VITTORIO ZEDDA: “Alluvioni e mutamenti climatici, tra realtà storica e tesi politiche”

Una nota giornalista, parlando in TV dell’alluvione in Romagna, nel tentativo di tenere al riparo i responsabili politici della regione, confonde “ambiente” con “ambientalismo”, come se fossero la stessa cosa. E, per evitare di parlare di soldi non spesi e lavori non fatti per la prevenzione dei disastri ambientali, riapre la caccia al “negazionista” del cambiamento climatico.
Il cambiamento climatico è sotto gli occhi di tutti e nessuno può negarlo. Il clima, da sempre, ha andamenti grosso modo ciclici anche se irregolari. L’uomo, da sempre, interviene sull’ambiente, bene o male, per le più varie esigenze. In merito, il confronto tra scienziati concerne l’entità ponderale dell’intervento umano in grado di influire sui cambiamenti climatici. E in quale misura. Ci sono pareri prevalenti, ma non univoci. Si bollano però come “negazionisti”, coloro che hanno convinzioni difformi dalla presunta “verità ufficiale” sposata dalla politica.
Le origini multifattoriali del fenomeno “climatico” e l’imprevedibilità di conseguenze estreme sconsiglia un “determinismo” rigido fra cause ed eventi. Alluvioni di inaspettata gravità potevano e possono comunque essere ridimensionate o contrastate all’origine, per esempio, anche con una periodica pulizia dei letti fluviali, delle sponde e delle aree destinate all’espansione delle piene.
Un fenomeno tipicamente padano è quello dei “fiumi pensili”. I corsi d’acqua padani, ed il Po fra tutti, trasportano da monte a valle notevole quantità di terriccio, sabbia e sassi. La velocità dell’acqua in montagna rallenta in pianura, depositandovi residui e materiali d’ogni tipo. Questi depositi alzano il letto del fiume che, in caso di piena, facilmente esonda. Il rimedio tradizionale e collaudato sta nella costruzione degli argini. Però il fiume continua ad alzare il proprio letto e quindi occorre ulteriormente alzare gli argini. Col tempo il fiume scorre su un letto che raggiunge un livello altimetrico superiore a quello della pianura circostante. E’, appunto, il fenomeno del “fiume pensile”.
In caso di piena, può succedere di tutto: dalla esondazione per tracimazione, alla rottura degli argini, alla formazione dei cosiddetti “fontanazzi” (ma il nome può cambiare secondo le zone) determinati dall’infiltrazione sotterranea delle acque fluviali che possono sgorgare, come una sorgente, a distanza dal fiume nei campi circostanti, in conseguenza della pressione dell’acqua, del dislivello altimetrico e di altre cause.
Sono cose che si imparano vivendo nelle zone interessate. Pare strano che i fenomeni legati all’idrografia padana, pur noti, possano essere stati trascurati per incuria. Un’esperienza particolare la feci durante l’alluvione dell’Arno a Firenze nel novembre 1966. La notte dell’alluvione transitavo in auto in vicinanza della città, sotto un diluvio infernale. Rimasi bloccato in Toscana per tre giorni, prima di poter tornare a Milano. Rividi, pochi mesi dopo, il centro della città ridotto in condizioni disastrose. Scrissi poi, per una rivista, un articolo nel quale esponevo la storia delle alluvioni dell’Arno. Ne riporto uno stralcio. «Pasqua 1967, Firenze…Sulle facciate dei palazzi compaiono targhette che indicano il livello raggiunto dall’acqua il 4 novembre 1966: in alcuni punti fino a m. 4,45. Vicino a Santa Croce, a 3 metri e mezzo dal suolo, una targhetta dice: “A dì 13 settembre 1557 arrivò l’acqua d’Arno a quest’altezza”. Altrove è citata un’alluvione del 3 novemre1844. E così, girando per la città, scopro che nel 1333, nel 1544, nel 1579 Firenze finì sotto metri d’acqua. Cerco notizie sui libri di storia della città. Secondo le cronache dall’anno 1177 in poi le alluvioni a Firenze furono 56, di cui 33 gravi.»
Saperlo è un buon motivo per riflettere. Per le alluvioni del Po ricordo quella del 1951: avevo 11 anni e vivevo a Parma, la cui provincia fu in parte sommersa. Cerco su internet: le alluvioni del grande fiume pare siano documentate a partire dal 204 a.C. Le inondazioni più note decorrono dall’anno 1000 in poi. Fino ad oggi se ne contano circa 110. Le più rovinose sono datate 1085, 1240, 1294, 1331, 1474, 1595-96, 1609,1647, 1705, 1830 e 1951. Quella del 1331 provocò oltre 100.000 morti. Di certo la storia ci suggerisce qualcosa.
Le piogge eccezionali in Romagna, mi dicono amici del posto, i danni più gravi li hanno provocati nelle zone montane. Ma in Tv e più facile mostrare quel che succede in pianura. Raggiungere le zone devastate in montagna è cosa ardua e nei piccoli comuni isolati dalle frane la gente è disperata. Oltre al clima, un altro problema è l’informazione, che ha la sua importanza e i suoi effetti in rapporto ai temi trattati, ma è un altro tema.
Dimenticavo: la mia attività di alpinista mi ha portato a conoscere la storia di altri cambiamenti climatici storicamente accertati. Più volte sui monti valdostani percorsi antichi itinerari tracciati in epoca medioevale dai mercanti che facevano la spola, a piedi, fra il versante italiano e quello svizzero, portando a spalla le loro mercanzie. Salivano fino a valichi prossimi talvolta ai 3000 metri di quota. Organizzati in una sorta di corporazione solidale, avevano attrezzato il loro percorso con costruzioni di pietra, per ripararsi e pernottare. Simboli di quella corporazione dipinti sulle case dei paesi attraversati dai mercanti segnano il percorso e testimoniano un’antica storia. Orbene il secolare via-vai di questi mercanti si interruppe per sempre verso la fine del 1500. Perché? Seppi così di un cambiamento climatico, che aveva determinato in corrispondenza della fine del secolo e l’inizio del nuovo, l’accumulo di metri di neve e ghiaccio, alle quote più alte, sugli antichi sentieri, rendendoli impraticabili. Anche allora si diede la colpa agli uomini o piuttosto ad alcune donne, quelle che, accusate di stregoneria “climatica”, finirono innocenti sul rogo.
I testi di storia del clima riferiscono di un precedente “periodo caldo medioevale” che si era già esaurito nel 1300. Il raffreddamento climatico della fine del 1500, sopra citato, è denominato “Piccola Glaciazione” o “Piccola Era Glaciale”. Ma il clima cambiò ancora. Dopo il 1850 iniziò un processo climatico inverso, con una ripresa del rialzo termico e quindi con una progressiva riduzione dei ghiacciai alpini che dura tuttora, ininterrottamente. La fase attuale del fenomeno viene però attribuita all’ “effetto serra” e al “riscaldamento globale”, fattori ascritti a responsabilità umane, attuali, improbabili nel 1800.
Non mi competono analisi scientifiche e mi limito a esporre dati e notizie. Non solo la scienza ma anche la storia del clima può esserci d’aiuto nell’inquadrare la questione. La responsabilità degli uomini, d’ora in poi, sarà più vincolata alle cose che concretamente, e non utopisticamente, si dovranno fare per contrastare cause ed effetti, noti e prevedibili, dei cataclismi ricorrenti di cui si è fatta, ormai, vasta e dolorosa esperienza. E poi, in prospettiva, si dovranno predisporre piani previsionali, comportamenti virtuosi, mezzi e strumenti per fronteggiare la portata distruttiva di futuri eventi avversi, sempre possibili, come la mutevole storia del clima c’insegna.

