DAVIDE MARIA ROSARIO FICARRA: ” Il potere delle donne nei Promessi Sposi”

I promessi sposi è sempre stato percepito come un testo da proporre in chiave educativa e destinato alla fruizione da parte dei ragazzi. Le sue innegabili finalità pedagogiche ne hanno però spesso condizionato la ricezione limitandone le chiavi di accesso e la lettura interpretativa ed hanno rappresentato la sua rovina. La stessa espressione “promessi sposi” è oggi totalmente fuori dall’uso comune: l’attualità politica, sociale e culturale ci presenta un quadro sconcertante per ciò che riguarda le dinamiche relative ai rapporti di coppia e alle questioni legate alla gestione dei matrimoni. Manzoni è stato presentato, a scuola specialmente, come fosse un parroco di campagna e non come un intellettuale vissuto a Parigi dove fu in contatto con i più grandi letterati dell’epoca. Sotto molti punti di vista è decisamente il caso di sottrarre Manzoni al manzonismo per renderlo attuale.

 Il procedimento narrativo de I promessi sposi segue lo schema dell’incontro o del faccia a faccia tra i personaggi. Questo modulo non è una scelta casuale: esso riflette l’esperienza teatrale dell’autore, permettendo di sottolineare quanto essa sia stata pregnante e formativa. Shakespeare ha rappresentato un imprescindibile punto di riferimento per Manzoni. Ma non si tratta solo di una tecnica. Si riconosce, alla base di questa scelta, una visione stessa del mondo, dualistica e agonistica, improntata sullo scontro tra il bene e il male che si fronteggiano. Quella dell’incontro è la forma che il contenuto drammatico dell’opera assume, giocata sull’opposizione di due entità antitetiche.

Tutto il romanzo si presenta come un susseguirsi di incontri. Il primo incontro, all’inizio, è quello tra Don Abbondo e i bravi. In esso è evidenziabile il rapporto di forza tra gli interlocutori e il condizionamento del potere che agisce come variabile tra le due parti, mettendo Don Abbondio in un’evidente condizione di subordinazione e di inferiorità. Gli incontri tra i personaggi saranno tutti inquadrabili sotto quest’ottica, strutturati sotto forma di scontro e condizionati dai rapporti di forza e di potere.

Persino i rapporti tra i due sessi, nei Promessi sposi, devono essere inquadrati in senso contrastivo, secondo giochi di potere che li condizionano. Manzoni giunge a scoprire la rilevanza di questa componente come determinante nelle relazioni tra genere maschile e genere femminile anche attraverso alcune fonti che costituiscono parte della sua formazione intellettuale, propedeutica alla stesura del romanzo, sulle quali per anni si è steso il silenzio. Determinante, per esempio, è stato il fatto che Manzoni leggesse De Sade, le cui opere rappresentano una fonte importante per spiegare le dinamiche dei rapporti umani tra i personaggi dei Promessi sposi.

Il romanzo gotico e il romanzo libertino presentano come tema centrale quello sessuale, ricorrendo frequentemente all’espediente narrativo del rapimento di una vergine a scopo di libidine. Nei Promessi sposi spesso compare il riferimento all’atteggiamento di oppressione operato dall’uomo nei confronti della donna, specialmente nella variante secondo la quale si relazionano un maschio anziano e una femmina giovane, inquadrati come oppressore e vittima, dei quali il primo è nobile e la seconda plebea. Questa condizione di disparità viene ulteriormente complicata attraverso il riferimento all’opposizione tra vizio e virtù. Il personaggio di Justine in De Sade e il personaggio di Lucia in Manzoni rappresentano la virtù. Rispetto a De Sade, Manzoni approfondisce la psicologia dei suoi personaggi aggiungendo il senso di responsabilità, che in De Sade manca totalmente. I fatti della vicenda sono, nei Promessi sposi, il risultato di scelte ben precise compiute consapevolmente.

Pensiamo al rapimento di Lucia. Il modo in cui esso si configura è la risultante di una serie di decisioni che risultano determinanti. L’Innominato prende risolutamente una decisione dopo un’iniziale profonda incertezza. La questione della responsabilità morale come fattore condizionante delle vicende e quello della decisione a cui i personaggi giungono a seguito di un’elaborata e travagliata meditazione è un elemento nuovo, del tutto manzoniano. L’Innominato prova uno stato d’animo di forte turbamento. Ciò che lo rende incapace di risolvere il suo dilemma non è tanto il fatto che stia per commettere un nuovo crimine. Lo turba la consapevolezza che quello in questione si tratti di un crimine sessuale ai danni di una giovane. Da questa consapevolezza nasce il suo dramma. La notte di turbamento che trascorre gli fa rendere conto degli errori della sua vita e la questione sessuale fa esplodere in maniera definitiva la crisi.

