A lavare la testa all’asino si perde il ranno e il sapone

Il ranno era un filtrato di cenere usato per lavare i panni. Come spiega Bat Ye’ or nel libro Eurabia, e come dimostrano i pro Pal dei campus statunitensi accoccolati a pregare verso la Mecca, la causa palestinese è fondamentale per l’islamizzazione dell’Europa. L’islamizzazione dell’Europa procede a tappe forzate, con l’entusiasmo di utili entusiasti, con i quali è impossibile qualsiasi discussione. Affermano che la violenza esiste anche nella Bibbia, negano quella del Corano Inoltre i versi violenti sono infinitamente di meno, sono su un racconto che si svolge nello spazio di secoli, sono circoscritti a una situazione precisa (uccidete gli assiri). Nel Corano i versi violenti sono molto più numerosi e non sono circoscritti (uccidete gli infedeli ovunque si trovino). Alla violenza del Corano si aggiungono due precetti successivi. Ne parla Carlo Panella in due libri entrambi imperdibili: Il libro nero del Califfato, edizioni BUR, e Il libro nero di Hamas, edizioni Lindau. Carlo Panella identifica in due affermazioni la moltiplicazione della violenza islamica. Nell’Islam originale i precetti, arkan, erano cinque: la dichiarazione di fede, la preghiera quotidiana, il rispetto del Ramadan, il pellegrinaggio alla Mecca, l’autotassazione. A questi 5 obblighi, il teologo Ahmad ibn Taymiyya, sunnita salafita nel XIII secolo ne ha aggiunto un sesto, il dovere della Guerra Santa, jihad, un sesto arkan che lui specifica essere ben più importante degli altri. Questo vuol dire due cose: non sei un buon musulmano se non combatti fisicamente e uccidi gli infedeli e gli apostati, mentre se sei sempre stato un pessimo musulmano, che non rispetta i precetti, con il jihad puoi riscattarti e salvarti. Il jihad è contro infedeli, apostati, idolatri, sciiti, accusati di essere idolatri per il loro culto dei dodici imam, cristiani, ebrei e yazidi. A questo obbligo sunnita se ne aggiunge un settimo, sciita, di pochi decenni fa: l’ayatollah Ruhollah Khomeini nel 1979 ha introdotto un settimo Arkan, un settimo precetto obbligatorio per il musulmano: il martirio, morire uccidendo. Qui la pulsione di morte è totale. «Il martirio è il cuore della Storia; nello stesso modo in cui il cuore irrora di sangue il corpo, così il martire irrora la storia. Ogni rivoluzione ha due volti: il primo è il sangue, il secondo è il messaggio: il martirio è testimone di ambedue. Chi sceglie questa morte- rossa mostra il proprio amore per la verità. Una verità conculcata, che è l’unica arma per il Jihad. Il martirio emana una solarità unica, crea luce e calore nel mondo e nel cuore freddo e buio, nei pensieri, nei voleri paralizzati, immersi nella stagnazione, e nell’oscurità immemore crea movimento, visione, speranza e crea volere, missione e dedizione. Il pensiero “niente può essere fatto” cambia in “qualcosa può essere fatto” o in “qualcosa deve essere fatto”. Il sangue si moltiplica: la morte del martire ha come conseguenza la morte del nemico che ha ucciso lui e quella del nemico ucciso dai suoi emuli. Versando il proprio sangue egli non causa solo la morte del nemico, ma la sua umiliazione», afferma Ali Shariati, il teologo riconosciuto del regime di Khomeini. Il martirio è esteso a tutti. Nel sanguinoso conflitto con l’Iraq squadre di ragazzini iraniani con sulla fronte la fascia bianca dei martiri sono usati per sminare. Donne anche incinte e bambini sono stati forniti di cinture esplosive e mandati contro Israele. I soldati israeliani sanno che chiunque può essere la bomba che li massacra. Il martirio è esteso anche alla nazione. Dato che Khomeini aveva avvertito il mondo che tra gli scopi, anzi i doveri, della rivoluzione c’è la distruzione dello stato di Israele, il fatto che l’Iran abbia un programma nucleare è oggettivamente un pericolo gravissimo. L’arkan del martirio nasce in ambiente sciita, ma si diffonde immediatamente nel mondo sunnita wahabita e diventa l’ossessione del mondo musulmano radicale, e diventa ideologia della morte. Nel suo secondo ottimo libro, Il libro nero di Hamas (Lindau) Panella racconta come i Gaza sia diventata il fulcro di questa ideologia della morte. La morte è invocata, esaltata, addirittura concupita. Le madri arabe cantano spesso le litanie dedicate alla prima notte delle nozze, nei banchetti che celebrano il figlio martire, i neonati vengono vestiti da piccoli kamikaze, ai bambini si insegna come il martirio sia il solo vero scopo di una vita. Quello che è straordinario a Gaza, è che il martirio riguarda tutto il popolo. Tutti sono votati alla morte per la distruzione non solo dello stato sionista ma di ogni singolo ebreo nel monto (rispettivamente articolo 1 e 7 della costituzione di Hamas). Fino al 7 ottobre Gaza era un’enclave decorosamente prospera, con una vita media di 78 anni, la mortalità infantile infinitamente più bassa di quella di tutti i paesi arabi non produttori di petrolio e una scolarità più alta. Era evidente che il pogrom avrebbe scatenato