L’arte non riproduce ciò che è visibile, ma rende visibile ciò che non sempre lo è.
(Paul Klee)
Una fisarmonica
In quest’isola di luce
Nostalgia di nuvole di ricordi
Qualche nota di fronte al mare
Qualche lamento
Accompagnato dalla risacca
Sugli scogli umidi della riva
Un po’ come pensieri che ritornano
Insistenti
A ricordarti quei passi
Quei profumi
Quei rumori
Quelle parole
Una volta giravano
A rallegrare le feste dei palazzi
E ancora si sente
In quella voce antica
Nella mesta intonazione dei loro canti
Quel soffio di lieve ironia
Quella sottile vena di malinconia
Ereditata nei secoli
Il sole intanto prossimo al tramonto
Accompagna poco sopra all’orizzonte
Le chimere
I sogni
I desideri
Della gente di strada
E dipinge nel cielo
I vivaci colori
Delle ultime melodie della giornata
Ama l’arte; fra tutte le menzogne è ancora quella che mente di meno.
(Gustave Flaubert)
Foto di copertina: Ettore Canuti, “Gente di strada” (Ortigia-Siracusa)
Questa rubrica “Sciaveri di tregua” desidera istituzionalizzare la registrazione costante dei pochi ma intensi momenti di riflessione che mi vengono suggeriti in tempo reale in parte dall’osservazione e dalla traduzione poetica di immagini particolari con cui la realtà si manifesta e in parte dalla immancabile dose di esperienza specifica che l’età matura può aggiungere a questa attenta osservazione.
È abbastanza incredibile quanto sia in questo contesto assai prezioso, soprattutto dal punto di vista spirituale, l’affinamento che a questa osservazione si affianca nell’intento di popolare di piccole ma vitali suggestioni le esigue pause spirituali che, con forzata parsimonia, la realtà odierna nella sua corsa ci riserva.
Ho riscoperto il prezioso quanto dimenticato lemma “sciàveri ” per dare un nome a questi momenti, a queste osservazioni e a questi intensi ritagli di esistenza , definendo il termine “tregua” , dal sapore combattivo e guerresco, proprio per stigmatizzare la sconcertante sofferenza del corpo e dello spirito in questa quotidiana “tenzone” che tutti dobbiamo affrontare nel contesto della convivenza sociale e nel caos di questa corsa ad ostacoli , densa di episodi di “fatica” in un mondo in cui la realtà presenta fenomeni di effettive sfide temporali e fisiche oltre a un continuo sopravvenire di istanze etiche e spirituali, materia di problematiche irrisolte, nonché di dubbi esistenziali di non poco conto.
“Sciàveri di tregua” è quindi nato con l’ambizione di rappresentare un convinto, coerente e sentito invito a una sosta ferace dello spirito, intesa a lasciare a ciascuno la possibilità di riflettere intorno ai valori propri e intimi dell’esistenza , fatto non sempre concesso dalla realtà “accelerata” e nello stesso tempo “aumentata” dei nostri giorni.
Attraverso pensieri tradotti in sequenze armoniche di parole , qualche volta attraverso ritmi melodici ed onomatopeici in cui si mescolano elementi naturali primordiali e sottili rumori di sentimenti umani , ho cercato di incontrare opere di amici noti o sconosciuti e di invocare il loro aiuto, la loro complicità , per indugiare su qualche immagine di questa turbinosa avventura del vivere gli anni del terzo millennio, in una gara senza pause, senza respiro e “apparentemente” senza alcun segno di pietà per chi rimane relegato a una vana attesa sul ciglio spesso tristemente disadorno e inospitale della strada.
Da artigiano della parola ho scambiato impressioni con solerti artigiani del suono, dei colori e dell’immagine (pittori, scultori , musicisti e fotografi) per scoprire quegli stimoli creativi condivisi che facilitano una risposta corale a una serie di interrogativi comuni alle varie “discipline artistiche”, cioè comuni all’interpretazione della realtà”.
Qualche volta ci siamo insieme domandati dove si voglia arrivare attraverso questa amabile scorciatoia con cui si tende a volere a tutti i costi eliminare le tregue, accelerare la corsa, bruciare tutte le tappe, comprese quelle più solenni e rituali come gli archetipi più sacri e celebrati dalla tradizione della vita e della morte. Qualche altra ci siamo soffermati sui valori tradizionali della nostra esistenza con attenzione e scrupolosa smania di descrivere i colori della realtà com’è o come vorremmo che venisse percepita attraverso il filtro della nostra mediazione spirituale, artistica ed umana.
Siamo sempre poi finiti in una sorta di vicolo cieco, quello del mistero attorno al quale si dipana la vita, dove abbastanza facilmente si entra ma spesso meno facilmente si riescono a riconoscere i valori più profondi che animano e sottendono l’enigma esistenziale .
E sempre, come ad un appuntamento significativo di una importante cerimonia celebrativa, ci siamo ritrovati con le medesime domande e con le più svariate quanto spesso insufficienti e deludenti risposte.
Risposte che solo l’armonia della creazione insieme a tutti i misteri noti o ancora ignoti possono utilmente significare.
Complimenti Giorgio per questa poesia che mi rimanda a bellissimi ricordi personali.
Grazie
Grazie di questa tua danza del sentire profondo e del pieno vivere.
Giorgio, una bellissima immagine. Leggendo la tua poesia mi ricordo le passeggiate lungo la via al Duomo di Parma dove al crocevia proprio una fisarmonica fa rivivere queste sensazioni.
Sono quelle immagini che colorano la nostra esistenza e quei suoni che illustrano la realtà delle nostre giornate al di sopra dell’inquinamento acustico che mortifica le nostre metropoli…questi menestrelli poi aiutano con poche note a riconciliarci con gli insulti che ci umiliano in questa triste deriva valoriale. I ritornelli della fisarmonica poi ci regalano quel frammento di divina speranza necessario come non mai al risveglio che tutti auspichiamo dall’umiliante torpore della grigia quotidianità…