La questione del rapporto tra i sessi è una tematica che Manzoni approfondisce nel corso del romanzo. L’Innominato e il Nibbio, capo dei bravi al servizio dell’Innominato, sono due personaggi con un pregiudizio che li condiziona alla base. Essi guardano alle donne dall’alto verso il basso, le considerano come femminucce che strillano, donnicciole che non valgono nulla. Sono loro i guerrieri abituati alle maniere forti. Il Nibbio però riferisce anche che Lucia si lamentava così tanto che, quasi quasi, era tentato di liberarla. Il Nibbio che si fa commuovere da una donnicciola?

La categoria del maschio è naturalmente associata alle qualità della forza e della determinazione. La femminilità, invece, richiama la caratteristica della delicatezza, nonché la propensione al pianto e alla fede religiosa.

Episodio significativo è quello che ha come protagonista la madre di Cecilia, bambina morta di peste, il cui corpo la madre non sopporta che venga trattato senza alcun rispetto, che venga lanciato di peso su un carro che trasporta anonimamente altri cadaveri, e allora la donna decide di pagare un monatto affinché dedichi alla figlia la giusta attenzione. Si tratta di un episodio che sottolinea un forte rispetto della dignità umana e che incarna una matura idea di civiltà. C’è una componente di forza nella delicatezza che fa anche di Lucia non un personaggio sprovveduto ma una guerriera, in grado di agire influenzando con autorità il comportamento di Renzo e anche quello di Agnese, sua madre.

La dimensione del femminile per Manzoni ha una notevole complessità. Lucia rappresenta ciò che costituisce uno dei due elementi che determinano il dramma interiore che alberga nell’animo dell’Innominato. Il contrasto tra il maschile e il femminile alimenta lo strisciante senso di colpa che l’Innominato comincia a sentire e che lo induce a compiere gesti altrimenti incomprensibili per un uomo come lui. A un certo punto l’Innominato manda una vecchia a far compagnia a Lucia e poi le fa arrivare da mangiare. Perché l’Innominato sente il bisogno di rassicurare una donnetta? Questa insolita delicatezza da cosa viene?

Tutto l’episodio è permeato dal timore dello stupro. La descrizione della scena è iconografica. Lucia è rannicchiata in un angolo con le gambe contro il petto e vuole la porta chiusa per proteggere la sua sessualità. Quando l’Innominato e Lucia vengono a contatto Lucia si getta ai suoi piedi e alza gli occhi al cielo. (Warburg, studioso dei topoi figurativi, sostiene che ci sono delle situazioni che fanno parte di una iconografia sacra che ha secoli di storia e che risale anche al paganesimo. La si chiama “patos formae”. Si tratta della forza della debolezza. Manzoni aveva studiato la forza della debolezza nel femminile). Si tratta di un potere fortissimo. Nelle Osservazioni sulla morale cattolica Manzoni scrive “La potenza divina arriva al suo fine attraverso la debolezza”. La debolezza diventa una forza. E Lucia questa lo sa. E lo sa per un sapere antico, antropologico, che è proprio di tutte le donne. La donna ha imparato come unica forma di difesa quella di far nascere, di instillare nel maschio il senso di colpa: io sono debole e tu ti approfitti della mia debolezza. Questa tecnica che Lucia attua consapevolmente rimproverando l’Innominato ha una grande efficacia.

Lucia si rivolge all’Innominato pronunciando parole che lo colpiscono, rimproverandolo. Si tratta di una Lucia guerriera. Il dialogo tra i due si configura come una vera e propria schermaglia. Prima questo duello è a netto vantaggio dell’Innominato ma poi piano piano Lucia si rende conto che la situazione può cambiare. L’espressione che pronuncia “Verrà un giorno…” è un modo per spaventare il suo avversario che rimane turbato, se ne va e trascorre una terribile notte tempestosa.  Lucia agisce con consapevolezza. Sa che deve farlo come unica possibilità che la sua cultura le dà per capovolgere il rapporto con l’Innominato. Nei Promessi sposi Lucia è il vero personaggio pienamente integro, consapevole, tutt’altro che ingenuo. La sua parte razionale e la sua parte emotiva coincidono.

