Il Fatto Quotidiano, 6 settembre 2022 – «Penso che dal vertice europeo arriverà un’aspirina, che va bene per il raffreddore ma non basta se hai la broncopolmonite. Quello che davvero servirebbe è un intervento sul mercato Ttf di Amsterdam: quando c’è un eccesso di rialzo le contrattazioni dei future sul gas andrebbero sospese, come avviene per i titoli su tutte le Borse. Ma non si farà perché l’Olanda guadagna da questa sitruazione». Giovanni Battista Zorzoli, Presidente dell’Associazione italiana degli economisti dell’energia, ex nuclearista convertito alle rinnovabili, è convinto che la soluzione alla crisi che sta travolgendo industria e famiglie europee possa venire solo dalle Ue. Ma allo stesso tempo è decisamente pessimista sull’esito della riunione straordinaria dei ministri dell’Energia in calendario per venerdì.
Più cauto Luigi Paganetto, professore emerito all’università di Tor Vergata dove guida la Fondazione Economia e tra il resto ex presidente dell’Enea e vicepresidente di Cdp, che «auspica» un accordo tra i 27 sulla proposta di acquisti comuni. I due esperti concordano su una cosa: il tetto al prezzo del gas russo, che molti indicano come una panacea, non risolverebbe il problema.
«Serve tetto ai rialzi sul Ttf. Ma l’Olanda si opporrà. Tutta la Ue ha ridotto di molto gli acquisti di gas russo. Fissare un cap solo per quel venditore significherebbe quindi scatenare una reazione potenzialmente pericolosa senza scalfire i costi a carico di imprese e famiglie, perché per le quantità importate dall’Algeria e dagli altri fornitori i prezzi resterebbero invariati», ragiona Zorzoli. «L’unica possibilità, come sostengo da tempo, è mettere un tetto alle negoziazioni sul mercato di Amsterdam su cui quei prezzi si formano. Il Ttf è un mercato speculativo e poco liquido, con contrattazioni per soli 1-2 miliardi al giorno e pochi operatori, e dà il prezzo a tutto il gas trattato a livello Ue. Bisognerebbe prevedere un limite di rialzo oltre il quale le contrattazioni si fermano».
Perché non si fa? «Non lo vuole l’Olanda, che produce ed esporta gas e ci guadagna. Mentre le bilance dei pagamenti di Italia, Francia e Germania vanno in negativo, il che a sua volta contribuisce al deprezzamento dell’euro rispetto al dollaro: un circolo vizioso». Che sta già avendo come esito il fermo delle prime aziende energivore in giro per l’Europa, con conseguenze sociali pesantissime per non parlare dell’impatto sulla competitività del Vecchio continente. «Se si intervenisse sul Ttf l’effetto sui prezzi si vedrebbe rapidamente e a quel punto il costo degli aiuti per le categorie più colpite dai rincari scenderebbe», continua l’ingegnere. «Sarebbe più facile varare un piano di sostegno europeo che consenta anche ai Paesi più indebitati di intervenire».
«I Paesi Ue facciano valere il loro potere di compratori» – Paganetto è d’accordo nella bocciatura del price cap: «Potrebbe scatenare una rappresaglia», come del resto ammette esplicitamente la stessa Commissione nel non paper che finirà sul tavolo dei ministri. Ma anche agire sul Ttf – «certo è un mercato stretto con pochi acquirenti che finiscono per fare il prezzo per tutti» – non gli sembra risolutivo. Quindi che fare? Mosca, osserva, continua a tirare la corda – venerdì ha annunciato lo stop «a tempo indeterminato» delle forniture via Nord Stream 1 – ma ha tutto l’interesse a continuare a vendere gas alla Ue seppure in quantità molto ridotta rispetto a prima della guerra. «Mi sembra allora preferibile la proposta che prevede la creazione di una sorta di “gruppo di acquisto” del gas che negozi quantità e prezzi. In questo modo i Paesi Ue farebbero valere il loro monopolio come compratori, garantito dal fatto che non esistono in questo momento gasdotti in grado di portare grandi quantità di metano russo in altre aree. La Ue, nata con la Ceca e l’Euratom, deve tornare ad avere un mercato unico dell’energia». Questo vorrebbe dire però che i grandi importatori nazionali, come l’Eni, dovrebbero accettare di comprare alle condizioni fissate a livello centrale, un esito tutt’altro che scontato.
«L’Italia proponga in Ue la vendita di energia da rinnovabili a prezzi calmierati» – L’altra proposta che sarà esaminata a Bruxelles è il cosiddetto “decoupling”, cioè la separazione tra prezzo del gas e prezzo dell’elettricità prodotta da altre fonti con costi minori. «Fare un mercato separato per le rinnovabili sarebbe disastroso. Altra cosa», spiega Zorzoli, «è mettere in campo qualcosa di simile a quanto in Italia è già previsto dal decreto Bollette: far comprare al Gse una certa quantità di energia da rinnovabili che viene poi rivenduta a prezzi bassi. E il differenziale rispetto al prezzo di mercato può essere usato per andare in soccorso dei settori e dei consumatori in difficoltà. Basterebbe che, vista l’emergenza, quella che è prevista come un’opzione fosse resa obbligatoria. Sarebbe una buona proposta da portare in Ue il 9 settembre». Il Ministero della Transizione ecologica guidato da Roberto Cingolani, però, deve ancora scrivere il decreto attuativo…. «Queste decisioni dovrebbe prenderle qualcuno al di sopra del Mite, altrimenti credo che non verranno prese. A meno che dopo il 25 settembre non arrivi una nomina più “robusta”.»
L’attuale titolare non ha fatto abbastanza? «Sono state fatte molte cose, ma sono tutte pezze messe lì per evitare il peggio. Non che i precedenti governi di legislatura abbiano fatto molto meglio. Certo in una prima fase sembrava che il problema dell’energia fosse marginale. Questo non è stato un errore solo italiano: tutta Europa ha dimenticato il peso della geopolitica. I rischi della dipendenza dalle forniture russe erano ben noti». Quanto allo sviluppo delle rinnovabili, «sono stati fatti provvedimenti che non hanno risolto i problemi. Si sarebbe potuto nominare un commissario, come il governo può fare in caso di ritardi sulle opere del Pnrr. La proposta è stata discussa, poi si è deciso di non procedere».
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