l’inferno, ma lo scopo era proprio l’inferno. Il capo di Hamas Sinwar ha serenamente dichiarato in interviste rilasciate mentre lui se ne sta al sicuro che Hamas ha bisogno del massimo dei morti civili, meglio se donne e bambini per raggiungere il suo scopo che è scatenare un odio genocidario verso Israele. Israele è accusato di genocidio. Il genocidio consiste nel fare il massimo danno fino allo sterminio totale a un popolo disarmato e inerme. Un popolo che ha compiuto il più odioso dei pogrom, che trattiene deridendoli e torturandoli ostaggi, incluso un bimbo di un anno, e che continua a sparare missili su Israele è un popolo in guerra, non un popolo disarmato, un popolo in guerra contro un esercito più forte che potrebbe spazzare via tutto e tutti con bombardamenti a tappeto, tenendo il suo esercito al sicuro, e che fortunatamente non lo ha mai fatto e mai lo farà. Hamas lo è. Bombardare una casa dopo aver avvertito con volantini, perché sul tetto di quella casa ci sono rampe di missili, è un atto di guerra, e non diventa un atto genocidario nemmeno se in quella casa ci sono i civili cui Hamas ha impedito l’accesso ai rifugi. Far saltare un bus scolastico è un atto genocidario, rapire un bambino di un anno è un atto genocidario, uccidere intenzionalmente un neonato è un atto genocidario, perché nel genocidio nemmeno i bambini sono innocenti. Hamas è un organismo genocidario che non può attuare un genocidio per mancanza di mezzi, non di buona volontà. Tutte le mattine gli israeliani si svegliano perché i palestinesi non hanno potuto ucciderli, tutte le mattine i palestinesi si svegliano perché gli israeliani non hanno voluto ucciderli. Tutti i popoli decenti e tutti gli eserciti decenti mettono i civili al sicuro nei rifugi. Sotto Gaza ci sono chilometri e chilometri di tunnel che sono anche rifugi antiaerei, ma l’ingresso è vietato ai civili. Il civile deve restare sotto le macerie così da diventare una vittima, e quindi un martire perché il suo martirio sarà la motivazione di un antisemitismo totale, e finalmente genocidario. Come scrive Panella “Per tornare alla Palestina, il pogrom del 7 ottobre, il massacro di 1200 civili indifesi, donne, vecchi e bambini, le centinaia di stupri e violenze inenarrabili–peggio del terrorismo dunque–hanno riscosso ampio consenso popolare. Anche in Europa e in America”. Il giorno successivo al Pogrom gli atenei statunitensi erano appassionatamente favorevoli agli assassini commessi. Spesso i professori hanno giubilato con gli studenti. Il consenso di cui indubbiamente gode Hamas merita di essere analizzato. Ho scoperto a mie spese che un qualsiasi tentativo di discussione con gli entusiasti sostenitori di Hamas sia una fatica inutile e mostruosa. Non sanno nulla, non conoscono nulla, spiegano che l’Iran è una nazione pacifica, che non ha mai lapidato nessuna donna, il velo è identità. Negano che i palestinesi, cui non abbiamo mai torto un capello, ci abbiano fatto due attentati a Fiumicino per un totale di 48 morti, che abbiano aperto il fuoco sui bambini ebrei davanti alla sinagoga di Roma, che abbiano sequestrato l’Achille Lauro ammazzando un anziano ebreo in sedia a rotelle. Negano il terrorismo contro civili israeliani e quando lo ammettono dichiarano che non esistono israeliani innocenti, neanche i bambini di un anno come quello rapito, nemmeno i neonati come quelli uccisi nel pogrom del 7 ottobre, che peraltro negano: ogni israeliano è già colpevole anche se civile. Si fondono nell’amore per Hamas due sentimenti potenti, l’amore ancestrale che molti nutrono per la violenza, Hitler, Stalin, le brigate Rosse sono stati molto amati, e lo stesso odio contro gli ebrei che ne ha causato lo sterminio durante la seconda guerra mondiale.

1 commento su “A lavare la testa all’asino si perde il ranno e il sapone

  1. concordo perfettamente quanto scritto sul concetto di martirio, così come viene vissuto nella popolazione islamica. Riflettendo su quanto avviene nelle Università americane , europee e innanzi tutto a casa nostra, mi chiedo perché il Governo e in particolare il Ministro dell’Istruzione e del Merito Valditara non prenda seri provvedimenti disciplinare nei confronti di Rettori universitari e dirigenti scolastici che non si sono opposti con i loro mezzi disponibili all’occupazioni degli atenei, ma che spesso e da anni promuovono azioni a sostegno di Palestina e con esse sentimenti di odio contro Israele e di anti semitismo.
    E’ vero il sottinteso del titolo del servizio, ma le Autorità devono reagire e contrastare con tutte le forze l’avanzata inarrestabile dell’ Islam a casa nostra: proprio nelle scuole , esattamente per quanto avviene, si dovrebbe tornare all’ora di Religione, spiegare il Corano, chi era Maometto e cosa ha fatto, la libertà negata alla donna, la lapidazione , la Fatwa, l’apostasia e tanto altro …
    Piuttosto che rassegnarci, a noi del popolo non resta che pregare. Amen
    Francesco Violini

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