ELIO CABIB: “Oggi è Yom Kippur, il giorno del digiuno e del pentimento ebraico”

Da ieri sera al tramonto è iniziato Yom Kippur che si concluderà questa sera al tramonto. Siamo nel giorno 10 del mese di Tishrì, iniziato col capodanno (Rosh Hashanà), dell’anno 5784 dalla Creazione. Questo giorno è il culmine di un percorso iniziato col mese di Elul, l’ultimo mese dell’anno precedente.

La Torah comanda riguardo questo giorno: “Te’anù et nafshotechèm”, cioè umilierete, opprimerete la vostra anima. Nell’ebraismo nefesh o neshamà, stesso termine del soffio vitale che H’ soffiò nelle narici di Adam, stessa radice del verbo respirare, significa sia anima, sia persona fisica, quindi ha anche un significato concreto, legato strettamente alla vita terrena.
I Maestri hanno interpretato questo comandamento come digiunerete. Per cui Yom Kippur è un giorno di digiuno assoluto di 25 ore, dall’inizio del tramonto alla fine del tramonto. Non si può mettere in bocca nulla, né una briciola di cibo solido, né una goccia d’acqua.
I bambini, si intende fino a 13 anni, sono ovviamente esentati, sebbene verso i 12 è compito dei genitori stimolarli a seguire gradualmente questa regola, per esempio facendogli saltare la colazione e ritardare un po’ il pranzo. Sono esentati tutti coloro che hanno problemi di salute, persone fragili, donne che allattano, malati o anziani che hanno bisogno di nutrirsi. Sta ad ognuno in coscienza regolarsi come meglio ritiene per salvaguardare la propria salute, interrompendo il digiuno per esempio o neanche iniziarlo, perché la salute è col valore della vita la cosa più importante in assoluto.

Col mese di Elul ognuno deve iniziare a fare un bilancio su come ha trascorso l’anno, come si è comportato nei confronti del prossimo, se ha commesso danni o torti, materiali o morali, deve ripagarli e chiedere il perdono della persona danneggiata, la quale può concederlo come no, ma la speranza è che lo conceda. Ognuno deve fare un esame di coscienza sulle eventuali trasgressioni commesse nei confronti della Torah, sulle promesse non mantenute, con se stesso e con gli altri, anche promesse pronunciate in modo involontario, sui torti nei confronti dei precetti della Torah che riguardano i rapporti sia coi propri simili sia con H’.
Al momento del Capodanno già si abbonda in preghiere collettive, la riconciliazione col prossimo è tangibile, tutti insieme ci si ritrova nelle sinagoghe dove si prega, si canta, si ascolta il suono dello shofar (prodotto soffiando dentro un corno di montone) che ha la funzione di richiamare il popolo al pentimento e a riavvicinarsi alla Torah.
Rosh Hashanah è quindi un momento fondamentale di questo periodo. Nel giorno di Kippur si suppone che H’ come un pastore tasta tutti i membri del popolo ebraico che gli passano davanti come un gregge e li giudica uno per uno. Nessuno ne conosce il verdetto, ma dopo aver passato i 40 giorni nello sforzo sincero di tornare a percorrere il sentiero della Torah, e aver ricordato a Dio tante volte in questo periodo anche i nostri meriti, i meriti dei nostri genitori e dei nostri nonni, si suppone che anch’essi possano contare qualcosa nel compensare le colpe commesse, per cui ognuno si immagina che in questo “giorno terribile” (il giorno in cui si viene giudicati) la benevolenza divina prevarrà perché Dio usa la misericordia mentre giudica.
Verso la fine di Yom Kippur, con l’avvicinarsi del tramonto, si chiudono le porte del Cielo e tra i fedeli comincia a prevalere il sentimento di ottimismo, con la speranza che la misericordia divina abbia prevalso e di poter continuare a vivere pienamente in salute e serenità. Ma anche con le porte del Cielo chiuse il tempo del pentimento non si interrompe mai, Dio concede sempre una seconda possibilità.

L’augurio che gli ebrei si scambiano in prossimità di Yom Kippur è essere scritti nel Libro della Vita. E questo è l’augurio che faccio anch’io a tutti voi carissimi amici di questa bella Casa della Civiltà, che possiate essere iscritti con le vostre famiglie e i vostri cari nel Libro della Vita.

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