STEFANIA CELENZA: “Solenni funerali di Silvio Berlusconi” (Autointervista)

Ieri, nel Duomo di Milano, si è tenuta la Solenne Celebrazione Funebre di Silvio Berlusconi.
Io c’ero.
In una sorta di auto intervista, mi è urgente riferire, nell’immediato, delle molteplici
osservazioni, per certi aspetti sorprendenti, che ho colto, in questa giornata storica.
Naturalmente, non sono mancati accenni di stizza rabbiosa, espressioni di iraconda perfidia, alla sola vista delle nostre bandiere. Una ciclista, che ci ha incrociati, non ha potuto trattenersi dall’inveire contro di noi, rivolgendo frasi sregiative verso colui che stavamo andando a commemorare “quel delinquente, corrotto e ladro!! ha rovinato l’Italia, si è venduto tutto!! ladro, ladro e farabutto!”. La velocità della sua andatura non consentiva soverchie repliche, ma ho fatto in tempo a gridarle “pedala, pedala…”.
Un altro signore di mezza età, è appositamente pervenuto in piazza, in mezzo alla folla, per spiegarci, peraltro con tono molto pacato, che quello che si stava celebrando, a spese della collettività, era il peggiore criminale di tutti i tempi, stupratore di quindicenni, evasore, depravato e distruttore della società. Noi tutti, eravamo lì evidentemente perché da Silvio Berlusconi avevamo ottenuto lucrosi benefici personali. Su questo nostro profitto economico, elargito brevi manu dal nostro leader, il tipo non aveva dubbi.
Questa una rapida pennellata dell’atmosfera confusa e casuale, che contornava l’evento. Non credo ci sia bisogno di soffermarsi oltre su questo, essendo bastevoli gli episodi suddetti. Mi preme, invece, andare alla sostanza della celebrazione funebre di una persona, in alta solennità istituzionale, da parte di uno Stato che quella stessa persona ha attaccato, perseguitato, vessato, diffamato ed umiliato in ogni modo.
Innanzitutto, si deve decisamente discernere ciò che si è svolto dentro la Cattedrale, da ciò che accadeva fuori, nella piazza gremita. Tutto, per me, ha avuto un significato preciso.

  • Dentro il Duomo.
    Qui si devono ulteriormente distinguere due gruppi, assai dissimili tra di loro.
    Il gruppo dei consanguinei e parenti ed il gruppo di tutte le Cariche Istituzionali.
    Nel primo gruppo non poteva non notarsi la caratteristica comune a tutti, alle donne in particolare, ovvero la massiccia frequentazione delle cliniche di chirurgia estetica. Non c’era un viso, una fisionomia che si presentasse al naturale, tutti, ma proprio tutti, sfregiati, deformati, alterati nei lineamenti, in maniera quasi grottesca e beffarda, assomigliandosi tutti. Persino Marina Berlusconi, accanto all’ultima moglie di suo padre, esibiva labbra posticcie e zigomi inverosimili, insieme a quest’ultima rappresentando una sorta di marchio di fabbrica. Tutte le mogli di Berlusconi erano presenti, anch’esse assomigliandosi tutte, in maniera imbarazzante, sia per la identica manipolazione chirurgica, sia per l’attaccamento non del tutto amoroso che hanno avuto verso il defunto.
    Il secondo gruppo mi ha fatto pensare al famoso romanzo di Agata Christie, “Assassinio sull’Oriente Express”, dove, come si disvela alla fine, gli assassini erano tutti e 12 gli ospiti della prima classe del treno, che avevano inferto alla odiata vittima, una pugnalata ciascuno.
    Quasi tutti i presenti delle Alte Cariche dello Stato hanno pugnalato Berlusconi, alle spalle, ognuno per proprio conto, ognuno a modo suo, ognuno in momenti diversi. Eppure erano lì, eleganti, tanto impettiti, quanto impassibili. Questo l’interno della Cattedrale.
    Ma, come sempre, la vita, la vera vita è fuori.
  • Fuori dal Duomo
    Il vero stupore, il pathos e la commozione le si sono vissute in piazza.
    La scoperta davvero straordinaria è stata quella di constatare che Silvio Berlusconi ha saputo compiere ciò che per tutti noi, oggi, sembra impossibile: coinvolgere i giovani !
    La piazza era occupata per ben oltre la metà da giovani e giovanissimi !! Non vale la facile obiezione del trascinamento sportivo, perchè anche affascinare i giovani, in modo così travolgente, per meriti sportivi, non è affatto scontato. Affatto. Vi erano bandiere e striscioni non solo delle tifoserie del Milan e del Monza, ma di molti altri sport ed i giovani esibivano, non solo i colori delle loro squadre, ma anche immagini e foto di Berlusconi.
    I loro applausi scroscianti, gli inni, i canti facevano accapponare la pelle “Sei il Presidente, sei solo il Presidente… ” oppure “Sei uno di noi, Silvio sei uno di noi…”.
    L’altra sorpresa sono stati gli stranieri. Non tutti erano turisti che si trovavano lì per caso.
    Ad un certo punto mi sono imbattuta in una giovane che si agitava vistosamente e si lamentava in francese verso un capannello di persone che le ostruiva il passo. Poiché sembrava davvero concitata, le ho chiesto se le fosse successo qualcosa. Mi ha risposto che aveva fretta di andare in piazza Duomo, perché doveva assistere ai funerali. Mi ha quasi gridato che era venuta apposta da Parigi, per essere presente al funerale di Berlusconi, figura da lei amata da sempre…

