STEFANO DI FRANCESCO: “Il Governo Meloni parte col freno a mano… tirato da Draghi”

La prima manovra di bilancio effettuata dal Governo Meloni è , come nelle previsioni, nel solco del Governo Draghi.

Il governo italiano è, inutile ricordarlo, sotto i riflettori della Commissione Europea, della BCE e di altri organismi sovranazionali, che seguono le politiche del nostro Paese affichè non comprometta il mantenimento della situazione attuale e rassicuri i mercati.

I mercati. Sempre i mercati. Ossessionati dal debito italiano e dai BTP che gli intermediari finanziari, banche , fondi d’investimento, hedge fund utilizzano sia come investimento, sia come collaterale da fornire a garanzia per ottenere nuova liquidità con cui speculare sul mercato.

E’ quindi necessario che lo Stato italiano continui ad aumentare il proprio debito pubblico, fornendo sempre nuove emissioni di BTP, ma che anche realizzi Avanzi primari di bilancio, in modo da rassicurare la sostenibilità del debito emesso grazie alla riduzione della domanda interna ed all’aumento del prelievo fiscale.

E questo è esattamente quello che ha fatto anche il governo Meloni aumentando nel 2023 le entrate di 52 mld e le spese solo di 19 mld, con un Avanzo di 33 mld.

Come si nota dalla tabella, nel 2023 il Saldo primario tornerà ad essere positivo per un +0,7% il che significa che le imposte che incasserà lo Stato saranno maggiori dei soldi che questo spenderà nel sistema economico.

Saremo tutti un po’ più poveri, come del resto è stato fatto negli ultimi 30 anni, periodo nel quale l’Italia ha realizzato avanzi primari record anno dopo anno dopo anno.

Se a questo sommiamo la demenziale politica di rialzo dei tassi della BCE, che si tradurrà in una minor quantità di credito bancario erogato all’economia reale e ad una bilancia commerciale che per la prima volta dal 2012, tornerà probabilmente in negativo a causa della crisi energetica e delle sanzioni alla Russia, il piatto è servito e si chiama RECESSIONE.

Gli alti tassi d’interesse renderanno il debito privato sempre meno sostenibile, aumenterà il costo del servizio del debito, si  ridurranno investimenti e consumi e quindi anche i redditi di famiglie ed imprese.

Le nostre imprese, le filiere produttive, il tessuto industriale del Paese già in sofferenza per il costo fuori controllo dell’energia elettrica, non potrà resistere ancora a lungo senza un intervento statale simile a quello messo in campo da Francia e Germania, in cui ricordiamo, il prezzo massimo per l’energia elettrica per famiglie ed imprese è stato fissato a 13 centesimi il Kwh.

Ma non è tutto.

E’  interessante verificare come, nel volgere di appena 12 mesi, la ricchezza finanziaria degli italiani sia diminuita del 3,7%, circa 200 miliardi, passando da 5.102 a 4.911 miliardi.

Quello che sta accadendo è dunque una “novità” nel panorama economico e finanziario degli ultimi 20 anni. L’entrata nell’ Euro, con il suo corredo di parametri e limitazioni senza alcuna base teorica od empirica,  aveva  contribuito a portare in sofferenza il sistema produttivo nazionale, colpito l’economia reale, limitato la crescita dei salari, dei consumi, alimentato bolle, precarizzato il mercato del lavoro e quasi triplicato il numero di persone in povertà assoluta, ma aveva sempre difeso con successo la rendita finanziaria e la ricchezza privata.

Ecco la novità quindi; sembra che qualcosa ora non funzioni più a dovere e la ricchezza ed anche il risparmio degli italiani sono oggi a rischio di subire perdite.

Il Governo è dunque chiamato ad intervenire per evitare che l’inflazione attuale, la recessione alle porte ed il costo dell’energia colpiscano famiglie ed imprese residenti.

La risposta è stata fino ad ora l’emissione del  BTP Italia indicizzato all’inflazione, che però  non è una soluzione efficace per due ordini di motivi:

1 – si tratta di una emissione quasi insignificante (12 miliardi appena rispetto agli oltre 2.200 mld i BTP in circolazione) ;

2 – in caso di recessione, l’inflazione scenderà, i tassi d’interesse delle banche centrali torneranno verso il basso ed il valore dei BTP indicizzati scenderà anch’esso, come accade già oggi per decine di BTP che valgono meno di 100 e che in caso di smobilizzo, potrebbero far registrare perdite in conto capitale ai sottoscrittori.

LA SOLUZIONE E’ SMETTERE DI EMETTERE BTP per finanziare il debito pubblico ed utilizzare invece,  nuovi strumenti come i CONTI CORRENTI DI RISPARMIO DI STATO , che essendo riservati a residenti non possono essere acquistati da investitori e speculatori stranieri; essendo non quotati non sono soggetti ad oscillazioni di prezzo e non creano problemi di spread;  garantiscono un rendimento legato all’inflazione; esentasse e soprattutto sarebbero utilizzabili per fare i pagamenti, la spesa al supermercato, al ristorante e così via trasformando di fatto, il debito pubblico in moneta circolante in grado di produrre una significativa crescita economica per il Paese.

OCCORRE CORAGGIO

OCCORRE UN NUOVO MODELLO DI GESTIONE DEL DEBITO PUBBLICO

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