DAVIDE MARIA ROSARIO FICARRA: Coordinatore Commissione Educazione e Istruzione della Comunità Casa della Civiltà – Documento finale pubblicato il 30 dicembre 2022 – Educazione costruttiva, Istruzione oggettiva, Professione certa

Le tendenze degeneri in atto
I fenomeni e le tendenze culturali dei tempi che stiamo vivendo si inquadrano all’interno di una realtà in cui si evidenzia un sostanziale sfaldamento dei cardini della razionalità e dei criteri oggettivi attraverso i quali attuare un approccio conoscitivo nei confronti del mondo. Una diffusa e indistinta valorizzazione della dimensione delle emozioni e dell’irrazionalità, giustificata attraverso il rispetto di un democratico pluralismo sociale e culturale, ha sfaldato l’impianto strutturale della logica e della ragione, impoverendo di conseguenza le potenzialità speculative e l’autonomia di giudizio individuali. In virtù di un dettato generale che auspica la realizzazione dell’obiettivo di relazionarsi agli altri e di accogliere e includere tutti, è in atto la tendenza a liberalizzare ogni azione, a giustificare il fare senza l’anticipazione propedeutica del pensiero. Si rileva una prevalenza riconosciuta alla dimensione della collettività, e non dell’individuo, che porta ad appiattire le specificità soggettive e a dar credito a tendenze omologanti che traducono in maniera degenere il valore dell’uguaglianza e il riconoscimento delle pari opportunità. Va di pari passo, questa tendenza, con una generale svalutazione della memoria e del passato. Partire dal passato per acquisirne una conoscenza che determini un atteggiamento coscienzioso non ha, in pratica, un ruolo determinante. La mancanza di un approccio adeguato allo studio sostanzia la generale povertà di contenuti e di conoscenze che caratterizza il bagaglio culturale medio degli individui all’interno della società. Il bisogno di consenso sociale ha acquisito un potere di condizionamento esasperato che ha annullato la ricchezza e l’eterogeneità intrinseca alla conoscenza stessa, ha semplificato l’apertura all’altro nei termini di un appiattimento sincronico alla realtà e lo ha configurato come atto di condivisione acritica del punto di vista dominante. Una radicale riformulazione delle modalità di approccio relazionale dell’individuo nei confronti dell’ambiente circostante e finanche il modo attraverso cui l’atto conoscitivo si estrinseca nei riguardi della realtà che ci circonda rappresentano, d’altronde, il veicolo principale attraverso il quale si realizza il generale impoverimento culturale che caratterizza l’attuale società. Il mondo viene filtrato attraverso la tecnologia, la quale fornisce un’immagine riflessa della realtà attraverso internet e i media. Si evidenzia un’incapacità di percepire materialmente la realtà, la quale si misura unicamente sull’illimitata e incontrollabile duplicazione della sua immagine, sulla sua quanto più ampia diffusione mediatica e sul valore aggiunto dei consensi che ne ottiene. Si percepisce palesemente l’idea secondo la quale il bisogno stesso di accettare se stessi e di farsi accettare dagli altri abbia acquisito i termini di un vero e proprio annullamento del valore dell’originalità come tratto distintivo del carattere e dell’individualità del singolo e abbia acquisito un potere di condizionamento assolutizzante, che si concretizza nel condividere la posizione degli altri acriticamente e nel ripetere ciò che dice chi ha più visibilità e più credito.

La società ridotta all’immagine di sé
L’ideologia che ha dominato la società già a partire dal secolo scorso ci ha spesso imposto di occupare, nel mondo, un ruolo estrinseco e formale, funzionale al raggiungimento di finalità dettate da logiche finanziarie, economiche e materiali. Il dominio dell’economia sulla vita sociale ha fatto sì che l’uomo si dovesse affermare all’interno della realtà privilegiando la dimensione dell’“avere” su quella dell’“essere”. L’epoca attuale si configura come un ulteriore passo in avanti in questa prospettiva esistenziale che mette al centro la merce come misura dal valore delle cose e l’economia come paradigma. Oggi la dimensione sociale si identifica non con l’avere, risultato dell’accumulo economico, ma con l’“immagine dell’avere”, e il mondo reale si presenta come immagine della realtà stessa. Si afferma, cioè, la tendenza a spettacolarizzare il mondo stesso, non più percepibile in maniera tangibile, ridotto alla dimensione visiva di se stesso, svuotato dal di dentro, povero a livello noumenico e identificabile con la rappresentazione di sé. Lo “spettacolo” ha determinato una società in cui gli atti e i prodotti umani ed economici la presuppongono.

A livello scolastico ed educativo, si riconosce l’attuale prevalere di indirizzi pedagogico-didattici finalizzati allo sviluppo nei discenti di un’intelligenza simultanea, agevolata da un’eccessiva centralità riservata alla dimensione visiva anche attraverso l’impiego prevalente di strumenti tecnologici che privilegiano l’uso di immagini. Si sottolinea quindi il fatto che questa tendenza ha contribuito a determinare un forte abbassamento del potenziale sviluppo, nei giovani, di forme di intelligenza sequenziale, fondamentali per la maturazione, nei discenti, di un senso critico individuale.