Tutto questo ci mostra una strada. Finto, falso e fasullo tutto ciò che era rappresentato all’interno del Duomo. Una grande sfida e una imperdibile opportunità ci è apparsa fuori. Abbiamo l’occasione di cogliere il messaggio. Possiamo ereditare il meglio che ha saputo insegnarci questo uomo, a sua volta oltremodo imperfetto e difettoso, ma senz’altro geniale e generoso. Cerchiamo di capire cosa ha attirato tutti quei giovani e giovanissimi al funerale di un personaggio altrettanto odiato ed inviso. Perchè erano lì, perchè le loro voci erano interrotte dalla commozione, perchè i loro occhi erano lucidi? Che cosa in Berlusconi li ha così tanto affascinati? Se ci riuscisse scoprire il segreto di questa alchimia, se ci riuscisse riprodurre un richiamo, una attrattiva simile, potremmo recuperare il mondo giovanile, grande assente nei nostri consessi. Potremmo restituire alla gioventù fiducia, ideali, speranza e gioia di vivere. Quella stessa gioia di vivere evocata, in modo superbo, nella straordinaria Omelia dell’Arcivescovo di Milano.

“Vivere. Vivere e amare la vita. Vivere e desiderare una vita piena. Vivere e desiderare che la vita sia buona, bella per sé e per le persone care. Vivere e intendere la vita come una occasione per mettere a frutto i talenti ricevuti. Vivere e accettare le sfide della vita. Vivere e attraversare i momenti difficili della vita. Vivere e resistere e non lasciarsi abbattere dalle sconfitte e credere che c’è sempre una speranza di vittoria, di riscatto, di vita. Vivere e desiderare una vita che non finisce e avere coraggio e avere fiducia e credere che ci sia sempre una via d’uscita anche dalla valle più oscura. Vivere e non sottrarsi alle sfide, ai contrasti, agli insulti, alle critiche, e continuare a sorridere, a sfidare, a contrastare, a ridere degli insulti. Vivere e sentire le forze esaurirsi, vivere e soffrire il declino e continuare a sorridere, a provare, a tentare una via per vivere ancora”.

Ecco questa Omelia potrebbe costituire la nostra nuova Carta Costituente.
Se riuscissimo a trasmettere questo amore per la vita, questo coraggio di affrontare le sfide,
salvaremmo i giovani, salveremmo il futuro e salveremmo l’Italia.
Non credo che sia un caso che fare il tifo per l’Italia, oltre ad essere il motivo dominante di
tutta l’azione di Silvio Berlusconi, lo sia anche della Casa della Civiltà.

Firenze,15.06.2023 Stefania Celenza

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