MAGDI CRISTIANO ALLAM: “Il “Piano Mattei” è fallito. L’Italia scelga il “Piano Don Bosco” per emancipare gli africani”

Cari amici buongiorno. Mi auguro di cuore che stiate tutti bene in famiglia e che vi siate risvegliati colmi d’amore per la vita.

Oggi è la Festa di San Giovanni Bosco (1815 – 1888), un “Maestro”, seppur non dichiarato dalla Chiesa cattolica che, al pari di San Benedetto da Norcia (480 – 547), ha concepito il sodalizio tra la fede e le opere come il fondamento della testimonianza cristiana.
San Giovanni Bosco donò ai ragazzi più sfortunati, abbandonati in mezzo alla strada, un futuro sicuro e costruttivo, accogliendoli con l’amore che è il nuovo comandamento portatoci da Gesù, inculcando in loro i valori che s’ispirano alla morale naturale che è parte integrante della fede cristiana, insegnando loro un mestiere per emanciparsi economicamente. È così che ciascuno di noi diventa autenticamente protagonista della propria vita, acquisendo i valori e le opere che contribuiscono alla costruzione di una società migliore.

Ho avuto la fortuna di essermi formato con il sistema educativo e la morale cristiana di San Giovanni Bosco, studiando e vivendo in collegio per otto anni nell’Istituto Salesiano al Cairo, dove ho conseguito la maturità scientifica.
Ad oggi l’Istituto Salesiano Don Bosco al Cairo continua ad operare pur avendo la totalità degli studenti egiziani, in prevalenza di fede musulmana, mentre alla mia epoca c’erano tanti studenti italiani e una maggioranza di cristiani.
Le famiglie musulmane concepiscono positivamente l’educazione e l’istruzione, ora totalmente professionale, dei Salesiani, perché è qualitativamente migliore rispetto a quelle statali o private presenti in Egitto. Va rilevato, e ciò lo valuto negativamente, che all’interno dell’Istituto è stato adibito uno spazio a luogo di preghiera islamica. È invece indispensabile che un’istituzione cristiana mantenga sempre la propria identità religiosa, nella consapevolezza che solo così potremo salvaguardare la certezza della nostra fede, sollecitando una riflessione interiore da parte di chi, pur essendo di fede diversa, prende atto che l’istituzione cristiana è qualitativamente migliore.

Io sono testimone del fatto che l’attività degli istituti salesiani in Africa è altamente positiva nel formare i giovani, trasformarli in artigiani, tecnici, professionisti che assurgono a protagonisti dello sviluppo del proprio Paese; creando grazie a loro il ceto medio, che è il fondamento di una società più equa nella distribuzione della ricchezza; che a sua volta costituisce la base solida per uno Stato più interessato a promuovere il benessere dei propri cittadini e a coltivare la pace con il resto del Mondo.

La realtà delle scuole salesiane ci conferma che l’Italia deve investire, sia nella sua politica dell’istruzione all’interno del nostro Paese, sia nella politica estera con gli Stati del cosiddetto “Terzo Mondo”, a cominciare dall’Africa, nella formazione dei giovani conformemente al “Metodo educativo di Don Bosco”, che coniuga fede e opere, spiritualità e professionalità.

L’Italia, più di altri Stati in Europa, è la Patria delle micro e piccole imprese. Il vero valore aggiunto che l’Italia può apportare, differenziandosi e qualificandosi positivamente rispetto ad altri, è l’investimento nella formazione dei giovani, che significa investire nella dimensione “micro”, non nella dimensione “macro”; aiutare allo sviluppo “dal basso”, non al consolidamento del potere “dall’alto”; far crescere “i piccoli”, non ingrassare “i grandi”.

Oltretutto l’Italia non dispone di grandi risorse finanziarie da elargire, più o meno come tangenti ai boss che gestiscono il potere in Stati africani che si contraddistinguono per essere tra i più corrotti al Mondo. A maggior ragione, investire risorse più limitate ma finalizzate all’educazione e alla formazione professionale dei giovani africani, diventa anche uno strumento potente per avviare un processo sociale virtuoso che faccia prevale l’etica del lavoro rispetto alla ancestrale e inveterata piaga del parassitismo, che induce la maggioranza degli africani a immaginare che la loro sopravvivenza dipenda dall’elemosina che arriva dal cosiddetto “Primo Mondo”. La piaga del parassitismo e la prassi egemone della corruzione sono due facce della stessa medaglia, alimentati deliberatamente dalle grandi potenze, gli Stati Uniti, l’Unione Europea, Cina e Russia, che sono essenzialmente interessate a sfruttare le risorse minerarie e agricole dell’Africa, mantenendo gli africani in una condizione di indigenza. Il paradosso è che, per un verso, l’Africa è il Continente più ricco del Mondo, ma gli africani sono i più poveri in seno all’umanità.

