LA POESIA di GIORGIO BONGIORNO: “Canto di Natale”

Suonano le note del canto come una preghiera
Archi e fiati accompagnano la sacra invocazione
Il canto di un bimbo che non ebbe bisogno
Di abeti impiccati nelle piazze
O nei salotti delle ville o dei condominii
Né si aspettò di ricevere
Alcun regalo
Per venire al mondo
Una fiaba molto semplice
Una nascita illustre
In una stalla di almeno un paio di millenni fa
In una umile mangiatoia
Non c’erano tante luci come adesso nelle nostre città
Niente luminarie incandescenti
Nemmeno gli smodati consumi della festa
Non c’erano doni di re o principi
Solo lui
Il nascituro era il dono all’umanità
Quello della fede
Quello della speranza
Quello della carità
Quella scenografia
Del presepe umile dei pastori
Dei lavori di ogni giorno
Della culla
Della mangiatoia
Del bue
Dell’ asino
Una madre e un padre
E l’attesa di un bimbo
Cantavano i fedeli e la schiera degli angeli nascosti oltre le nuvole
La divina armonia
Delle note del corteo
E gli occhi del mondo
Ammaliati intorno a una capanna di un villaggio fino ad allora sconosciuto
Cantavano un Natale felice
Fertile
Ferace
Fecondo
Cantavano la favola di allora
Quella della famiglia
Quella del focolare
Poche note ripetute
Fino a raggiungere
Attraverso le vie infinite delle costellazioni
La pace dell’eden
L’agognato paradiso delle stelle
E la grande misericordia del Padre
Onnipotente Signore dell’universo celeste

Quand’ero bambino, erano la luce dell’albero di Natale, la musica della messa di mezzanotte, la dolcezza dei sorrisi a far risplendere il regalo di Natale che ricevevo
(Antoine de Saint-Exupèry)

“Un Natale felice, felice, che ci riconquisti alle delusioni dei nostri giorni infantili; che possa ricordare al vecchio i piaceri della sua giovinezza; che possa trasportare il marinaio e il viaggiatore, a migliaia di chilometri di distanza, di nuovo al suo stesso lato del fuoco e alla sua tranquilla casa!”
(Charles Dickens)

Foto di copertina: “Presepio” dal web

Questa rubrica “Sciaveri di tregua” desidera istituzionalizzare la registrazione costante dei pochi ma intensi momenti di riflessione che mi vengono suggeriti in tempo reale in parte dall’osservazione e dalla traduzione poetica di immagini particolari con cui la realtà si manifesta e in parte dalla immancabile dose di esperienza specifica che l’età matura può aggiungere a questa attenta osservazione.

È abbastanza incredibile quanto sia in questo contesto assai prezioso, soprattutto dal punto di vista spirituale, l’affinamento che a questa osservazione si affianca nell’intento di popolare di piccole ma vitali suggestioni le esigue pause spirituali che, con forzata parsimonia, la realtà odierna nella sua corsa ci riserva.

Ho riscoperto il prezioso quanto dimenticato lemma “sciàveri ” per dare un nome a questi momenti, a queste osservazioni e a questi intensi ritagli di esistenza , definendo il termine “tregua” , dal sapore combattivo e guerresco, proprio per stigmatizzare la sconcertante sofferenza del corpo e dello spirito in questa quotidiana “tenzone” che tutti dobbiamo affrontare nel contesto della convivenza sociale e nel caos di questa corsa ad ostacoli , densa di episodi di “fatica” in un mondo in cui la realtà presenta fenomeni di effettive sfide temporali e fisiche oltre a un continuo sopravvenire di istanze etiche e spirituali, materia di problematiche irrisolte, nonché di dubbi esistenziali di non poco conto.

Sciàveri di tregua” è quindi nato con l’ambizione di rappresentare un convinto, coerente e sentito invito a una sosta ferace dello spirito, intesa a lasciare a ciascuno la possibilità di riflettere intorno ai valori propri e intimi dell’esistenza , fatto non sempre concesso dalla realtà “accelerata” e nello stesso tempo “aumentata” dei nostri giorni.
Attraverso pensieri tradotti in sequenze armoniche di parole , qualche volta attraverso ritmi melodici ed onomatopeici in cui si mescolano elementi naturali primordiali e sottili rumori di sentimenti umani , ho cercato di incontrare opere di amici noti o sconosciuti e di invocare il loro aiuto, la loro complicità , per indugiare su qualche immagine di questa turbinosa avventura del vivere gli anni del terzo millennio, in una gara senza pause, senza respiro e “apparentemente” senza alcun segno di pietà per chi rimane relegato a una vana attesa sul ciglio spesso tristemente disadorno e inospitale della strada.
Da artigiano della parola ho scambiato impressioni con solerti artigiani del suono, dei colori e dell’immagine (pittori, scultori , musicisti e fotografi) per scoprire quegli stimoli creativi condivisi che facilitano una risposta corale a una serie di interrogativi comuni alle varie “discipline artistiche”, cioè comuni all’interpretazione della realtà”.

Qualche volta ci siamo insieme domandati dove si voglia arrivare attraverso questa amabile scorciatoia con cui si tende a volere a tutti i costi eliminare le tregue, accelerare la corsa, bruciare tutte le tappe, comprese quelle più solenni e rituali come gli archetipi più sacri e celebrati dalla tradizione della vita e della morte. Qualche altra ci siamo soffermati sui valori tradizionali della nostra esistenza con attenzione e scrupolosa smania di descrivere i colori della realtà com’è o come vorremmo che venisse percepita attraverso il filtro della nostra mediazione spirituale, artistica ed umana.

4 commenti su “LA POESIA di GIORGIO BONGIORNO: “Canto di Natale”

  1. Grazie Andreina,
    MI hai fatto un grande “regalo” con il tuo benevole giudizio ma soprattutto con la condivisione del messaggio etico che rappresenta in fondo l’obiettivo fondamentale del mio impegno e della mia ambizione.
    Dovremmo veramente riconoscere (cosa che non avviene purtroppo spesso) il vero significato delle nostre “celebrazioni”,rifuggendo dalle semplificazioni che la logica assurda e perversa del “Grande Reset” ci costringe e ci ha costretto ad accettare.
    Forse anche la nostra voce potrà alimentare e rappresentare quello che io chiamerei in modo augurale : “Il Grande RISVEGLIO”

  2. Bellissimo richiamo in versi a quello che è, ed è sempre stato, il vero significato del Natale!
    Oggi relativismo e consumismo hanno ridotto il Natale a luci effimere e regali che vengono apprezzati solo nello spazio di quella notte o, al massimo, nella settimana seguente. Quello che è peggio è che l’equazione Natale=regali è stata iscritta nel DNA dei bambini.
    La tua poesia Giorgio andrebbe letta a tutti. Io inizio mandando a tutti il link per la sua lettura qui sul sito.

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