GIUSEPPE LAVRA: “È necessario intervenire con una legge per sanare l’inaccettabile condizionamento del Mercato sui Servizi sanitari pubblici, un conflitto d’interessi ai danni del cittadino”

E’ giusto fare il più possibile PER il paziente, ma anche il meno possibile AL paziente.
Affrontare questo argomento ha il significato di guardare in modo diretto dentro l’essenza delle dinamiche che caratterizzano l’attuale Medicina a guida statunitense e perciò non si può prescindere dal grande contributo che nel merito ci ha dato Bernard Lown (giugno 1921- febbraio 2021).
Egli, in una magnifica lezione magistrale tenuta il 25 aprile 1912, ha dimostrato con abbagliante lucidità che la Medicina del Terzo millennio nel Mondo occidentale in parte è diventata (e sta diventando) una pratica fortemente condizionata dal mercato. Con questa lezione, ormai celebre, Lown ha spiegato le ragioni per le quali si può affermare che il mercato ha di fatto alterato le basi costitutive della Medicina moderna.

Prima di entrare nel merito degli argomenti sostenuti da Lown nella Conferenza (facilmente reperibile su YouTube), è opportuno ricordare le principali tappe del suo percorso professionale, la quale gli hanno conferito un’eccezionale autorevolezza. Egli fu insignito del Premio Nobel nel 1985 per il suo grande contributo al miglioramento della qualità della Medicina negli Stati Uniti. Contribuì al contrasto dell’uso delle armi nucleari per i suoi riflessi in ambito medico. Fu autore della classificazione delle aritmie ventricolari cardiache, studiò a fondo il fenomeno della morte cardiaca improvvisa e fu inventore del defibrillatore cardiaco a corrente continua. Fu Autore di innumerevoli pubblicazioni e libri, il più celebre tra questi ultimi “L’arte perduta di guarire”. Lown fu anche valoroso medico di Corsia.

Nella lezione magistrale, egli, prendendo le mosse dalla necessità di razionalizzare la gestione clinica dell’infarto acuto del miocardio, di cui si occupò da vero protagonista, affermò con stringenti argomentazioni le distopie più rilevanti che hanno preso il sopravvento nella Medicina moderna, in quanto dominata dal mercato e dall’uso non sempre appropriato della tecnologia.
Egli, affermando il principio che sia giusto fare il più possibile per il paziente, ma anche il meno possibile al paziente, denunciava i modelli di cura prevalenti negli USA che determinavano trattamenti eccessivi a danno dei pazienti.
Inoltre denunciava che, tali prassi, fossero “figlie illegittime” dell’uso non appropriato della tecnologia.
A sostegno delle sue affermazioni portò l’esempio dell’abbattimento della mortalità per infarto miocardico acuto che egli ottenne, semplicemente accorciando la durata del ricovero ospedaliero e del protrarsi dell’immobilizzazione a letto del paziente.
Documentò altresì la riduzione della mortalità da cardiopatia coronarica attraverso la razionalizzazione delle procedure d’impianto di pace maker non strettamente necessari, nonché la diminuzione di interventi di by pass aorto-coronarico non appropriati, avendo rilevato un eccessivo ricorso agli interventi di rivascolarizzazione miocardica di allora.
Fu protagonista nell’indurre la riduzione del ricorso alla pratica delle coronarografie non appropriate. Attraverso tali importanti interventi egli indicò la via per migliorare l’accuratezza della diagnosi clinica e, di conseguenza, l’appropriatezza delle indicazioni da porre per l’effettuazione delle procedure diagnostico-terapeutiche necessarie.
Il miglioramento della gestione de processi clinici fu anche favorito dalla possibilità offerta dai farmaci che si resero disponibili (i beta bloccanti, gli anti-ipertensivi ed gli ipo-colesterolizzanti).

Nonostante gli eccezionali e documentati risultati ottenuti sul campo, Lown subì l’ostilità degli ambienti scientifici ufficialmente prevalenti, i quali evitavano di citare i suoi lavori scientifici. Ma Lown, forte dei suoi risultati concreti, non si diede per vinto e, con coraggio e autorevolezza, si contrappose alle prassi cliniche prevalenti, di cui denunciava la superficialità metodologica, pur di accondiscendere ai condizionamenti del mercato.

La Medicina ufficialmente prevalente, imponendo la consuetudine di sottrarre al paziente il tempo di ascolto necessario per il suo corretto esame clinico, non consentiva la raccolta accurata e corretta della storia clinica del paziente stesso (l’anamnesi). Con particolare acume Lown rilevò inoltre che, con tale prassi, si inducevano i medici a prendere in considerazione il solo sintomo principale offerto del paziente e sottolineava che, tale sintomo, non rispecchiasse fedelmente la reale situazione patologica del quadro clinico reale del paziente stesso. Ma al contrario, tale semplificazione, poteva rappresentare invece una sorta di mero “biglietto d’ingresso” nel mondo clinico del paziente. Infatti egli paragonava, un siffatto modo di agire, simile a coloro che avessero preteso di esprimere un giudizio su uno spettacolo teatrale, fondato sul solo “biglietto d’ingresso”.