Ecco perché, il cosiddetto “Piano Mattei”, promosso dal Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, è sbagliato dalle fondamenta. Enrico Mattei, pur di scalzare il predominio delle “Sette sorelle”, le multinazionali del petrolio, scese a patti con i governanti degli Stati arabi ed islamici produttori, ed anche con l’Unione Sovietica, offrendo loro in cambio il 75% dei proventi. Il “Piano Mattei” della Meloni, mantiene la stessa logica verticistica, l’idea che si debba dare i soldi a chi sta al potere per ottenere in cambio delle contropartite. L’Eni, di fatto, continua a operare con la stessa logica, che sostanzialmente si chiamano tangenti. L’Eni non potrebbe operare diversamente, perché tutte le imprese impegnate in Africa sono costrette a pagare le tangenti. Ma uno Stato, oltretutto se mosso dal nobile ideale di promuovere lo sviluppo e la democrazia, non può operare in modo contrastante sia con le proprie leggi sia con la propria morale.

L’Italia, specie dopo che il “Piano Mattei” è stato bocciato dai maggiori Stati africani, perché offrire 5,5 miliardi di euro è irrisorio rispetto alle contropartite richieste, abbandoni la logica verticistica che perpetua il parassitismo e la corruzione; abbracci il “Piano Don Bosco”, cioè la scelta di investire nell’educazione e nell’emancipazione dei giovani africani, per cambiare dalle fondamenta la società africana, creando una realtà di micro e piccole imprese che troveranno nell’Italia l’interlocutore più vantaggioso, non solo per la contiguità geografica, ma anche per l’affinità sul piano strutturale ed etico.

Magdi Cristiano Allam
Fondatore della Comunità “Casa della Civiltà”

Martedì 30 gennaio 2024

La Casa della Civiltà è un’Associazione di Promozione Sociale (APS), fondata da Magdi Cristiano Allam nel 2021. Promuove un percorso di Formazione culturale, di Mobilitazione civile e di Azione politica costruttiva per dare certezze sul piano dell’informazione corretta, fortificare gli animi, infondere determinazione per far rinascere la nostra civiltà decaduta, salvare gli italiani dal tracollo demografico, riscattare lo Stato collassato, con l’obiettivo di elevare la nostra amata Italia nel Paese numero 1 al Mondo per la qualità della vita.

Dal lunedì 5 febbraio Magdi Cristiano Allam inizierà un nuovo ciclo del Corso di Formazione culturale, che si articola in sei lezioni di base e in conferenze tematiche. Chi è interessato a partecipare invii una mail a comunicazione@casadellacivilta.it, indicando nome e cognome, data di nascita, Comune di residenza, professione, cellulare, e-mail.

Per aderire alla Casa della Civiltà inviate una e-mail a adesioni@casadellacivilta.it ; o inviate un messaggio tramite Sms o Whatsapp a Marialuisa Bonomo, assistente personale di Magdi Cristiano Allam, al suo numero 335.234430. Trovate tutte le informazioni sul sito www.casadellacivilta.com

2 commenti su “MAGDI CRISTIANO ALLAM: “Il “Piano Mattei” è fallito. L’Italia scelga il “Piano Don Bosco” per emancipare gli africani”

