C’è una bestia che si aggira in Occidente e corrode i popoli, gli individui e gli Stati. Diffonde il male anche se agisce nel nome del bene, agita i valori dell’Occidente ma poi li usa per decomporlo. Il suo brodo di coltura è il liberalismo liberista, ma in tema di diritti civili è progressista e radicale.
Come chiamarlo? Sovranismo individualista. A usare questa espressione sono due intellettuali agli antipodi: uno, recentemente scomparso, era un comunista, Mario Tronti, e dunque la sua critica è comprensibile, se non prevedibile. Ma a denunciare l’avvento del sovranismo individualista è un liberale doc, Massimo De Angelis, che ha curato un libro di autori vari sul tema I nodi dell’Occidente che nel suo sottotitolo richiama il “sovranismo individuale”. Il libro, uscito in questi giorni da un piccolo editore, Belforte, raccoglie riflessioni di vari intellettuali di estrazione liberale, conservatrice o decisamente progressista: da Beppe Vacca a Sergio Belardinelli, da Eugenio Mazzarella a Raimondo Cubeddu e Vittorio Possenti. Il filo comune è la critica di questa involuzione della libertà ad occidente, questo individualismo proteso ad affermare la sua sovranità assoluta. E’ un liberalismo ibridato con la volontà di potenza, con la pretesa non solo di autodeterminare la propria vita ma anche di autocrearla e disporne in assoluto, anche grazie all’uso spregiudicato della tecnoscienza. Segna il passaggio dalla società liberale alla società nichilista, tramite il relativismo e il soggettivismo assoluto. Una deriva illiberale che perfino Francis Fukuyama, il famoso autore della Fine della storia e l’ultimo uomo, ha colto in un saggio sul futuro postumano che si profila.
L’uomo del domani è decisamente illiberale, annunciava già anni fa Romano Guardini, filosofo e sacerdote italo-tedesco. E a questa mutazione concorrono vari fattori: dalle manipolazioni genetiche agli abusi dell’intelligenza artificiale, dalla cancel culture all’ideologia gender, dall’intolleranza e la gogna per chi dissente al turbocapitalismo senza limiti che si sta mangiando la democrazia. Un mostro particolare, con il corpo liberista e la testa progressista. Alla fine resta l’individuo assoluto, un soggettivismo estremo che si è liberato dalla verità e da ogni legame comunitario e afferma la sua volontà di potenza e l’imperativo assoluto dei suoi desideri: io sono ciò che voglio essere. Questa è oggi l’ideologia occidentale.
E’ curioso notare la piega individualista che ha assunto il sovranismo, che fino a ieri annunciava l’insorgere di un populismo nazionale, sociale, identitario. Gli ismi sono alla fine la degenerazione di principi positivi: la sovranità degrada in sovranismo, il progresso in progressismo, l’Occidente in occidentalismo; e la libertà in liberal-liberismo. Questa ideologia si sta mangiando la civiltà, la storia, la tradizione, la natura, le comunità e la politica.
Caliamo questa diagnosi nella realtà dei nostri giorni. Il G20 di qualche giorno fa in India ha sancito la fine dell’identificazione tra occidente e globalizzazione e del ruolo degli Stati Uniti come arbitro supremo del pianeta. L’Occidente non è più la locomotiva del mondo, non è l’asse di riferimento per i valori e non è più il modello unico per la modernizzazione. Ci sono altri mondi in espansione tecnologica, economica, demografica, culturale. Ognuno di questi ha un peso che da solo pareggia quello occidentale. Immaginateli tutti insieme, come si va configurando in quella specie di club planetario denominato in origine BRICS, dalle iniziali dei cinque soci fondatori (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica) e che oggi va accorpando larga parte dell’islam, dell’Africa, di altri paesi cospicui sparsi nel mondo. La ridotta dell’euroatlantismo è il g7 dove gli Stati Uniti e il Canada, alcuni paesi importanti dell’Europa e il Giappone, unica potenza non occidentale, raccolgono il nord benestante del pianeta rispetto all’infinito sud che cresce su tutti i fronti.
Non va da nessuna parte l’Occidente separato dalla sua civiltà, in fuga dalla sua storia e dalle sue tradizioni civili e religiose, dalla sua cultura, in conflitto con la natura. Viene superato anche negli ambiti in cui esercitava il predominio a livello mondiale: la tecnologia e la scienza, il mercato e l’economia. Restano i diritti civili e umani, una vaga ideologia universalista scaduta in catechismo woke, in precettistica lgbtq+ e in un grottesco razzismo, insensato per mille ragioni ma a partire dalla prima: la preminenza etnica nel mondo non è più quella euro-nord occidentale.
Ma soprattutto, come può sopravvivere l’Occidente se la sua fede è nell’assoluto soggettivismo, nell’individualismo che si reputa superiore a ogni cosa, valore, legame? Quanto può ancora durare una società che ha il culto dell’io, dei propri interessi e dei propri desideri, e a questo subordina tutto il resto e non è disposto ad alcun sacrificio? Cosa può dare più al mondo una visione incentrata su se stessi e sui propri interessi, separata da ogni altra preoccupazione, relazione e valore?
E’ necessario a questo punto oltrepassare la categoria svuotata e fittizia di occidente, ragionare di realtà più concrete, assetti geopolitici più urgenti, risalire alle fonti dell’Occidente: le sue radici greche, romane e cristiane, le sue matrici comuni europee e mediterranee, la sua storia, la sua arte e il suo pensiero e anche le sue vive identità nazionali, tradizionali e locali. L’occidente pretendeva di unificare il mondo; ora ci tocca combattere contro l’uniformità, senza cadere nell’individualismo sovrano.
(Panorama, n.40)
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