LA POESIA DI GIORGIO BONGIORNO: “Rimpianti”

Tra vent’anni sarai più dispiaciuto per le cose che non hai fatto che per quelle che hai fatto. Quindi sciogli gli ormeggi, naviga lontano dal porto sicuro. Cattura i venti dell’opportunità nelle tue vele. Esplora. Sogna. Scopri.
(Mark Twain)

Quante storie ho scritto nel mio bizzarro romanzo della vita
Quante passioni ho incontrato sul sentiero aspro e tortuoso del monte
Fino alla ruggine del crocifisso sulla cima
Emozioni lasciate ai bordi della strada
Sfrenati galoppi nei prati
Ai confini del bosco
Il ritorno al castello sulla laguna
Commiati pieni di promesse
Stracci di esistenza messi ad asciugare sul filo inerte della speranza
Frammenti di illusioni lacerate dal vento
Fari solitari spenti anzitempo
Sorrisi velati dall’angoscia insistente dell’abbandono
Forse
Se le radici fossero ancora nella terra
Che mi ha visto nascere
Salde
Tenaci
In quella pianura distesa come un velo di nebbia sulla campagna
Lungo le rive del fiume sornione
Al canto mattutino dei renaioli
Se fossi rimasto vicino a quella grande torre
Sui tetti rossi della città
Forse avrei saputo scegliere la mia passione
Avrei saputo sopportare la lontananza
Indugiare su uno di quegli amori
Come si fa con i fiori del giardino
Quanti sogni spezzati con l’acuto segno del fulmine
Disegnato con rabbia divina fra cielo e terra
Tante volte ho raccontato a me stesso
Tenui favole imparate da bambino
Ho rincorso a lungo l’intensa luce di quello sguardo
Il senso nascosto di quella rinuncia
Dimenticata
Nei labirinti di metropoli sconosciute
Ho perso traccia del profumo di quei capelli
Così sublime
Così irripetibile
Così struggente
Se non ci fosse sempre stata intorno quella folla
Frettolosa
Impersonale
Distratta
Adesso seguo indifferente lo scorrere delle stagioni
Mi inchino al rito dei ricordi
E lucido negli occhi stanchi
La patina opaca del rimpianto

4 commenti su “LA POESIA DI GIORGIO BONGIORNO: “Rimpianti”

  1. Eh sì, la grande poesia, da migliaia e migliaia di anni si nutre di rimpianti, di nostalgie, di ricordi vividi o sfumati, di presagi e apparizioni.
    Viviamo ormai da decenni in un contesto in cui fare poesia è considerata dalle masse un diletto e un ripiego di coloro che non hanno attitudini pratiche.

    1. E non solo dalle masse , caro Gualdo, fare poesia è considerato un passatempo per qualcuno che per qualche ragione non ama l’azione. Quando presento i miei libri spunta sul viso di qualche intellettuale un lieve sorriso di compassione. Abbiamo chiaramente preferito in questi nostri anni la soddisfazione dei bisogni (anche talvolta superflui ) del corpo a danno delle esigenze spirituali e questo fatto rappresenta di fatto una delle ragioni di questo ingiusto e generico pregiudizio. Inoltre abbiamo eliminato per comodità creativa tutto ciò che riportava al significante (metrica, rima ecc.) spesso a danno del significato. Talvolta per arrivare al senso del messaggio poetico ci vogliono una decina di interpretazioni critiche. E questo spesso accade per la povera qualità della creazione poetica. Il risultato è lo scarso amore delle masse e degli intellettualoidi per una delle più nobili manifestazioni dell’anima e la esigua dedizione degli stessi a questo tipo di stimoli e di emozioni.

  2. Frammenti di vita, rimasticati tra il forse, ed il se, come non si scorda mai un primo amore sfiorito e lasciato e il passare inerte sul filo della speranza, che non muore mai, anche vilipesa dagli anni. Avvinghiata alle radici che restano tenaci e feconde nella terra che ci ha cresciuti.
    Grazie Giorgio.

    1. eh si, caro Gianni. Noto sempre di più la stessa frequenza emozionale dei tuoi graditissimi commenti. Bello è poter registrare il sorgere di stimoli e la danza di sentimenti in persone come te, persone che per loro natura e privilegio spirituale sono aperte a questo tipo di riflessioni. Grazie della tua fedele e paziente attenzione.

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