  1. Tutti vorremmo che l’Africa diventasse la Terra Promessa ove dietro ad ogni porta si aprisse un Centro Don Bosco. Africa è da sempre terra ove la Chiesa ha scritto, spesso con il sangue, le pagine più belle della sua Missione cristiana: aiutare, educare, istruire e quando “possibile” convertire al Cristianesimo. Questo lo sta già facendo e continua a farlo da sempre.
    Ora e non senza motivo, il nostro Governo si è “inventato” il Piano Mattei.
    L’Italia è ponte tra Europa e Africa.
    Al Piano Mattei parteciperanno 25 paesi africani.
    È ovviamente condiviso da vertici politici europei, aziende europee ed italiane.
    Africa è continente con immense ricchezze che non verranno depredate, come successo in passato, né si butteranno soldi a favore di governanti e di coloro che detengono le leve politiche e finanziarie nel Paese e che alla fine risultano essere i soli “beneficiari”.
    Infatti è attraverso certi meccanismi che si riconosce la politica corruttiva e allo stesso tempo predatoria di Aziende europee ed occidentali.
    Il Piano Mattei non vuole essere una scatola chiusa da imporre e calare dall’alto, come fatto in passato.
    il piano energetico e sociale vuole emulare l’approccio “non predatorio” e “globale” nei confronti del continente africano da parte dell’Europa.
    In altre parole, si intende promuovere il Continente Nero, garantirne lo sviluppo sostenibile e duraturo senza sfruttarlo.
    Il Piano Mattei può contare su 5,5 miliardi di euro tra crediti, operazioni a dono e garanzie: circa 3 miliardi dal fondo italiano per il clima e 2,5 miliardi e mezzo dal fondo per la Cooperazione allo sviluppo.
    Il metodo deve essere nuovo. È stato pensato come una piattaforma programmatica aperta alla collaborazione delle nazioni africane, sia nella fase di progettazione che di attuazione dei singoli progetti.
    5,5 mld euro a Egitto, Tunisia, Etiopia, Mozambico, sono stati approvati dai vertici Europei.
    Al vertice per il Piano Mattei fortemente voluto dal Governo italiano, significativamente tenuto al Senato della Repubblica, non tutto è andato dritto nel senso che il Presidente della Commissione Stati Africani ha lamentato di non essere stato consultato.
    Il Presidente pretende e con ragione, di passare dalle parole ai fatti: non più promesse spesso non mantenute.
    Progetti pilota sono già in corso in almeno 9 i Paesi africani: Marocco, Tunisia, Algeria, Egitto, Costa d’Avorio, Etiopia, Kenya, Repubblica democratica del Congo e Mozambico.
    Cinque punti essenziali attraverso i quali verrà portato avanti il Piano Mattei:
    Istruzione e Formazione – Agricoltura – Salute – Energia – Acqua
    Istruzione e Formazione: Il Piano intende promuovere la formazione e l’aggiornamento dei docenti, l’avvio di nuovi corsi professionali in linea con i fabbisogni del mercato del lavoro e la collaborazione con le imprese, coinvolgendo in particolare gli operatori italiani e sfruttando il modello italiano delle Pmi.
    In Marocco sarà realizzato “un grande centro di eccellenza per la formazione professionale sul tema delle energie rinnovabili”, mentre in Tunisia è prevista, già nel 2024, una riqualificazione strutturale delle scuole e scambi fra studenti e insegnanti.
    Agricoltura: Si punta a diminuire i tassi di malnutrizione, favorire lo sviluppo delle filiere agroalimentari, sostenere lo sviluppo dei biocarburanti non fossili.
    Per l’Algeria è previsto “un progetto di monitoraggio satellitare sull’agricoltura”, in Mozambico “un centro agroalimentare che valorizzi le eccellenze e l’esportazione dei prodotti locali”, mentre in Egitto il Piano intende “sostenere in un’area a 200 chilometri da Alessandria la produzione di grano soia, mais e girasole, con investimenti in macchinari, sementi, tecnologie, e nuovi metodi di coltivazione”.
    Salute: Il Piano mira a rafforzare i sistemi sanitari, migliorando l’accessibilità e la qualità dei servizi primari materno -infantili (obiettivo di un progetto in Costa d’Avorio), a potenziare le capacità locali in termini di gestione del personale sanitario e della ricerca; sviluppare strategie di prevenzione e contenimento delle minacce alla salute, in particolare pandemie e disastri naturali.
    Energia: È uno dei settori centrali del Piano con l’obiettivo di rendere l’Italia un hub energetico, un ponte tra l’Europa e l’Africa, come con “l’interconnessione elettrica Elmed fra Italia e Tunisia e il nuovo corridoio per il trasporto di idrogeno dal Nord Africa all’Europa centrale passando per l’Italia”. Centrale il nesso clima-energia, con interventi per rafforzare l’efficienza energetica e l’impiego di energie rinnovabili. È un impegno che ricomprenderà anche lo sviluppo di tecnologie applicate all’energia e di centri di innovazione, dove le aziende italiane potranno selezionare start-up locali e sostenere così l’occupazione. In questo pilastro rientra “un’iniziativa in Kenya dedicata allo sviluppo della filiera dei biocarburanti, che punta a coinvolgere fino a circa 400 mila agricoltori entro il 2027”.
    ACQUA: Risorsa preziosissima, la cui scarsità in Africa – si sottolinea – rappresenta uno dei principali fattori di insicurezza alimentare, conflittualità e spinta alla migrazione. Gli interventi prevedono la perforazione di pozzi, alimentati da sistemi fotovoltaici, gli investimenti sulle reti di distribuzione. Uno dei progetti per la Repubblica democratica del Congo prevede ad esempio la “costruzione di pozzi e reti di distribuzione dell’acqua, soprattutto a fini agricoli, alimentate esclusivamente da energia rinnovabile”, mentre in Etiopia ci saranno “interventi di risanamento delle acque”.
    Non ci resta che pregare che vada in porto.
    Francesco Violini

  2. Non si può certo dire che manchino i buoni propositi nello sforzo messo in campo dal governo italiano per l’Africa teso a limitare il flusso migratorio e ad acquisire un più attivo ruolo nel continente africano, ma in effetti, per un reale risultato, bisogna agire anche dal basso e non facendo piovere dall’alto interventi che, per le solite e consolidate dinamiche, portano acqua solo alle solite multinazionali.

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