money.it, 4 dicembre 2022 – Istituita nel 2005, la “Polizia morale” (Gasht-e Ershad) è un settore delle forze dell’ordine iraniano che ha il preciso compito di far rispettare il codice di abbigliamento per le donne, introdotto all’indomani della rivoluzione islamica iraniana del 1979. Rivoluzione che pose fine all’era della dinastia Pahlavi, trasformando la monarchia in una repubblica islamica sciita, la cui costituzione e leggi si basano su una rigida interpretazione della Sharia, la legge islamica.
La “Polizia morale” ha quindi il compito di arrestare le persone che violano il codice di abbigliamento, secondo il quale le donne devono indossare obbligatoriamente l’hijab (il velo) oltre che abiti lunghi e larghi per nascondere la propria figura.
Una volte arrestate, la polizia conduce le donne in “strutture di correzione” o in stazioni di polizia dove si insegna loro come vestirsi. Sono poi rilasciate ai loro parenti (rigorosamente uomini), una volta che quelli avranno assicurato un rispetto rigoroso delle norme e – solo in alcuni casi – dopo il pagamento di una multa (non prevista però dalla legge).
Le donne che non rispettano il codice e che non coprono i loro capelli in pubblico, stando alla legge introdotta dal parlamento iraniano nel 1983, possono essere punite con 74 frustate, e secondo l’ultimo emendamento, possono avere una condanna fino a 60 giorni di carcere.
L’abolizione della “Polizia morale” può essere considerato un evento storico e in molti sperano che questo sia solo il primo segnale di una possibile svolta democratica, ma non è così. L’abolizione della Gasht-e Ershad non è sufficiente per poter parlare di vittoria e successo delle proteste, esplose dopo la morta di Mahsa Amini.
Se da un lato, lo stesso Presidente conservatore Ebrahim Raisi avrebbe parlato di una «Costituzione flessibile», aprendo a una possibile rivoluzione culturale, dall’altro lato lo stesso Raisi è legato a filo doppio ai voti dei conservatori più intransigenti che lo hanno eletto.
Inoltre se è vero che l’attività della polizia morale è stata sospesa, questa non cancella quelle leggi che rendono obbligatorio un certo tipo di abbigliamento e l’hijab. È importante capire che non è il velo il problema, quanto l’obbligatorietà e la costrizione a cui sono sottoposte le donne.
Basti pensare che il 15 agosto 2022 il presidente Raisi ha firmato un decreto secondo il quale le donne che pubblicano le proprie foto sui social network senza l’hijab sono private di alcuni diritti sociali (ingresso in uffici, banche e trasporti pubblici) per un periodo compreso tra sei mesi e un anno.
Inoltre come considerano alcuni esperti, anche se tale decisione potrebbe tradire una certa stanchezza e debolezza del governo dopo tre mesi di proteste e centinaia di morti nelle piazze, non ci si può aspettare una piena svolta democratica.
Infatti mentre il procuratore Montazeri annunciava degli allentamenti in materia di codice di abbigliamento, è stata demolita la casa della scalatrice Elnaz Rekabi, la quale ha gareggiato ai Campionati asiatici della Federazione internazionale di arrampicata sportiva a Seul senza velo. La Rekabi rimane agli arresti domiciliari.
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