Va detto che Lown identificava le distopie che denunciava come frutto delle nefaste influenze delle forze di mercato presenti in Sanità che perseguivano il proprio interesse di ridurre i costi relativi all’effettuazione (alla “produzione”) delle prestazioni Sanitarie, aumentando l’efficienza operativa per privilegiare la “redditività” nell’erogazione delle prestazioni.
Con lucidità Lown stigmatizzava che le esigenze imposte dalle leggi del mercato sanitario, tese a velocizzare le procedure diagnostico-terapeutiche, inducessero un risparmio del tempo da dedicare al malato a suo danno.
In questo modo il mercato sanitario, pur di accrescere la redditività, incrementava ad arte la medicalizzazione delle esigenze e dei bisogni delle persone, per aumentare volume di prestazioni rese (fatturato).
Queste dinamiche producono l’eccesso di trattamenti a danno dell’appropriatezza e della qualità delle cure e negano di fatto al paziente un diritto assoluto.

L’aver consentito l’“adulterazione” dell’ortodossia dei processi clinici ha favorito il sopravvento delle politiche aziendalistiche in Sanità, nel rispetto delle regole economiciste di Milton Friedman, fautore del mercato che pone la redditività quale obiettivo principale.
Questa linea di pensiero, ormai fortemente affermata in USA, mal si presta però ad essere applicata in Medicina, la quale è innanzitutto un’impresa morale che deve garantire assistenza sanitaria di qualità a tutti i cittadini, in quanto rappresenta un diritto naturale e innato di tutte le persone.
La trasformazione di un valore così speciale in un Servizio “a scopo di lucro”, è un ossimoro che va anche contro l’assioma del “primum non nocere” che, nei secoli, ha sempre offerto protezione al paziente.

Lown ha stigmatizzato altresì che, a protezione della grave distopia sopra descritta, il sistema ha fatto anche ricorso a frasi ad effetto tipo “più è meglio” o “meno è meglio”. A tal proposito è meritevole di essere sottolineato che l’aziendalizzazione della Sanità ha determinato negli Stati Uniti un impegno di spesa per l’assistenza sanitaria pari a circa un quinto del proprio PIL. Mentre in Europa, tale impegno di spesa, è mediamente non superiore ad un decimo del PIL degli Stati membri.
In Italia per esempio, tra le frasi “a effetto”, ha tenuto banco per lungo tempo il “non si può dare tutto a tutti”, una sorta di luogo comune ad effetto volutamente suggestivo.
Infine Lown conclude richiamando l’importanza della formazione alla corretta comunicazione del medico e dell’educazione sanitaria dei cittadini, necessarie per apportare i necessari correttivi a un sistema ormai distopico.

Con la sua opera professionale e con le sue denunce di oltre anni fa, lo statunitense Lown ha dimostrato, con estrema chiarezza, come la Medicina moderna occidentale sia precipitata nel “mercantilismo” specie negli Stati Uniti, in quanto ha abbandonato l’ortodossia del metodo clinico per inseguire la redditività imposta dal mercato, usando peraltro la tecnologia in modo strumentale.
In ordine al fenomeno dell’eccesso dei trattamenti indotti da influenze estranee alla Medicina, vale la pena di ricordare che anche in Italia si è assistito negli ultimi decenni ad esperienze concrete di determinate interferenze, ad esempio nell’ambito dei trattamenti chirurgici delle discopatie vertebrali, delle tiroidectomie, forse della protesica ortopedica e probabilmente anche nell’ambito di altre situazioni che finora hanno avuto minore visibilità.

