e sentito invito a una sosta ferace dello spirito, intesa a lasciare a ciascuno la possibilità di riflettere intorno ai valori propri e intimi dell’esistenza , fatto non sempre concesso dalla realtà “accelerata” e nello stesso tempo “aumentata” dei nostri giorni.
Attraverso pensieri tradotti in sequenze armoniche di parole , qualche volta attraverso ritmi melodici ed onomatopeici in cui si mescolano elementi naturali primordiali e sottili rumori di sentimenti umani , ho cercato di incontrare opere di amici noti o sconosciuti e di invocare il loro aiuto, la loro complicità , per indugiare su qualche immagine di questa turbinosa avventura del vivere gli anni del terzo millennio, in una gara senza pause, senza respiro e “apparentemente” senza alcun segno di pietà per chi rimane relegato a una vana attesa sul ciglio spesso tristemente disadorno e inospitale della strada.
Da artigiano della parola ho scambiato impressioni con solerti artigiani del suono, dei colori e dell’immagine (pittori, scultori , musicisti e fotografi) per scoprire quegli stimoli creativi condivisi che facilitano una risposta corale a una serie di interrogativi comuni alle varie “discipline artistiche”, cioè comuni all’interpretazione della realtà”.

Qualche volta ci siamo insieme domandati dove si voglia arrivare attraverso questa amabile scorciatoia con cui si tende a volere a tutti i costi eliminare le tregue, accelerare la corsa, bruciare tutte le tappe, comprese quelle più solenni e rituali come gli archetipi più sacri e celebrati dalla tradizione della vita e della morte. Qualche altra ci siamo soffermati sui valori tradizionali della nostra esistenza con attenzione e scrupolosa smania di descrivere i colori della realtà com’è o come vorremmo che venisse percepita attraverso il filtro della nostra mediazione spirituale, artistica ed umana.

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