Il nodo cardine della scuola: la formazione intellettuale
Preso atto di una realtà siffatta, si rileva il forte bisogno di riformulare in maniera radicale il ruolo degli enti preposti all’educazione dei giovani, in virtù della riaffermazione del principio per cui fare esperienza, cioè vivere, non significa semplicisticamente abbracciare la pratica. Approcciarsi al mondo e alla vita significa soprattutto meditare sulla realtà e acquisire consapevolezza di come essa è fatta, in vista anche del proposito di prenderne le distanze. La scuola deve dare precedenza al compito di guidare i giovani affinché essi possano realizzare il loro contatto con il mondo in maniera, ora più che mai, consapevole e preparata, agendo in maniera prevalente sulla loro formazione intellettuale. Il nodo cardine su cui la scuola dovrà concentrarsi è quello di indicare agli studenti, a tutti i livelli, i percorsi per essere critici nei confronti dell’esperienza pratica e di giungere preparati alle azioni ancora da compiere. Il ruolo nuovo che si intende attribuire alla scuola e agli altri enti preposti all’educazione dei giovani è quello di rendere i giovani in grado di agire attivamente nel mondo e di occuparne con coscienza un posto che valorizzi le loro specificità, al fine di cambiare la realtà migliorandola, non di adeguarsi ai suoi dettami o alle sue tendenze in atto. Si tratta di agire per valorizzare le specificità e i singoli e insegnare loro a distinguersi dalla massa al fine di consentire a tutti di costruire davanti a sé un futuro realizzabile e certo, nel quale essere, ognuno, componente imprescindibile della società. Solo attraverso la piena attuazione del riconoscimento delle specifiche individualità di ognuno sarà possibile rifondare il valore aggregante della collettività in quanto dimensione di ulteriore potenziamento di valori identitari e di salvaguardia di principi morali sani e universali.

Individui come creatori del mondo
L’istanza principale dalla quale è necessario prendere le mosse è quella di dotare l’individuo della capacità di autodifendersi, realizzando in lui, attraverso la formazione culturale, la possibilità di dotarsi di un adeguato baluardo contro le banalizzazioni a cui si viene incontro quando si condivide in maniera incosciente la posizione dominante nella società. Il processo educativo deve nascere per contrasto rispetto a un contesto che non rappresenta più una realtà capace di valorizzare e salvaguardare i principi etici che costituiscono i capisaldi della vita individuale e collettiva. Fortificare le difese individuali significa rendere i giovani in grado di riconoscersi come militanti, attori e creatori del mondo, non semplici suoi spettatori e consumatori.

Bisogna tornare a riconoscere il carattere di indiscutibilità dei valori costitutivi dell’esistenza, affermandone la validità oggettiva a discapito di diffuse derive irrazionali e di mode costruite su istinti o entusiasmi passeggeri. A tale scopo, ripartire dall’individuo significa riconoscere come fondanti i caratteri identitari e oggettivi della natura e, al contempo, valorizzare le specificità soggettive che rendono il singolo diverso dagli altri e in grado di elaborare un proprio punto di vista sugli eventi che lo circondano. In un’epoca nella quale le fonti di informazione agiscono in maniera tale da creare sovrabbondanza documentaria e prevaricano sulle capacità individuali di relazionarsi in maniera critica nei confronti dei contenuti, è necessario fornire al discente solidi criteri di valutazione da applicare in maniera rigorosa al fine di scartare versioni alterate e mistificazioni dei contenuti e orientarsi correttamente alla ricerca della verità.

Il sé e l’altro e l’identità nazionale
Il proposito della scuola deve essere quello di rifondare la coscienza dell’individuo, riconoscendo in essa il luogo della verità. Il confronto tra il sé e l’altro deve partire da una dimensione soggettiva ben definita, delimitata da precisi confini e sorretta da una solida autocoscienza, che consenta al singolo di padroneggiare i concetti sostanziali di bene e di male e di saperli distinguere, identificando valori e disvalori sulla base del bene primario e universale della vita. Tale bene è da difendere contro le alterazioni operate in seno a orientamenti ideologici degeneri, improntati in senso relativista, in grado di mistificare il concetto di bene fino a farlo coincidere col suo opposto e di rielaborare l’insieme dei valori di base su cui fondare l’esistenza fino a negare la vita stessa, inneggiando alla morte attraverso l’annichilimento della socialità, dei rapporti umani, della propria identità storica. Al sistema educativo si riconosce, invece, il compito di infondere e di rafforzare negli individui il senso di appartenenza comunitaria in relazione a un passato storico condiviso, riconoscendo nelle radici della nostra civiltà le origini dei valori dell’uguaglianza e della pari dignità tra le persone, a prescindere dal credo religioso, dal genere di appartenenza, dalle idee. Il principio laico alla base del rifiuto di ogni pregiudiziale chiusura relazionale e conoscitiva nei confronti dell’altro e che fonda sull’accoglienza e sulla pluralità il proposito di arricchirsi e di migliorare, non prescinde dal passato ma anzi si afferma attraverso la conoscenza e la trasmissione delle nostre memorie e tradizioni locali e nazionali. Le possibilità del presente non si possono realizzare appieno senza una profonda memoria e condivisione delle radici storiche. La scuola deve perciò saper valorizzare le risorse culturali presenti sul territorio nazionale a tutti i livelli, privilegiando l’enorme patrimonio artistico del nostro Paese, che testimonia la ricchezza di un passato di cui siamo tenuti a essere testimoni oggi, al fine di ereditarlo nei confronti delle generazioni future. Rendere il singolo capace di aprirsi all’altro richiede necessariamente l’acquisizione di un profondo senso identitario che si specifica nella maturazione di un sentimento di appartenenza nazionalitario e patriottico. La scuola deve rendersi nuovamente capace di formare una cittadinanza che si riconosca all’interno dei confini del proprio Paese, non allo scopo di chiudersi nei confronti di problemi umani che accomunano a livello continentale e planetario, ma proprio allo scopo di riconoscere elementi di continuità all’interno dell’eterogeneità e della pluralità delle esperienze culturali emerse nei diversi spazi e nei diversi tempi della storia europea e della storia dell’umanità intera.