Vittorio Zedda

4 commenti su “VITTORIO ZEDDA: “Alluvioni e mutamenti climatici, tra realtà storica e tesi politiche”

  1. Caro Vittorio, come giustamente hai evidenziato, abbiamo un problema di informazione. Direi anzi un problema di serietà professionale, poiché temo che chiamare giornalisti la maggior parte di quelli che vediamo in TV o che scrivono sui quotidiani cosiddetti “mainstream” è piuttosto forzato.
    Ti narro quanto accaduto qui da noi la scorsa settimana. A Calcio, paesone in provincia di Bergamo attraversato anch’esso dal fiume Oglio, un giovane ragazzo egiziano è annegato dopo essersi immerso nel fiume dopo pranzo. Servizio di rito, sul perché ed il percome, pianti e via discorrendo. Ora, pur dispiacendomi per la morte prematura di un giovane, parlando con mio marito ho osservato che difficilmente un nativo annega nel fiume perché ne conosce le insidie (mulinelli ed acqua gelida) e conosce bene i luoghi dove è possibile fare il bagno in sicurezza.
    Dopo le condoglianze di rito sembrava tutto finito. Invece, ieri sera, nel sottopancia scorrevole durante il telegiornale dell’emittente locale Bergamo TV, vediamo scorrere un titolo che iniziava testualmente così: FIUMI KILLER. Ometto il resto perché ho cambiato canale per evitare di iniziare a brontolare.
    Capite quale è il messaggio? Se tu sei uno sciocco che non tiene minimamente in conto le regole di sicurezza e ci rimetti le penne, è colpa del fiume che è killer e non della tua stupidità.
    Ecco, il meccanismo psicologico è il medesimo dell’informazione sull’alluvione in Romagna.
    Dobbiamo farci proprio un punto d’onore di ricominciare a far tornare le persone a ragionare ed a recuperare il buon senso.

  2. Caro Vittorio purtroppo l’ignoranza della maggioranza delle persone sui fenomeni complessi li porta a credere agli slogan di coloro che con questi slogan ci campano perché bene asserviti ai colossi della finanzia globalizzata che guidano e indirizzano l’economia mondiale. Coas e la paura dell’ignoto per guidare le masse? La scienza, quella indipendente, nonostante gli sforzi per spiegare e comprendere il clima ancora non ci riesce. A Parigi fu realizzato il più grande centro climatologia mondiale dove si sta cercando di realizzare un modello matematico per studiare il clima per cercare di prevedere quello futuro ma a tutt’oggi i risultati sono oltre scadenti. Eppure l’IPCC dell’ONU continua a prevedere catastrofi climatiche.

  3. C’è una targa di marmo sul muro di un palazzo di un quartiere di Verona che indica il livello dell’acqua dell’Adige che aveva esondato. Era il 1882. Quindi il cambiamento climatico tanto sbandierato non c’entra un bel nulla così come si evince dal tuo articolo Vittorio. Allora furono alzati gli argini dell’Adige e non successe più nulla. Basta con i tentativi di spaventare l’opinione pubblica per imporre limitazioni ai cittadini ed imporre scelte di mercato.

  4. Carissimo Vittorio, ho letto con grande interesse il tuo articolo, lo condivido anche perchè giorni fa ho esposto le stesse critiche all’amministrazione regionale dell’Emilia-Romagna per la mancata cura, pulizia e mantenimento dei corsi d’acqua. Preziose anche le informazioni storiche. Bravissimo, come sempre. Grazie!

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