Lettera al Direttore di Daniel Taub * – da “Il Messaggero” dell’11 gennaio 2024
Caro Direttore, troppo spesso l’assassinio delle persone ha inizio con l’uccisione del liguaggio. Il perverso processo che portò all’Olocausto nazista ebbe inizio con un attacco alle parole. Le deportazioni nei campi di concentramento furono definite “reinsediamento”, le camere a gas descritte come “docce”, e il diabolico progetto di annientare un intero popolo venne bollato come “Soluzione finale”. Lo svuotamento del linguaggio del suo semplice significato fu fondamentale per rendere possibile l’impensabile.
Fu la risposta a questo deliberato tentativo di neutralizzare il linguaggio che un giovane avvocato polacco, Raphael Lemkin, suggerì che fosse necessario un nuovo termine legale, per descrivere senza giri di parole l’atrocità più grave che si potesse immaginare, quella che, nel linguaggio delle Nazioni Unite “scuote la coscienza dell’umanità”. Il termine da lui proposto e adottato dalla comunità internazionale era il crimine di genocidio.
È tanto più sconcertante quindi che, mentre è ancora viva la memoria delle atrocità che diedero origine al termine genocidio, siano testimoni di un cinico tentativo di alterare iI significato della parola stessa.
Il recente ricorso alla Corte internazionale di Giustizia presunto genocidio da parte di Israele rientra proprio tra questi tentativi.
Il termine “genocidlo” è in effetti pertinente all’attuale conflitto. Le indicibili atrocità commesse da Hamas il 7 ottobre scorso, tra cui l’omicidio, la tortura, lo stupro e la mutilazione di 1200 israeliani, oltre che il rapimento di altre 240 persone da tenere in ostaggiom sono stati infatti degli atti che perseguivano un vero e proprio programma genocida.
Hamas, il cui statuto fondante prevede l’uccisione degli ebrei ovunque si trovinom non solo ha celebrato l’uccisione di ogni vittima, filmando e diffondendo con esultanza le atrocità perpetrate, ma aveva come piano proprio quello di avanzare sempre più nel territorio israeliano, uccidendo chiunque si trovasse sul suo cammino. Da allora i leader di Hamas hanno orgogliosamente insistito sul fatto che è loro intenzione e speranza quella di commettere le atrocità del 7 ottobre “ancora e ancora e ancora”.
Nessuno Stato rimarrebbe passivo dl fronte a tali attacchi barbarici e all’intenzione dichiarata di ripeterli. Nessuno Stato rimarrebbe Inerte mentre 130 ostaggi, tra cui neonati, malati e anziani, sono ancora tenuti prigionieri dai terroristi. Eppure nel procedimento attuale non è Hamas ad essere accusato di genocidio per i suoi massacri, ma Israele per essersi difeso.
Affrontare le infrastrutture terroristiche a Gaza comporta un carico di dilemmi laceranti. Negli ultimi 16 anni Hamas, da quando ha preso il controllo, ha creato una realtà inconcepibilmente orribile. Non solo il linguaggio è stato privato di significato, ma nulla di sacro è stato risparmiato. Gli ospedali non sono ospedali, le scuole non sono scuole e le moschee non sono moschee. Servono piuttosto a mimetizzare e coprire lanciamissili e depositi di armi. I terroristi emergono dai tunnel sotto i letti dei bambini e dai rifugi negli ospedali, uomini armati sparano dalle scuole, vengono riprodotte registrazioni di bambini che piangono per attirare le forze israeliane in trappole mortali.
In simili terrificanti condizioni, Israele compie sforzi straordinari, per ridurre al minimo in danno causato alla vita dei civili palestinesi che Hamas disprezza. Tra questi sforzi vi sono anche centinaia di migliaia di messaggi e telefonate che invitano i civili a evacuare le aree di trinceramento del terrorismo, e l’interruzione degli attacchi laddove vi sia la probabilità di un numero sproporzionato di vittime tra non combattenti.
Vari eserciti occidentali hanno riconosciuto che molte delle misure adottate da Israele potrebbero non essere adottate da loro, in circostanze simili.
Hamas non sarebbe in grado di portare il grottesco capovolgimento dei fatti, per cui le azioni di Israele volte a far difendersi, vengono fatte passare come “genocidio” mentre i suoi stessi atti di omicidio, stupro e rapimento vengono ignorati o addirittura celebrati, senza la complicità di partner compiacenti.
Purtroppo II Sudafrica si è fatto avanti con entusiasmo per svolgere questo ruolo. L’ansia, che ha avuto il Sud Africa di intentare una causa per genocidio contro Israele ha poco a che fare con la offerenza dei palestinesi. Non habmai alzato la voce riguardo all’assassinio di decine di migliaia di palestinesi in Siria, né alla loro persecuzione da parte di Hamas a Gaza. Né è una risposta agli eventi recenti. Già nel 2007 il Sud Africa invitò una delegazione di Hamas in visita ufficiale. Ha ospitato i leader terroristici di Hamas, così come ha ospitato Omar Al Bashir dopo la sua incriminazione per aver commesso il genocidio in Darfur.
L’8 ottobre, il giorno successivo alle peggiori atrocità commesse contro il popolo ebraico dall’Olocausto, i leader sudafricani hanno chiamato gli alti dirigenti di Hamas, per esprimere la loro solidarietà e, prima ancora che Israele iniziasse a difendersi, hanno incolpato per la “nuova conflagrazione”.
Lungi dall’essere motivata da qualsivoglia preoccupazione umanitaria, l’iniziativa sudafricana è uno spudorato di fare del termine coniato per descrivere il peggior crimine commesso contro lo stesso popolo ebraico, un’arma da usare contro lo Stato ebraico, per privarlo della possibilità di difendersi. Settantacinque anni dopo l’adozione della Convenzione sul genocidio ci sono ancora tra noi sopravvissuti all’Olocausto. Una di loro, Yaffa Adar, ha vissuto gli orrori della Shoah e ora è madre di tre figli, nonna di otto nipoti e bisnonna di sette pronipoti. È stata presa in ostaggio iI 7 ottobre e ha trascorso 49 giorni nella brutale prigionia di Hamas.
Dopo tutto quello che Yaffa ha passato, durante l’Olocausto 78 anni fa, e per mano di Hamas oggi, è difficile immaginare che debba essere testimone di un grottesco tentativo di strumentalizzare come arma il crimine stesso di genocidio.
* Ex Ambasciatore di Israele nel Regno Unito
Purtroppo i giudici sono politicizzati… so che moltissime persone in tutto il mondo (compresi gli italiani) hanno fatto causa ai governi ed anche ai globalisti per le violazioni dei diritti umani ed anche per genocidio… io li vedo tutti liberi e non è stato mosso un dito contro di loro… come la mettiamo?
Concordo con quanto scritto l’ipocrisia non ha mezze misure pur di far prevalere i propri interessi. I contesti sono oggettivamente diversi eppure questo è quello che si sente anche al di fuori della Corte e nessuno approfondisce il discorso. Ivano