Conoscenze e valori: i docenti come formatori ed educatori
La scuola deve rappresentare il luogo formativo per l’edificazione umana di tutti coloro che andranno a costituirsi protagonisti della società futura. Al fine di far maturare in tutti, uomini e donne, il possesso di una ferma consapevolezza di sé e degli altri, è necessario che la scuola contribuisca alla crescita completa degli individui, seguendo un approccio olistico. Sin dalle prime fasi della formazione scolastica si richiede di educare bambini e adolescenti edificando in loro solide conoscenze scientifiche e umanistiche, prima attraverso attività ludiche e sperimentali poi teoriche e pratiche, affinché il sapere venga acquisito e posseduto in maniera da costituire un’ampia e approfondita sostanza culturale nella mente dei futuri cittadini. Di pari passo con lo sviluppo di tale ampia conoscenza si deve perseguire, a scuola, la maturazione ideale e pratica, nei discenti, dei valori umani che sostanziano la storia della nostra civiltà e che costituiscono la materia vivente alla base della nostra identità. A tale scopo è opportuno caratterizzare materie e discipline come ambiti di conoscenza tra i quali sottolineare continuità e motivi di intersezione, percependone i confini come facilmente oltrepassabili, per trattare tematiche comuni e argomenti condivisi. L’epistemologia delle singole discipline non deve però risultarne svilita. In virtù di un approccio gnoseologico completo si richiede di valorizzare le specifiche competenze dei docenti, ognuno nel suo ambito, al fine di assolvere all’impegno di studio non superficiale, ma sostanziale e approfondito, a cui è chiamata la scuola. Il proposito deve essere sempre quello di insegnare e di fare acquisire i contenuti delle varie materie attraverso il riconoscimento ai docenti del loro ruolo preminente di formatori e di educatori. L’obiettivo di innalzare il livello intellettuale medio della popolazione italiana passa necessariamente attraverso la riedificazione culturale della società della quale deve farsi artefice rigorosa la scuola, stabilendo responsabilità e ruoli dai contorni ben delimitati nei confronti del personale scolastico. I docenti devono poter impiegare le loro energie concentrandole tutte intorno al compito precipuo ed esclusivo di insegnare ognuno la propria disciplina, senza mortificare la propria professionalità nello svolgimento di mansioni di carattere amministrativo o di tipo burocratico.

