LA POESIA DI GIORGIO BONGIORNO: “Cascine”

Quando vado in campagna e vedo il sole e il verde e la fioritura di ogni cosa, mi dico “Sì, tutto questo appartiene a me!”
(Henri Rousseau)

Si specchiano ancora nella risaia
Quei vecchi casali
Abbandonati
Tutti uguali
Sprigiona sempre dai muri
Ormai sbrecciati
E dalle vecchie tegole del tetto
Il profilo di gente antica
Evapora nell’afa del meriggio
La fatica dei contadini di un tempo
Emerge
Il senso di tutte quelle vite
Semplici
Sepolte poco distante
Colorate di nobile e severa umiltà
Paiono aleggiare sulle pareti del camposanto
Disegnate da un artista divino
La luce del giorno è la stessa
Indifferente testimone
Di quelle vicende
Tutte uguali
Fantasmi
Svolazzanti
Anime alla rinfusa
Seminate
Su quei campi che allora
Parevano eterni ed immortali
I cespugli rinverdiscono ad ogni primavera
E forse intorno al meriggio
Ancora gli stessi intensi profumi
Di quelle sere lontane
C’è ancora nell’aria
L‘orma di quelle esistenze
La cantilena di quelle novelle
La melodia di quei canti mesti e gioiosi
L’invocazione di quelle preghiere
La nostalgia della casa
Delle mondine
L’atmosfera magica e irripetibile delle aie in festa
Gli inchini e i segni della croce
Delle soste dal lavoro
All’oratorio della campagna
Tanti dei valori di quel tempo
Che ci sono rimasti nell’anima
Si sente intorno ad un’eco remota
Il richiamo delle campane del vespro
Sembra si debbano ancora respirare quei profumi di incenso
Vivere quelle storie
Che si raccontavano le mondine nella barchessa
Accompagnare il ritorno della sera
A quei canti sommessi
Al senso di quei valori
E a quei silenzi
Intrecciati di malinconia
Di fatica e di gioia
Di riempire il mondo di quelle sensazioni
Fra i cespugli della brughiera baraggia
E lo scorcio del borgo paesano
Sentinella onnipresente sula linea dell’orizzonte
Si manifestano quindi
Anche nell’abbandono
E sembrano attuali
Gli stessi spartiti di allora
Le stesse note
Gli stessi visi
Le stesse passioni
Lo stesso slancio della campagna
Gli stessi desideri
Un pensiero intenso alla famiglia
Ai giochi dei bambini
Qualche lacrima
Poi cominciavano ad accendersi i lumi del borgo
E a brillare le lanterne per le strade
Proprio insieme alla luna ardente nell’ombra della sera
E lentamente in compagnia di tutte le altre stelle
Scolpite
Come nel presepio della parrocchia
Il profumo di quei ricordi e
Un messaggio luminoso di umana speranza
Tremante come una fiaccola
Accarezzata dalla brezza
Nel cielo terso della piana

Che cos’è questa valle per una famiglia che venga dal mare, che non sappia niente della luna e dei falò? Bisogna averci fatto le ossa, averla nelle ossa come il vino e la polenta, allora la conosci senza bisogno di parlarne.
(Cesare Pavese)

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