LA POESIA di Giorgio Bongiorno: “I Malavoglia”

Ogni volta che scorro i Malavoglia
Numerosi un tempo come i sassi nella strada
Di Trezza
Quelli
Della casa del nespolo
Del negozio dei lupini
Della Provvidenza
Di N’toni
Di Bastiano
Di Alessi
Di Luca
Della Longa
Della Lia e della Mena
E gli altri
Di compare Alfio
Di Padron Fortunato
Della Nunziata
Della Maruzza
Della cugina Anna
Di Don Michele
Di Mastro Cirino
Della Locca
Di Padron Cipolla
Della Santuzza
Della Zuppidda
Di Don Silvestro
Di Don Gianmaria
Di Don franco
Di comare Grazia Piedipapera e dei suoi occhi umidi
Di Rocco Spatu e della sua tosse
Di Cinghialenta
Di Pizzuto e della sua bottega
Di Rosolino
E dello zio Crocifisso
Arrivo sempre
Di colpo
Con il fiato sospeso
Al commiato di Padron ‘Ntoni
All’ombra del nespolo
Ricordo un momento quel viaggio lontano
Più lontano di Trieste
D’Alessandria d’Egitto
Dal quale non si torna più
E le chiacchiere dei suoi
Che morivano di botto
E il mare che brontolava la sua solita cantilena
In mezzo ai fariglioni
Come un amico di sempre
Lo vedete che devo andarmene
Qui non posso starci
Perdonatemi tutti
E i Tre Re che luccicavano
E la Puddara che annunziava l’alba
Come l’aveva vista tante volte
Il mare tutto seminato di barche
Che da bianco si faceva amaranto
Fino a dire dopo un gran pezzo
E dopo aver pensato a tante cose
Ascoltando il mare
Dal muricciolo della vigna di massaro Filippo
E dopo tutti quei rumori
Che conosceva
E quel formicolare di lumi
Fra poco anche lo zio Santoro
Aprirà la porta
Il cane abbaiava per dirgli che era solo
In mezzo del paese
Ora è tempo di andarsene
Perché fra poco comincerà a passare gente

“Ovvero la poesia nella prosa del Verga.”
(Giorgio Bongiorno)

La vicenda dei Malavoglia è una saga dura di miseria e di dolore con riferimenti alla storia reale, metafora dell’alternarsi delle generazioni. Segno di un mondo privo di luce, senza fede e con nessuna provvidenza, a differenza del Manzoni…

Foto di copertina: “Barche di pescatori sulla spiaggia” dal web

Questa rubrica “Sciaveri di tregua” desidera istituzionalizzare la registrazione costante dei pochi ma intensi momenti di riflessione che mi vengono suggeriti in tempo reale in parte dall’osservazione e dalla traduzione poetica di immagini particolari con cui la realtà si manifesta e in parte dalla immancabile dose di esperienza specifica che l’età matura può aggiungere a questa attenta osservazione.

È abbastanza incredibile quanto sia in questo contesto assai prezioso, soprattutto dal punto di vista spirituale, l’affinamento che a questa osservazione si affianca nell’intento di popolare di piccole ma vitali suggestioni le esigue pause spirituali che, con forzata parsimonia, la realtà odierna nella sua corsa ci riserva.

Ho riscoperto il prezioso quanto dimenticato lemma “sciàveri ” per dare un nome a questi momenti, a queste osservazioni e a questi intensi ritagli di esistenza , definendo il termine “tregua” , dal sapore combattivo e guerresco, proprio per stigmatizzare la sconcertante sofferenza del corpo e dello spirito in questa quotidiana “tenzone” che tutti dobbiamo affrontare nel contesto della convivenza sociale e nel caos di questa corsa ad ostacoli , densa di episodi di “fatica” in un mondo in cui la realtà presenta fenomeni di effettive sfide temporali e fisiche oltre a un continuo sopravvenire di istanze etiche e spirituali, materia di problematiche irrisolte, nonché di dubbi esistenziali di non poco conto.

Sciàveri di tregua” è quindi nato con l’ambizione di rappresentare un convinto, coerente e sentito invito a una sosta ferace dello spirito, intesa a lasciare a ciascuno la possibilità di riflettere intorno ai valori propri e intimi dell’esistenza , fatto non sempre concesso dalla realtà “accelerata” e nello stesso tempo “aumentata” dei nostri giorni.
Attraverso pensieri tradotti in sequenze armoniche di parole , qualche volta attraverso ritmi melodici ed onomatopeici in cui si mescolano elementi naturali primordiali e sottili rumori di sentimenti umani , ho cercato di incontrare opere di amici noti o sconosciuti e di invocare il loro aiuto, la loro complicità , per indugiare su qualche immagine di questa turbinosa avventura del vivere gli anni del terzo millennio, in una gara senza pause, senza respiro e “apparentemente” senza alcun segno di pietà per chi rimane relegato a una vana attesa sul ciglio spesso tristemente disadorno e inospitale della strada.
Da artigiano della parola ho scambiato impressioni con solerti artigiani del suono, dei colori e dell’immagine (pittori, scultori , musicisti e fotografi) per scoprire quegli stimoli creativi condivisi che facilitano una risposta corale a una serie di interrogativi comuni alle varie “discipline artistiche”, cioè comuni all’interpretazione della realtà”.

Qualche volta ci siamo insieme domandati dove si voglia arrivare attraverso questa amabile scorciatoia con cui si tende a volere a tutti i costi eliminare le tregue, accelerare la corsa, bruciare tutte le tappe, comprese quelle più solenni e rituali come gli archetipi più sacri e celebrati dalla tradizione della vita e della morte. Qualche altra ci siamo soffermati sui valori tradizionali della nostra esistenza con attenzione e scrupolosa smania di descrivere i colori della realtà com’è o come vorremmo che venisse percepita attraverso il filtro della nostra mediazione spirituale, artistica ed umana.

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