LA SCUOLA DELL’INFANZIA
La scuola dell’infanzia rappresenta la realtà nella quale i bambini, dai tre ai sei anni, si approcciano per la prima volta con un ambiente esterno rispetto a quello familiare. In una linea di continuità rispetto alla dimensione protettiva e confortante del nucleo familiare, l’ambiente della scuola dell’infanzia deve mettere il bambino nelle condizioni ideali al fine di avviarlo ad apprendere nuovi contenuti e a relazionarsi con gli altri. Accogliere il bambino all’interno di una comunità fatta di coetanei e di adulti diversi dai propri genitori, significa introdurre l’individuo alla conoscenza di diverse forme di espressione e di vari linguaggi, al fine di renderlo in grado di decodificarli e di usarli per esprimersi; al contempo la scuola dell’infanzia ha il compito di arricchire e potenziare quella prima conoscenza del mondo che la famiglia ha avviato e continua ad alimentare parallelamente alla scuola. Fondamentale è che la scuola dell’infanzia agisca da cassa di risonanza rispetto alla insostituibile azione educativa svolta dai genitori, senza intaccarne l’irrinunciabile ruolo formativo atto a rispettare la caratterizzazione specifica dell’indole e delle potenzialità del bambino. Il numero di ore quotidiane che si prevede di occupare nell’ambito della scuola dell’infanzia non eccede quello dell’arco di una mattinata, in cui dare la possibilità ai piccoli studenti di svolgere una pluralità di attività in consonanza con le proprie inclinazioni e con le proprie preferenze, privilegiando varie forme di gioco individuale e collettivo. Il ruolo dei docenti è quello di accompagnatori e guide nel percorso di scoperta e di consolidamento delle conoscenze da parte dei bambini, nonché di gestori della sfera delle loro emozioni, al fine di permettere ai piccoli studenti di relazionarsi serenamente tra loro e nei confronti degli adulti, senza intaccare la loro diversa naturale predisposizione ai rapporti con gli altri, con gli oggetti e con l’ambiente circostante. La finalità dell’approccio didattico da parte della scuola dell’infanzia è quella di condurre gli studenti verso lo sviluppo della capacità di osservare e di percepire la realtà che li circonda, nonché di alimentare in loro la fantasia e di stimolare gli slanci creativi, aiutandoli a riconoscere affetti ed emozioni nel rispetto di un’idea oggettivamente condivisibile e assoluta di bene e di male. Nell’individuazione dei principi non negoziabili della vita, della famiglia e della libertà di educazione, la scuola dell’infanzia deve saper infondere nei bambini una prima consapevolezza della dignità intrinseca alle persone e alla natura per alimentare negli studenti amore verso di sé, verso il prossimo e interesse nei confronti del contesto circostante. Al fine di far nascere negli studenti il rispetto degli altri è necessario che la scuola agisca favorendo nei bambini la capacità di ascolto e infonda loro l’attitudine a dare la precedenza all’atto umile di recepire contenuti e di apprendere. A tale scopo risultano da proporre frequenti attività di ascolto di fiabe o di storie, anche sotto forma di lettura condotta dai docenti, per favorire lo sviluppo dei tempi di attenzione e di concentrazione e per agevolare il progressivo affinamento delle competenze linguistiche in italiano. Così facendo sarà possibile stimolare nei bambini la curiosità e aumentare la loro sensibilità nei riguardi dei valori umani della vita, contribuendo a fornirgli una concezione consapevole e matura dei concetti essenziali di bene e di male.

LA SCUOLA PRIMARIA
I 5 anni in cui si articola la frequentazione della Scuola Primaria, che vanno orientativamente dai 6 ai 10 anni di età dei bambini, sono dedicati all’acquisizione delle conoscenze fondamentali affinché gli individui sviluppino una cultura di base che gli consenta di formare e di maturare la propria personalità dal punto di vista cognitivo, affettivo, sociale e delle capacità corporee, nel pieno possesso dei principi etici alla base della convivenza con gli altri e nella valorizzazione del sentimento religioso dell’esistenza e della vita. Il compito della scuola primaria è l’alfabetizzazione di base dei cittadini attraverso l’insegnamento dei linguaggi, dei codici e dei contenuti della nostra cultura. I fondamenti della conoscenza da acquisire consistono nel possesso delle strutture grammaticali della lingua italiana e nella storia delle manifestazioni artistiche, letterarie, politiche e sociali del nostro passato. Attraverso un approccio al sapere articolato all’interno di un quadro integrato di conoscenze, nel rispetto dell’unitarietà della nostra storia culturale che ne determina l’ottica interdisciplinare, l’acquisizione delle conoscenze deve avvenire parallelamente alla maturazione di una piena coscienza di sé come essere umano e come cittadino. L’obiettivo è quello di sostanziare attraverso esempi concreti e storicamente databili i principi indissolubili sui quali costruire l’esistenza e intorno ai quali educare alla cittadinanza futura, cioè quelli della salvaguardia della vita e del ruolo fondante della famiglia, affinché la formazione culturale di base proceda insieme a una crescita umana completa della persona. Le abilità di base devono essere sviluppate valorizzando le molteplici potenzialità espressive del singolo e ponendo attenzione all’eterogeneità dei campi espressivi e culturali, anche in relazione al proposito di evidenziare gli ambiti in cui l’Italia ha eccelso. Determinante è la valorizzazione dell’espressione artistica (musica, pittura, scultura ecc.), attraverso un approccio didattico che privilegi la dimensione esperienziale in tutti gli ambiti.

Sul piano delle discipline scientifiche e matematiche, la Scuola Primaria ha il compito di formalizzare le conoscenze già intuitivamente in possesso degli studenti, di accrescerle attraverso una prima acquisizione dei criteri su cui si fonda il metodo scientifico e sviluppando, attraverso l’osservazione diretta e la stimolazione del ragionamento, una consapevolezza precisa dei principali fenomeni naturali.

