VITTORIO ZEDDA: “Mi sarebbe piaciuto che l’Italia, terra sismica, chiedesse la fine della guerra, dove si uccide, per aiutare le popolazioni in Turchia e Siria dove si muore per il terremoto”

Quando il pianeta terra sembra volersi scrollare di dosso chissà quali occulti fastidi, tutto all’improvviso appare totalmente precario, imprevedibile, senza senso. In Italia, terra sismica dalle Alpi alla Sicilia, con l’eccezione della Sardegna, ne sappiamo qualcosa e ancora siamo impegnati a porre rimedio ai danni del sisma che ha distrutto paesi e città nelle regioni centrali della penisola.

Quello che è successo in questi giorni in due paesi che si affacciano sulle rive orientali del Mediterraneo, appare di una gravità sconvolgente. Il terribile terremoto in Turchia e in Siria, e il momento storico in cui accade, abbatte certezze, cancella speranze, azzera quel poco di fiducia che vorremmo poter riporre ancora nel futuro e pure nel genere umano.
Pone infatti a confronto un evento naturale di imprevedibile gravità, che uccide decine di migliaia di esseri umani in pochi minuti, con l’assurdità di un’altra strage posta in atto da uomini in guerra, che vogliono deliberatamente uccidere e distruggere. E mentre le scosse di terremoto continuano nelle zone già colpite e migliaia di persone in affanno scavano fra le macerie nella speranza di poter soccorrere qualcuno ancora vivo, sepolto sotto gli edifici crollati, altrove uomini in guerra non si fermano, e sparano, bombardano, uccidono.

Di fronte alla catastrofe del terremoto, pensavo, forse le armi nell’est europeo finalmente taceranno e inizierà una tregua . E forse di fronte allo sterminio provocato dalla natura, si fermerà la strage voluta dagli uomini, in terre nemmeno tanto distanti da quelle colpite dal terremoto.
Nulla di tutto questo. E quel che è peggio è che chi continua a combattere può contare su tanti volonterosi complici e cioè tutti quelli che continuano a fornire armi, munizioni, carri armati e forse presto pure aerei da guerra. Tra i fornitori di strumenti per continuare la guerra ci siamo pure noi, con tutti i paesi della NATO, un’alleanza originariamente difensiva che diventa sempre più spesso offensiva.

Di fronte alla tragedia dei turchi e dei siriani, le armi avrebbero dovuto tacere. Immediatamente tacere. L’umanità intera dovrebbe sentirsi in lutto. La solidarietà che si manifesta con l’invio di armi per alimentare la guerra in Ucraina, prorogando le stragi, le distruzioni e l’incalcolabile spreco di risorse economiche, appare di un’assurdità inaccettabile a fronte di una catastrofe che ora richiede mezzi, risorse e interventi di soccorso per cui è fin difficile calcolare il numero di donne e uomini che dovranno essere impegnati nelle zone colpite.
Scuole, ospedali ed edifici pubblici distrutti, strutture produttive ridotte a macerie, strade e ferrovie dissestate dal sisma, aeroporti in cui le piste sono state sollevate, fratturate e persino spostate di metri, rendono estremamente difficili i soccorsi, i collegamenti, gli interventi in centinaia di centri abitati e villaggi difficilmente raggiungibili anche per le caratteristiche morfologiche e orografiche del territorio. Inutile tentare qui di far l’elenco di quel che si dovrà fare in territori rasi al suolo, in cui tutto sarà da rifare. Oltre al tessuto umano da assistere e ricomporre. Inimmaginabili le difficoltà da superare.

A fronte di tutto questo guardiamo sconfortati questa nostra Unione Europea che pare avere al primo posto nelle sue attenzioni il supporto bellico a Volodymyr Zelens’kyj. Un’attenzione che non riguarda gli ucraini, i quali dalla prosecuzione della guerra, possono aspettarsi solo altri lutti e distruzioni del loro territorio, l’unico ad essere interessato dalle peggiori conseguenze della guerra, che solo lì si combatte e non altrove.

Poco vale ricordare in televisione che la Costituzione della Repubblica Italiana ripudia la guerra, se poi la guerra che c’è contribuiamo ad alimentarla. Potremmo ancora mostrare, anche unilateralmente, se ne avesse il coraggio almeno uno qualsiasi dei governi europei, che l’occasione di fermare la guerra è ora, perché è questo il momento di salvare, soccorrere ed aiutare e non possiamo farlo continuando a perdere vite e disperdere risorse preziose altrove.
Se un governo europeo lo facesse, altri seguirebbero l’esempio. Mi sarebbe piaciuto che lo avesse fatto o almeno lo facesse l’Italia, che certo è una delle zone più sismiche del continente, e periodicamente ne patisce le conseguenze. Ne avrebbe buoni motivi. Sembra, però che la “ragion di Stato” anteponga lo Stato alla ragione. E all’umana coscienza.

Vittorio Zedda

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