Amici
È tempo di commiati
In questo giorno di luce
Mentre per divina magia
Si avvicina il miracolo del tramonto
E sento la morte bussare adagio alla mia porta
Lascio il generoso soffio della mia follia
Ai tanti saggi incontrati
Compagni che irrisero le avventure di Alonso Chisciano
Umile e prode cavaliere della Mancia
Dedico il mio pentimento e tutta la mia ingenuità
Agli amici che mi aiutarono a vivere
Lascio la mia facoltà a mia nipote Antonia
Perché si accompagni ad un uomo del quale si sappia per certo che non abbia letto mai libri di cavalleria
Supplico quindi i miei esecutori testamentari che se la buona sorte facesse loro conoscere l’autore
Il quale si dice che abbia scritta l’istoria che corre impressa col titolo di Seconda parte delle prodezze di don Chisciotte della Mancia
Gli domandino perdono
Con ogni affetto possibile per l’occasione che io gli ho data
Senza volerlo
Di scrivere quei tanti e sì grossi spropositi
Che in essa si leggono perché io mi distacco da questa vita
Con lo scrupolo di avergliene dato motivo
Lascio all’audace sogno di Dulcinea
All’incanto della sua bellezza
Alle sue tenere carezze
Alle illusioni che le procurai
Tutti i sospiri di cui la mia anima è capace
E l’amore nobile di un cavaliere quale sono
E sarò
per l’eterno viaggio verso il cielo dei giusti
Lascio a Sancho
Mio valente e fedele scudiero
Il sigillo della sua sottomissione
Perché doni ad altro immortale signore
La sacra sua umana fedeltà
Io invece lascio voi e il vitale convivio
Con la segreta speranza e con l’aperto desiderio
Che la vittoria sulla morte sia come nei tanti duelli
Di questa esistenza errabonda
Trarrò le lance nella rastrelliera
Vestirò l’antico scudo
E l’elmo di Mambrino
Chiamerò il mio scudiere
E il mio ossuto ronzino
Armato
Contro i soprusi e le prepotenze
Del mondo
Finché un rivolo di sangue
Scorrerà nelle mie vene
E l’eco della preghiera devota
Si perderà tra i boschi della Sierra
Sarà infatti l’ultimo e solenne
Sfrenato galoppo
Contro i giganti del vento
Eterni
Inviolabili nemici
Di questa santa terra
Tuttavia, ti faccio osservare, fratel mio Panza – replicò don Chisciotte – che non c’è ricordo cui il tempo non cancelli, né dolore a cui la morte non metta fine.
(Michele Cervantes)
Per un uomo che si impegna ad essere fedele a sé stesso, il pericolo più grande consiste nel mettere in discussione la propria meta accettando la realtà degli altri. Ma ad un certo punto, la totale dedizione a un sogno può trasformare una persona in un essere che per gli altri è soltanto folle.
Gustave Flaubert scrive su Don Chisciotte: “quello che è prodigioso nel Don Chisciotte è la totale mancanza di artificio e la continua fusione di illusione e realtà, che ne fanno un libro così comico e così poetico”.
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Foto di copertina: “Don Chisciotte “
Questa rubrica “Sciaveri di tregua” desidera istituzionalizzare la registrazione costante dei pochi ma intensi momenti di riflessione che mi vengono suggeriti in tempo reale in parte dall’osservazione e dalla traduzione poetica di immagini particolari con cui la realtà si manifesta e in parte dalla immancabile dose di esperienza specifica che l’età matura può aggiungere a questa attenta osservazione.
È abbastanza incredibile quanto sia in questo contesto assai prezioso, soprattutto dal punto di vista spirituale, l’affinamento che a questa osservazione si affianca nell’intento di popolare di piccole ma vitali suggestioni le esigue pause spirituali che, con forzata parsimonia, la realtà odierna nella sua corsa ci riserva.
Ho riscoperto il prezioso quanto dimenticato lemma “sciàveri ” per dare un nome a questi momenti, a queste osservazioni e a questi intensi ritagli di esistenza , definendo il termine “tregua” , dal sapore combattivo e guerresco, proprio per stigmatizzare la sconcertante sofferenza del corpo e dello spirito in questa quotidiana “tenzone” che tutti dobbiamo affrontare nel contesto della convivenza sociale e nel caos di questa corsa ad ostacoli , densa di episodi di “fatica” in un mondo in cui la realtà presenta fenomeni di effettive sfide temporali e fisiche oltre a un continuo sopravvenire di istanze etiche e spirituali, materia di problematiche irrisolte, nonché di dubbi esistenziali di non poco conto.
“Sciàveri di tregua” è quindi nato con l’ambizione di rappresentare un convinto, coerente e sentito invito a una sosta ferace dello spirito, intesa a lasciare a ciascuno la possibilità di riflettere intorno ai valori propri e intimi dell’esistenza , fatto non sempre concesso dalla realtà “accelerata” e nello stesso tempo “aumentata” dei nostri giorni.
Attraverso pensieri tradotti in sequenze armoniche di parole , qualche volta attraverso ritmi melodici ed onomatopeici in cui si mescolano elementi naturali primordiali e sottili rumori di sentimenti umani , ho cercato di incontrare opere di amici noti o sconosciuti e di invocare il loro aiuto, la loro complicità , per indugiare su qualche immagine di questa turbinosa avventura del vivere gli anni del terzo millennio, in una gara senza pause, senza respiro e “apparentemente” senza alcun segno di pietà per chi rimane relegato a una vana attesa sul ciglio spesso tristemente disadorno e inospitale della strada.
Da artigiano della parola ho scambiato impressioni con solerti artigiani del suono, dei colori e dell’immagine (pittori, scultori , musicisti e fotografi) per scoprire quegli stimoli creativi condivisi che facilitano una risposta corale a una serie di interrogativi comuni alle varie “discipline artistiche”, cioè comuni all’interpretazione della realtà”.
Qualche volta ci siamo insieme domandati dove si voglia arrivare attraverso questa amabile scorciatoia con cui si tende a volere a tutti i costi eliminare le tregue, accelerare la corsa, bruciare tutte le tappe, comprese quelle più solenni e rituali come gli archetipi più sacri e celebrati dalla tradizione della vita e della morte. Qualche altra ci siamo soffermati sui valori tradizionali della nostra esistenza con attenzione e scrupolosa smania di descrivere i colori della realtà com’è o come vorremmo che venisse percepita attraverso il filtro della nostra mediazione spirituale, artistica ed umana.