LA SCUOLA SECONDARIA DI PRIMO GRADO
I tre anni che costituiscono la scuola secondaria di I grado rappresentano un momento breve ma fondamentale per costruire le basi sostanziali sulle quali sviluppare il bagaglio culturale e identitario degli studenti. Il primo grado della scuola secondaria presenta l’eterogenea articolazione del sapere in materie e discipline afferenti, ognuna, a specifici insegnamenti e facenti capo a singoli docenti. Pur nel dovuto riconoscimento dell’interdisciplinarità del sapere, che si sviluppa e si accresce valorizzando il rapporto di continuità tra i suoi vari ambiti, la scuola secondaria di I grado educa ad individuare e a rispettare i contorni epistemologici delle materie, riconoscendo loro una propria specificità di approccio analitico e interpretativo nei confronti della realtà e la dignità scientifica di metodi e procedimenti. Nella scuola secondaria di I grado la didattica delle varie discipline viene condotta approfondendo le conoscenze per favorire la formazione di un sapere di base variegato e ampio e per consentire l’acquisizione di una padronanza completa e più approfondita delle conoscenze. Il proposito della scuola secondaria di I grado deve essere quello di promuovere l’acquisizione dei contenuti didattici attraverso la sottolineatura del rigore logico della ricerca che ha permesso di raggiungerli, soppesando criteri e metodi scientifici, al fine di rendere gli studenti in grado di distinguere la dimensione dell’oggettività da quella della soggettività e i contenuti certi e innegabili dalle opinioni e dalle informazioni non sorrette da ponderate valutazioni. Finalità da perseguire urgentemente è quella di educare gli studenti alla capacità critica di sapersi orientare all’interno della tempesta di esperienze e di stimoli comunicativi a loro sottoposti quotidianamente dai media e da internet, dotandoli di una robusta consapevolezza di sé, degli altri e del mondo che gli consenta di discernere tra le fonti di informazione e di comparare versioni e punti di vista. Uno degli obiettivi a cui la scuola secondaria di I grado si deve dedicare è proprio quello di favorire l’esplorazione e la scoperta, per promuovere il gusto per la ricerca di nuove conoscenze senza, però, smentire quanto già acquisito in passato. Si tratta di una prospettiva che alimenta la capacità di problematizzare e di contestualizzare il sapere e che svolge una funzione insostituibile, quella di sollecitare gli alunni a sollevare domande, a proiettarsi in una dimensione dinamica della conoscenza, sapendo elaborare appropriate piste d’indagine e puntando all’originalità senza necessariamente decostruire i saperi storicamente acquisiti.

LA SCUOLA SECONDARIA DI SECONDO GRADO (a cura di Simonetta Ercoli)
Nell’attuale ordinamento scolastico italiano la scuola secondaria di secondo grado si articola in un ciclo di istruzione nazionale e in uno di formazione professionale regionale. Quello di formazione professionale, di competenza regionale, è un percorso destinato a quei giovani i quali, piuttosto che seguire una formazione scolastica completa, preferiscono entrare subito nel mondo del lavoro. Si tratta di un percorso articolato in molteplici offerte e prevede un biennio/triennio di studi con materie pratiche specialistiche, finalizzate al raggiungimento di una qualifica professionale. Lo studente, dopo il conseguimento del diploma di licenza di scuola secondaria di primo grado, ha la possibilità di accedere a uno di questi due diversi cicli scolastici di secondo grado per i quali assolverà l’obbligo di istruzione con il conseguimento di un biennio di frequentazione. Il ciclo di istruzione nazionale di scuola secondaria di secondo grado è articolato in diversi indirizzi: istituti professionali, istituti tecnici e licei. Questi indirizzi hanno in comune un’area generale, costituita dalle discipline di cultura di base: italiano, storia, lingua inglese, matematica, scienze. A queste materie si aggiungono discipline specifiche di indirizzo sia nel percorso liceale che in quello degli istituti, nei quali le differenze disciplinari sono più marcate in quanto direttamente collegate ai settori economici e produttivi del Paese. Ciascun percorso definisce uno specifico profilo educativo culturale e professionale dello studente, aderente alle competenze acquisite nel corso del quinquennio. I percorsi di istruzione secondaria di secondo grado hanno durata quinquennale, suddivisa in primo biennio comune, secondo biennio e ultimo anno. Al termine del percorso scolastico lo studente sostiene l’esame di Stato, con il rilascio del diploma, al quale è allegato il curriculum dello studente. Il titolo conseguito, per qualsiasi tipologia di scuola frequentata, corrisponde al livello 4 del quadro europeo delle qualificazioni e al livello 3 ISCED, ha valore legale e consente l’iscrizione ai percorsi dell’istruzione terziaria, professionalizzanti (istituti tecnici superiori – ITS), ai percorsi dell’AFAM (Alta Formazione Artistica, Musicale e Coreutica) e ai percorsi universitari.

Nel corso delle diverse riforme anche le modalità di insegnamento/apprendimento sono state modificate, sostituendo la didattica per conoscenze con la didattica per competenze: “La scuola deve quindi fare in modo che le giovani generazioni sviluppino competenze, intese come combinazione di conoscenze, abilità e atteggiamenti appropriati al contesto. La competenza è una dimensione della persona che, di fronte a situazioni e problemi, mette in gioco ciò che sa e ciò che sa fare, ciò che lo appassiona e ciò che vuole realizzare.” La valutazione del lavoro dello studente diventa di conseguenza molto più circostanziata e declinata, grazie all’introduzione di griglie di valutazione, che descrivono le prestazioni di uno studente attraverso indicatori, suddivisi in descrittori, che identificano i livelli delle competenze conseguite. Questo modello didattico, a dispetto delle finalità prefissate, induce una conduzione estremamente fluida e disarticolata dell’insegnamento/apprendimento con una marcata discrezionalità nella scelta dei contenuti e degli standard di base. Il risultato è stata la perdita della visione panoramica di qualsiasi argomento a favore di un sapere parcellizzato, privo di uno sviluppo organico; questi fattori hanno portato alla compromissione dello sviluppo della capacità critica nello studente. Si è progressivamente passati da una scuola tipica della nostra cultura ad un modello di istruzione di stampo anglosassone, molto distante dai nostri modelli culturali consolidati in secoli di storia. L’organizzazione delle discipline in dipartimenti ha, inoltre, portato al progressivo smantellamento della libertà di insegnamento, fucina di creatività e progettualità del docente, a favore di un insegnamento uniformato e indirizzato ideologicamente, centrato sui fattori sociali e completamente privo dei valori etici.