 

Prima conclusione

Manzoni rinnova potentemente il topos della vergine rapita a scopo di libidine perché la vittima per la prima volta diventa protagonista, compete con l’aguzzino e muta l’oppressore. Nel romanzo gotico la donna non aveva questa coscienza cioè questa capacità di rovesciare una situazione. Il potere di Lucia è quello di demolire la forza del maschio provocando in lui una crisi di identità. La crisi di identità maschile si determina a partire da una femminilità che rivela una sua forza fatta di pazienza, di delicatezza, di mitezza e di civiltà. Il femminile costituisce non solo l’elemento di mediazione tra l’uomo e la divinità, ma rappresenta il vero elemento di congiunzione tra l’uomo e la civiltà.

 

Seconda conclusione

Qual è il potere di Lucia? Lucia mette in gioco la forza che è nel provocare la crisi di identità del maschio. Il Nibbio dice: non sono più un uomo. Anche don Rodrigo lo dice. È la crisi della identità maschile. È l’opposizione tra donnicciole e virilità che entra in crisi. La femminilità rivela una sua forza fatta di pazienza, di delicatezza, di mitezza e di civiltà. La madre di Cecilia confermerà queste doti. Come l’Innominato si accosta a Dio? Lo fa attraverso la mediazione del femminile. Che la femminilità sia mediazione tra l’uomo e il mondo è già in Foscolo. Ma qui la mediazione è molto più profonda. La donna è mediazione tra l’uomo e la civiltà. L’innominato trova Dio passando attraverso l’esperienza della femminilità di Lucia.

(da una conferenza di Romano Luperini)

8 commenti su “DAVIDE MARIA ROSARIO FICARRA: ” Il potere delle donne nei Promessi Sposi”

  1. Grazie caro Davide. Attraverso la tua personale analisi hai potuto concludere quanto alcuni messaggi storici della nostra letteratura relativamente a temi specifici o globali , siano di gran lunga in grado di essere e manifestarsi come attuali, nonostante contesti molto diversi in cui hanno avuto origine. E la chiamo “nostra letteratura” perchè in essa è conservato il tesoro culturale di un dna unico che appunto non tarda a evidenziarsi anche a livello prospettico. Inoltre questo brillante approfondimento che tu hai portato alla nostra conoscenza è uno degli esempi più fulgidi.

    1. Grazie Giorgio. Gli italianisti dell’Adi-sd, associazione della quale anche io sono socio, parlano di librimondo, proprio a voler sottolineare che alcuni testi della storia letteraria mondiale sono universali, nel tempo e nello spazio. I Promessi Sposi è un libromondo di diritto. I contenuti del mio articolo sono una delle prove critiche più brillanti che ultimamente Romano Luperini ci ha regalato.

  2. Io, invece, ho amato moltissimo I Promessi Sposi, anzi, facendoli diventare, per molti aspetti, una continua risorsa di comprensione del comportamento umano. Ma tu, Davide, ne hai fatto una analisi eccellente ed inedita. Non so se i tuoi studenti si rendano conto di quale enorme fortuna hanno avuto con te come docente (peraltro molto giovane).
    Aggiungo soltanto che a me, personalmente, il personaggio di Lucia non è mai piaciuto, unica figura manzoniana, forse, non troppo aderente alla effettiva realtà femminile. Ciò a conferma che le donne, in ultima analisi, non le capisce proprio nessuno. Manzoni compreso.

    1. A questo punto, Stafania, sono davvero curioso di approfondire la tua posizione in merito a Lucia e alla mancata comprensione delle donne da parte di Manzoni. Eppure Luperini, secondo la sua interpretazione che ho riportato nel mio articolo, sostiene un’ottica laica di un Manzoni “malizioso” che ha decisamente suscitato il mio fascino. Ne parleremo!

  3. Ho fatto parte per anni di quella fetta abbondante di studenti liceali che ha “detestato” i Promessi Sposi. Proprio in questo periodo lo sto rileggendo con un altro spirito e naturalmente una maturità diversa. La tua splendida analisi arriva ad hoc. Se avessimo avuto un insegnante come te allora probabilmente io e miei compagni di classe avremmo avuto meno idiosincrasia nell’affrontare questa lettura imprescindibile per conoscere la letteratura italiana. La verità è che talvolta capita che l’insegnante non amando particolarmente quel determinato libro non riesce a trasmetterlo di conseguenza non crea l’interesse necessario nello studente per quel testo da apprendere. Grazie Davide, ottimo lavoro!

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