Written by Ascolta la poesia con la voce di Giorgio Bongiorno
Mi raffiguro spesso
Le nobili arcate del ponte
In quei mattini gelidi
Mezzo ponte ancora nelle nuvole
Quell’aria umida che ti gocciolava addosso
Navigli immobili
Le chiglie messe là
A fendere la corrente
Di quell’acqua scura
E di quei mulinelli
Che annunciavano l’inverno
Parevano ali di giovani pensieri
Occhi velati dai nostri sogni
Si dava nome e numero
Per gioco
Alle osterie della riva
Pareva di cacciare la malinconia
Lontano da casa
Cantando qualche nenia
Cori di goliardia
Di quella spensierata adolescenza
Che ci lasciavamo alle spalle
Pareva infinito e vago
Quel viaggio malinconico
Quasi romantico
Sui treni sbuffanti di allora
C’erano ancora i sedili di legno
Delle carrozze della terza classe
Qualche volta un chiassoso gruppo di mondine
Con quei loro struggenti canti della risaia
Adesso
La nebbia sul fiume pare ancora più fitta
Ci sono ricordi animati
Quando pareva non ci fosse alcuno
Dietro quelle nuvole basse
Sono passate molte stagioni da quei pomeriggi
Spensierati
Da quelle corse sulla riva
Da quella voglia di vivere
Vestita di giovinezza spavalda
E neanche il tempo
Testimone di quelle fughe
Scorreva con il passare delle ore
Pareva non dovessero mai finire quelle giornate
L’afa della città deserta
Divenuta amica di inquiete solitudini
E quei tramonti nella nebbia della campagna
Ancora carica della calura del giorno
Bastava una pausa sulle rive del fiume
Immaginare altre primavere
Colori diversi della vita
Per sentire ristoro e godere di rincorrere quei
pensieri
Intrecciarne il ricordo
Misurare quei passi di allora
Sentire l’eco di quelle voci amiche
A ridare luce a quelle immagini sbiadite
A quei frammenti di passato
A rendere concreti quegli abbracci
Sentire gli odori di allora
Discorrere in un’altra dimensione
Come se tutto
Proprio tutto
Fosse accaduto solo ieri
E niente
Proprio niente fosse cambiato
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