La scuola secondaria di secondo grado deve tornare a valorizzare i principi non negoziabili in ogni campo del sapere e rafforzare il senso di appartenenza alla nostra Italia, promuovendo la partecipazione alle competizioni internazionali (Certamen, Olimpiadi scientifiche ecc.). L’insegnamento/apprendimento deve essere centrato sull’approfondimento, l’ampliamento e l’acquisizione della capacità di aggiornamento autonomo, attingendo ai diversi tipi di fonti di documentazione e attivando un approccio analitico/sintetico ai vari ambiti del sapere e il loro riconoscimento in altri contesti, disciplinari e non. E deve promuovere, inoltre, l’acquisizione di un metodo di studio autonomo e di autovalutazione.

GLI STUDI UNIVERSITARI (a cura di Elio Cabib)
Il percorso universitario, sbocco formativo naturale e coronamento di quello scolastico, deve costruirsi sulle stesse premesse concettuali da cui prende le mosse la necessaria riorganizzazione della scuola.

La situazione attuale
Nello specifico dell’attuale contesto della popolazione studentesca universitaria italiana, si rilevano grosse carenze educative e formative ascrivibili a limiti che l’Università mostra di avere in comune rispetto alla realtà scolastica. L’incapacità conclamata, evidente ed endemica, a scrivere manualmente in modo leggibile e a disegnare con cura e precisione, sia a mano libera sia con l’ausilio degli strumenti del disegno geometrico, indicano gravi carenze, negli studenti, della percezione spaziale: difetti nell’immaginazione della forma di regioni piane e spaziali e il loro piazzamento, difficoltà nei processi di astrazione, scollegamento tra le capacità manuali e quelle cognitive che, invece, sono aspetti che dovrebbero svilupparsi parallelamente tra loro e in modo congiunto. Affidare l’educazione alla visione spaziale esclusivamente a immagini e ad animazioni virtuali ad alta risoluzione, rischia la vanificazione, nel discente, di necessari sforzi mentali critici e creativi, che, in tutti i campi, comportano una forte ricaduta in termini di irrecuperabili carenze sul piano di un’educazione alla scientificità realizzata in maniera efficace.

L’ampia diffusione, nel settore della Didattica della Fisica, della tendenza alla simulazione informatica delle esperienze di laboratorio, in quanto più semplice e meno costosa, evidenzia l’errore metodologico dell’inversione tra causa ed effetto: se in laboratorio si cerca di risalire alle leggi fisiche a partire dall’osservazione dei fenomeni reali e dalle loro misurazioni, si produce un inganno: la realtà virtuale generata dal computer viene, cioè, programmata proprio sulla base di quelle stesse leggi che non dovrebbero essere note a priori, ma oggetto di scoperta. Nella maggioranza della popolazione studentesca si rilevano carenze concettuali, linguistiche e logiche nella loro preparazione. Si tratta di aspetti tra loro fortemente interconnessi e capaci di integrarsi o potenziarsi reciprocamente, ma tali da configurare come irrecuperabile la situazione della preparazione di base di uno studente, quando le carenze si presentano diffuse in tutti e tre questi ambiti formativi. L’incapacità di uno studente di capire una definizione, ad esempio, può essere determinata da motivazioni come quelle seguenti: possono verificarsi difficoltà per via di ignoranza del significato di più uno o più elementi linguistici o per mancanze nelle capacità logiche o di analisi logica, che gli consentirebbero, invece, di cogliere le connessioni formali tra le varie parti del testo; oppure potrebbero presentarsi lacune, nella preparazione di base, relative ai concetti sconosciuti su cui tale definizione poggia. Se non viene recepito l’inquadramento della situazione che la definizione intende descrivere, allo studente non resta che impararla a memoria, il che, dal punto di vista dell’acquisizione di conoscenza, rappresenta un totale fallimento.