La stessa la vicenda della pandemia da Covid-19 dovrebbe aver insegnato che è necessario eliminare dalla Sanità ogni forma di confitto d’interesse tra la tutela della salute dei cittadini e le esigenze d’impresa di carattere privatistico a qualsivoglia livello.
E’ doveroso precisare che, nel caso della gestione di questa pandemia, l’ombra di interessi estranei alla Medicina è emersa sia in ambito nazionale che internazionale. Tuttavia va riconosciuto che l’urgenza di adottare determinate misure, anche di carattere normativo, fosse dovuta all’allarme internazionale destato dal diffondersi di una pandemia, specie nella fase tra gennaio-marzo del 2020.
Ma non si può non rilevare che si siano verificate motivate e diffuse diffidenze tra i cittadini, probabilmente determinate da comportamenti di alti responsabili in ambito nazionale e internazionale, nonché da una comunicazione ufficiale troppo spesso inadeguata e talora anche non opportuna.
E’ anche possibile che, in questa vicenda, la comunicazione ufficiale possa aver innescato il diffuso sospetto che siano stati privilegiati determinati interessi di parte imprenditoriale sanitaria, ad opera di ambienti governativi nazionali e sovranazionali, generando il dubbio che sia stato trascurato il diritto alla tutela della salute dei cittadini. In un simile scenario, come abbiamo già richiamato, sarebbe stata più funzionale una corretta responsabilizzazione degli operatori sanitari a maggior tasso di competenze, ovviamente salvaguardando la loro autonomia e indipendenza, in relazione alle scelte tecniche in campo organizzativo per contrastare la pandemia da Sars-Cov-2.

Alla luce di quanto sopra appare ormai necessario che nel SSN, al pari di altri settori sociali, si costituiscano Enti di natura etica, come le Authority, con la caratteristica della terzietà. A tali Enti deve essere garantita la capacità e la possibilità di farsi carico di garantire la trasparenza nel sistema sanitario, vigilando sulla tenuta di un corretto equilibrio tra gli interessi degli stakeholder (i soggetti coinvolti) dell’intero sistema. Tali Enti debbono avere a riferimento unicamente vincoli etici, deontologici e valoriali.

In campo biomedico, oltre alla prevenzione e all’assistenza, va tenuto ben presente anche il settore della ricerca che, purtroppo, non è affatto estranea alle dinamiche poco trasparenti fin qui considerate.
A tale proposito si potrebbe aggiungere che la ricerca sia anche maggiormente coinvolta nelle dinamiche qui richiamate, rendendo più acuto il pericolo del sovvertimento dei fini ed il rischio di innescare e favorire conflitti di interesse.
Non sembra infatti corretto né accettabile che si lasci la ricerca biomedica nella disponibilità incontrollata di coloro che, senza vincoli etici, possano perseguire auto-referenzialmente i propri interessi di natura estranea ai fini sanitari.

Le istituzioni hanno il dovere di intervenire per garantire ai cittadini regole trasparenti ed eticamente orientate in tutti i settori della Sanità, anche attraverso il controllo rigoroso dei flussi di finanziamento dei vari settori sanitari. La presenza di eventuali conflitti di interesse nel sistema sanitario, devono trovare le Istituzioni statali sempre pronte ad intervenire tempestivamente.
Dopo l’esperienza di Sars-Cov-2, non è più accettabile che gli Enti regolatori della Sanità non siano indipendenti ed autonomi dal potere economico-finanziario. I finanziamenti di tali Organismi istituzionali dovranno essere autorizzati e vigilati con rigore dalle Autorità Governative cui deve spettare il compito e la responsabilità di nominare gli Organi di rappresentanza di tali Organismi. Tuttavia dobbiamo prendere atto con viva preoccupazione che purtroppo attualmente le questioni rappresentate da Lown stanno “lievitando” in tutto il mondo civilizzato.

In generale si dovrebbe intervenire quanto prima, con forza di Legge, per sanare il rapporto pubblico-privato nella gestione della Sanità pubblica. In merito a ciò è bene precisare innanzitutto che gli operatori privati che attualmente operano in nome e per conto del SSN, attraverso l’autorizzazione, l’accreditamento e la convenzione coi Servizi Sanitari Regionali (SSR), sono di due fattispecie, uno di questi è “no profit” mentre l’altro è “profit”.
La prima tipologia è rappresentata da soggetti che dovrebbero avere solo finalità umanitaria senza scopo di lucro i quali, nel sistema delle convenzioni Sanitarie, sono inquadrati come Istituti “Classificati”, cui è riservata la convenzione obbligatoria col Servizio Sanitario pubblico. Tali Enti sono qualificati per Legge come “terzo settore”.

Mentre la tipologia di privato “profit”, che talora si costituisce anche in Società Per Azioni, opera invece senza vincoli circa la possibilità di realizzare lucro, come tipicamente operano le aziende che producono beni di consumo.
A tal proposito vale anche la pena di precisare che le dinamiche di mercato, nel mondo della produzione dei beni di consumo, sono regolate dalla “domanda” che condiziona “l’offerta”, mentre al contrario nel mondo in cui vengono erogati i Servizi Sanitari, è “l’offerta” che condiziona la “domanda”.
L’importanza di questo aspetto appare decisivo ai fini dell’auspicato intervento legislativo necessario per mettere ordine in questo settore.
Giova anche sottolineare che tra gli imprenditori profit che investono nei Servizi Sanitari nel nostro territorio nazionale, figurano imprese internazionali che possiedono quote azionarie di Aziende Sanitarie private che operano a convenzione coi Servizi Sanitari Regionali.
In via di principio va sottolineato che, nella erogazione di Servizi Sanitari, il profitto in quanto tale, ancorché formalmente legittimato, rappresenta un obiettivo che nella realtà imprenditoriale può facilmente entrare in conflitto con l’obiettivo fondamentale del Servizio Sanitario a gestione pubblica che, come abbiamo visto persegue l’unico obiettivo della qualità dei Servizi da rendere ai cittadini.
Mentre l’imprenditoria privata profit, per sua natura, non può che tendere invece a perseguire due obiettivi in parallelo, rappresentati dal legittimo profitto e, ovviamente, dalla qualità del Servizio reso. In sostanza l’azienda profit dovrà necessariamente conciliare il conseguimento di entrambi obiettivi.
Ma la natura dei due obiettivi è diversa, in quanto hanno stakeholder (soggetti coinvolti) di riferimento che possono essere facilmente divergenti e/o contrapposti. Infatti la qualità è un interesse di superiore e assoluto del paziente, mentre il profitto è interesse precipuo dell’imprenditore, il quale ha investito le proprie risorse economiche. Mentre il primo interesse è in armonia con le motivazioni per le quali è stato istituito il SSN, il secondo interesse riguarda invece il legittimo dovere dell’imprenditore di sostenere l’equilibrio economico della propria azienda.

Appare quindi con evidenza che, nella realtà, gli investitori profit non possano sottrarsi al loro dovere prioritario di tenere in vita la propria impresa accrescendola, ma questa priorità rende di fatto impossibile tenere equamente separati i due interessi sopra menzionati. Poiché il conflitto di interesse tra i due obiettivi paralleli può innescarsi con quasi comprovabile automaticità, sarebbe molto opportuno e ragionevole che si evitasse una tale situazione, consentendo liberamente al privato profit di investire nel campo dell’assistenza privata pura, ma non altrettanto in quella che opera in modo diretto e in nome e per conto del Servizio Sanitario Pubblico che, come ha affermato Lown, la Sanità pubblica deve essere prima di tutto un’impresa morale.

Seguendo questa logica e in piena sintonia con i principi che hanno ispirato l’istituzione del SSN con la Legge 833, al privato profit non dovrebbe essere affidata la gestione di Servizi Sanitari pubblici in convenzione. In sostanza agli operatori privati profit non dovrebbero essere affidati Servizi che abbiano la possibilità di operare, in via diretta, scelte di indirizzo diagnostico-terapeutici sul paziente, in quanto tali scelte potrebbero rivelarsi contrarie agli interessi inviolabili del paziente stesso. Simili circostanze possono essere facilmente riscontrate nella realtà da parte di chi ha le competenze comprovate per rilevare eventuali distorsioni nell’ambito dei processi clinici. Va altresì sottolineato che nell’attuale contesto non risulta vi sia peraltro un adeguato sistema di controllo e sorveglianza dei processi operativi in ambito di Servizi di assistenza sanitaria pubblici e privati, in quanto in realtà si tratta di controlli di natura meramente formalistica, effettuata in carenza di risorse umane aventi comprovate competenze e capacità di entrare nel merito dei contenuti dei processi clinici stessi.

Appare infine evidente che si renda ormai necessario intervenire con forza di Legge per sanare l’inaccettabile condizionamento del Mercato sui Servizi sanitari pubblici, regolando con norme chiare e rigorose il rapporto pubblico/privato in Sanità, con le quali mettere al riparo il SSN da interferenze e condizionamenti contrari ai diritti dei cittadini. Norme che definiscano la giusta proporzione tra presenza del pubblico e del privato no profit nella gestione dei Servizi Sanitari del SSN, così come l’affidamento della gestione amministrativa dei Servizi Sanitari pubblici deve essere affidata a manager di comprovata competenza e capacità e non elargita come premio di appartenenza politica.
L’organizzazione Sanitaria, sia nei Presidi pubblici ospedalieri e che nei Presidi delle cure primarie, deve tornare a curare il rigore e la serietà di tutti gli operatori sanitari e la responsabilità delle organizzazione sanitarie deve tornare nelle competenze dei tecnici, come accadeva correttamente fino a pochi decennio fa, quando gli Ospedali pubblici godevano di una buona organizzazione, pur in carenza dei mezzi attualmente disponibili.


Giuseppe Lavra

Già Primario Internista dell’Ospedale San Giovanni-Addolorata di Roma
Già Presidente dell’Ordine dei Medici di Roma
Già componente della Consulta Deontologica Nazionale

Roma, 17 dicembre 2022

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