Nel 2000 si è messo mano all’Ordinamento degli Studi dell’Università italiana con una riforma radicale che ha istituito la laurea triennale, una sorta di diploma base, seguito da quella magistrale, nell’ambito del sistema dei crediti. Se il numero di crediti di un corso, come inizialmente prospettato, doveva essere una misura dell’impegno da parte dello studente allo scopo di conseguire determinati obiettivi, nei fatti, ben presto, il sistema dei crediti si è tradotto nel numero di ore che la Facoltà avrebbe assegnato a quel corso. La mera conversione dell’unità di misura dalle ore in crediti è stata severa sui corsi, che si sono visti ridurre drasticamente la durata in ore, e facilitante sugli studenti che si sono visti ridurre drasticamente l’impegno nello studio. I nuovi corsi sono stati dunque alleggeriti di alcune importanti difficoltà concettuali ed è venuto a mancare il rigore scientifico e la chiarezza concettuale. Ne hanno sofferto definizioni, processi logici e procedimenti di risoluzione dei problemi. Lo studente non viene più stimolato con problemi creativi, che richiedano un contributo personale di combinazione tra intuizione, logica e rigore, ma, al contrario, lo si coinvolge solo in problemi standard che richiedono la mera applicazione di formule risolutive già pronte e presentate come ricette preconfezionate. L’insegnamento è divenuto più superficiale e nozionistico e nella valutazione, basata sullo slogan “sapere e saper fare”, ha cominciato a scarseggiare il verbo “capire”. Il significato del credito è stato così stravolto e applicato in modo ideologico, per favorire un orientamento politico universitario già stabilito a priori. Questa riforma, inizialmente motivata dall’esigenza di limitare gli abbandoni e il fenomeno del “parcheggio universitario” affinché la laurea venisse raggiunta dagli studenti il più possibile nei tempi previsti dall’ordinamento, nei fatti si è rivelata puro commercio di studenti, esamificio e corsa ad avere il maggior numero possibile di iscritti, ricorrendo anche ad interventi pubblicitari nelle scuole del territorio. A tale scopo è stata moltiplicata l’offerta didattica con nuovi corsi di laurea e nuovi indirizzi, perfino con nomi inediti e stravaganti. Il danno culturale prodotto nel puntare alla quantità anziché alla qualità si è rivelato disastroso. L’eventuale introduzione di un esame selettivo avrebbe potuto limitare i danni perché avrebbe dato alle scuole un segnale preciso sul livello minimo che l’Università avrebbe preteso, ma il fatto che tale esame selettivo non sia stato implementato, ha evidenziato totale disinteresse da parte dei dirigenti dell’istituzione universitaria. C’è dunque da ritenere che sia stata un’operazione consapevolmente votata alla distruzione del sistema universitario esistente. Parallelamente al “new deal” allora già in atto di privatizzazione forsennata, distruzione delle piccole imprese e del risparmio, con un conseguente impoverimento fatto quasi in nome dell’entrata in Europa, anche la tradizione accademica italiana, ben quotata a livello mondiale, è stata stravolta, forse perché troppo concorrenziale, per essere sostituita con un nuovo sistema sul modello anglosassone, con maggiore accento su una preparazione pratica rispetto ad una formazione generale, ma con l’aggravante della totale assenza di una qualche forma di selezione in ingresso, presente invece nel resto dell’Europa. A questo nuovo sistema didattico, del tutto estraneo, i docenti hanno dovuto abituarsi, senza che l’Università fosse disposta a mettere a loro disposizione i mezzi e le risorse necessarie per attuarlo in modo serio, ad esempio finanziando i necessari contratti di esercitazione per piccoli gruppi di studenti da seguire assiduamente fino all’esame. Sul versante della ricerca si è assistito ad una progressiva diminuzione del finanziamento pubblico per affidarlo ad accordi con aziende e industrie private, anche in vista delle assunzioni dei laureati, ma interessate più ad una preparazione tecnica o alla manovalanza, piuttosto che ad una preparazione scientifica. Nello specifico delle materie di base, si è assistito ad una loro forte compressione in termini di tempo e risorse perché le Facoltà hanno voluto attribuire già alla laurea triennale una forte caratterizzazione in linea con l’indirizzo scelto. Il contraccolpo provocato sulle materie di base è stato inevitabilmente un veloce e profondo declino di natura culturale. Il tradizionale apprendimento progressivo, coi suoi tempi biologici necessari di acquisizione e maturazione mentale dei concetti, il cui scopo formativo comprendeva non solo la conoscenza in sé ma anche la consapevolezza, l’acquisizione di una mentalità critica e creativa, in definitiva scientifica, è stato così soppiantato dall’apprendimento mnemonico, coerentemente con quanto già detto sulla risoluzione dei soli problemi standard con tecniche ripetitive, dove il contributo soggettivo è nullo. In definitiva è prevalso il nozionismo a danno della conoscenza. Il ruolo del docente era diventato quello di limitarsi a somministrare il “sapere” e il “saper fare” ad una batteria di studenti passivi, come fosse una catena di montaggio. Ne hanno sofferto non solo gli studenti ma anche i docenti con la crescita costante nel tempo di sempre maggiore lavoro burocratico, a danno dell’insegnamento, una sempre maggiore difficoltà a partecipare a convegni, a visite e a scambi scientifici in altre sedi, italiane o estere, se non in estate o con difficoltà tra un appello d’esame e l’altro, in Italia o all’estero, al trascorrere periodi di ricerca presso università italiane o estere.

Tutto questo insieme di tendenze e di scelte ha pressoché cancellato il rapporto peripatetico, nel senso socratico, caratteristico di un’accademia, tra docenti e studenti, in cui ognuna delle due parti imparava dall’altra: il tipo di rapporto formativo, cioè, più completo e arricchente che si possa immaginare.

Come rifondare l’Università
Per rifondare l’Università è necessario, prima, rifondare tutta la scuola precedente. Ma d’altronde innalzare il livello culturale dell’Università, ritornando ai livelli di qualche tempo fa, consentirebbe, per converso, un necessario innalzamento dei livelli della scuola stessa. Senza una riforma radicale della scuola l’Università si troverebbe di fronte a due possibili scenari: adeguarsi al livello scolastico, rinunciando a una formazione superiore, così come invece richiederebbe il mondo del lavoro e un impegno maturo e consapevole nella Società, oppure assistere ad un fenomeno di abbandono degli studi su larga scala. Il sistema del 3+2, adesso in atto, ha a suo favore la maggiore armonizzazione con i sistemi stranieri e di conseguenza la possibilità di favorire la mobilità studentesca. Ma il bisogno che si denuncia con urgenza è di attuare una riforma culturale sostanziale, sia che si propenda per un ritorno a un sistema organizzativo dei corsi di laurea a unico ciclo, come un tempo, sia che si scelga di proseguire sulla strada dei corsi articolati in più cicli.

  • Si deve tornare a dare importanza all’insegnamento delle materie di base in tutti i corsi di laurea scientifici. Questo tipo di scelta consente che si torni ad un ordinamento degli studi con corsi annuali e non più semestrali, almeno nei primi due anni dei corsi di laurea, con i corsi fondamentali che prevedano uno sviluppo articolato in un monte ore che vada dalle 90 alle 110-120, distribuite in un arco di tempo più lungo. Apprendere una materia significa farla sedimentare nella mente, poter tornare a rivedere questioni ritenute già acquisite, rimettere sempre in discussione, porsi domande, riconoscerne il filo conduttore e i risultati fondamentali che fanno da colonne portanti e da ossatura, mettere a confronto e trovare analogie. Questo lavoro richiede pazienza, ma fornisce l’incommensurabile vantaggio di permettere allo studente di scoprire che, alla fine, la materia “vibra nel suo animo”, consentendogli di padroneggiarla con maturità e consapevolezza. Non trattandosi più di apprendere nozioni da ricordare, ciò che viene acquisito non rischia di essere dimenticato perché si integra nella personalità dello studente e nel suo modo di pensare. Il successo di questo modo di insegnare e di apprendere sta nel fatto che ricevendo gli strumenti culturali adeguati principali, e non troppi, ben fondati dal punto di vista del rigore scientifico, lo studente sarà capace di riconoscerli e di applicarli autonomamente anche in altri contesti, sia negli studi degli anni successivi, sia nel mondo del lavoro, con una chiara idea sulla direzione in cui andare per estendere la conoscenza. Se, poi, l’inserimento nel mondo del lavoro, ad esempio in un’azienda, dovesse richiedere ulteriori corsi di formazione specifica, grazie alla formazione flessibile acquisita all’Università, il soggetto si troverà nelle condizioni ottimali per affrontare anche questo tipo di ulteriore approfondimento. Cambiamenti radicali di questo tipo necessitano di essere applicati in maniera urgente nell’ambito del sistema scolastico e di quello universitario, all’interno dei quali si sta già attualmente assistendo all’inserimento, nella scuola e nell’Università, di docenti che hanno vissuto da studenti il nuovo ordinamento, con il conseguente rischio di rendere sempre più difficili trasformazioni o riforme finalizzate a evitare ulteriori degradi.
  • Il fondo di finanziamento ordinario (FFO) elargito dallo Stato alle Università non deve più essere commisurato alla percentuale di studenti che superano gli esami nell’anno in corso, che hanno una buona media o che si laureano entro un determinato arco di tempo a partire dalla data dell’immatricolazione. Tale meccanismo comporta un abbassamento del livello di preparazione degli studenti, perché i rettori degli atenei, e su loro invito i direttori di dipartimento, spingono i docenti a promuovere il maggior numero possibile di studenti agli esami.
  • Stando all’attuale livello culturale delle scuole superiori in Italia, l’accesso all’Università è opportuno che avvenga sulla base di un serio esame di ammissione atto a valutare i prerequisiti degli studenti che si apprestano ad iniziare gli studi e che, a sua volta, possa indicare alle scuole il livello di preparazione che il mondo dell’Università richiede. Una volta che il livello scolastico sia visibilmente migliorato, tale forma di selezione potrebbe essere rimodulata, riaggiornata o del tutto abolita. Considerata la fase di maturazione e di cambiamento quale è l’adolescenza, si deve anche tenere in conto la possibilità che vengano messe in campo, dagli studenti, risorse nascoste di cui non si era consapevoli e che gli studenti scoprano passioni e capacità che, prima, non sapevano di possedere. L’Università potrà migliorare solo se migliora la scuola superiore, che, a sua volta si avvantaggerà di un miglioramento che risale alle scuole precedenti, a partire da quella primaria. La scuola, a sua volta, potrà risollevarsi se l’Università rinuncerà ad adattarsi al livello attuale della scuola, dimostrando in modo inequivocabile e rigoroso quale sia essere il livello culturale richiesto per accedervi, imponendolo come obiettivo da raggiungere al completamento dei corsi di istruzione scolastica superiore.

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