Una delle domande che mi viene posta frequentemente da chi ha ascoltato una mia composizione, è: “Perché l’hai scritta?”
Le risposte sono varie: spesso, però, ci sono degli aneddoti che accompagnano la nascita di un brano musicale e che mi diverto a raccontare a chi è interessato.
Magari un giorno ve ne svelerò qualcuno anche a voi.
Oggi invece vi racconterò qualche episodio curioso del mondo della musica del passato che, ne sono certo, non mancherà di interessarvi.
Cominciamo con le Variazioni Goldberg di Bach.
Il giovane Johann Gottlieb Goldberg era un virtuoso del clavicembalo che aveva studiato con Bach e che viveva nella casa del Conte Hermann Carl von Keyserling, grande estimatore del musicista tedesco. Il nobiluomo, in cattive condizioni di salute, soffriva di insonnia, e durante le sue veglie notturne era solito chiedere a Goldberg di suonargli qualcosa per distrarlo, così chiese a Bach di scrivergli dei brani da farli suonare al giovane virtuoso proprio per aiutarlo a trascorrere meglio le sue notti insonni; ecco che nacquero le 30 Variazioni che sono giunte a noi con il nome di “Variazioni Goldberg”. I più maligni lasciano intendere che la lunghezza del brano fosse stata scelta ad arte per renderlo soporifero ed a noi non è dato di sapere se la sua esecuzione notturna abbia conciliato il sonno al Conte; sappiamo però che Bach ricevette un compenso di 100 Luigi d’oro, una cifra notevole per quei tempi, segno di evidente soddisfazione del committente.
Infatti la bellezza di queste Variazioni è tuttora innegabile e le incisioni in epoca moderna di Glen Gould al pianoforte e di Wanda Landowska al clavicembalo, rendono giustizia ad uno dei brani più profondi e perfetti della Storia della Musica.
Maurice Ravel scrisse fra il 1929 ed il 1930 il “Concerto per pianoforte per la mano sinistra in re maggiore” (Concerto pour la main gauche en ré majeur) e vi chiederete la ragione per cui il compositore abbia rinunciato a scrivere la parte per la mano destra. Il motivo esiste ed è un buon motivo: il pianista austriaco Paul Wittgenstein aveva combattuto durante la Prima Guerra Mondiale ed aveva perso il braccio destro; una tragedia per chiunque, figurarsi per un pianista… Il musicista non si era però perso d’animo ed aveva commissionato a Ravel un concerto che impegnasse la sola mano che gli restava, la sinistra, ma sfido chiunque a pensare che tale brano risulti “menomato” come il suo committente, in quanto non si percepisce l’assenza della parte per la mano mancante, dato il virtuosismo richiesto alla sinistra, che sembra lavorare davvero anche per la destra.
Per la cronaca, Wittgenstein eseguì questo concerto per la prima volta il 5 gennaio del 1932, e, sempre per la cronaca, Robert Heger dirigeva l’ Orchestra Sinfonica di Vienna. Pare che gli spettatori fossero rimasti impressionati ed al tempo stesso commossi dalla tecnica del pianista che aveva così sopperito alla grave menomazione con la sua grande forza di volontà.
Molti pensano che lo stesso Ravel abbia scritto la famosa “Pavane pour une infante défunte” per la morte di una bambina: in realtà, nel 1899, l’allora ventiquattrenne Maurice, ancora studente del Conservatorio di Parigi, voleva semplicemente indicare che la sua composizione era “una pavana che una piccola principessa (un’Infanta, appunto) può aver ballato in tempi passati presso la corte spagnola”. . Del resto Ravel era affascinato dal mondo spagnolo, come testimoniano altri lavori ad esso ispirati (la “Rapsodie espagnole” e soprattutto il celebre “Bolero”).
Il “Requiem” di Mozart è avvolto dalle leggende anche a causa delle fantasie contenute nei lavori teatrali di Puskin e Shaffer, a cui si ispira il celebre e pluripremiato film di Forman, “Amadeus”.
Si diceva che Mozart credesse che il misterioso committente che lo aveva incaricato di scrivere una Messa da Requiem fosse un emissario dell’aldilà con il compito di annunciargli la sua prossima morte, che purtroppo il destino volle che di lì a poco arrivasse davvero per il giovane compositore salisburghese.
Vero è che per l’appunto il Requiem è l’ultima composizione di Mozart, rimasta incompiuta proprio a causa della scomparsa dell’autore, ma il committente non era un essere soprannaturale, bensì un uomo in carne ed ossa, il Conte Walsegg, che, per onorare la memoria della moglie Anna, deceduta a soli 20 anni il 14 febbraio del 1791, voleva far eseguire una Messa da Requiem spacciandola per sua, usanza abbastanza diffusa in tempi in cui non esisteva ancora la difesa del diritto d’autore.
In effetti il 14 dicembre 1793 il Requiem fu eseguito sotto il nome di Walsegg, e solo dopo estenuanti trattative fra questi e la vedova Mozart, tramite Stadler e Nissen, incaricati dalla donna per risolvere la questione, si riuscì a ristabilire la verità e ad attribuire a Mozart la legittima paternità della Messa, completata, come tutti sanno, dall’allievo Süssmayr nelle parti lasciate incompiute. Fa impressione che Mozart avesse scritto in partitura accanto al titolo “Requiem” l’anno in cui aveva previsto di ultimarlo, il 1792, che, purtroppo, non riuscì mai a vedere, poiché morì nella notte fra il 4 ed il 5 dicembre del 1791.
La “Terza Sinfonia” di Beethoven in mi bemolle maggiore op. 55 fu detta “Eroica” ed inizialmente fu dedicata a Napoleone Bonaparte, che il Maestro tedesco considerava il grande paladino della libertà e della giustizia. Quando però Napoleone si incoronò Imperatore, Beethoven, deluso ed adirato, stracciò la dedica, sdegnato dall’atteggiamento tirannico del francese ed intitolò la sua Sinfonia in italiano: “Sinfonia Eroica composta per festeggiare il sovvenire di un grand’uomo”, dedicandola poi definitivamente al Principe Joseph Franz Maximilian Lobkowitz, che ne ospitò nel proprio palazzo la prima assoluta.
La Sinfonia n. 45 in fa diesis minore di Haydn è nota anche come “Sinfonia degli addii” per il particolarissimo ed inusuale modo con cui si conclude. Nel Classicismo settecentesco la sinfonia doveva rispettare un rigore formale che prescriveva come finale un tempo veloce, Allegro o Presto. Invece questa sinfonia, scritta nel 1772, si chiude con un Adagio durante il quale i musicisti, ad uno ad uno, smettono di suonare, spengono la candela sul loro leggio e lasciano la sala fino al punto in cui restano due soli violini che concludono sommessamente il brano.
Perché questo strano modo di finire una sinfonia?
Haydn lavorava per il suo mecenate, il principe Nikolaus Esterházy, e si trovava con l’orchestra presso la corte nella residenza estiva di Eszterhaza. Il soggiorno si prolungò più del previsto e con questo finale il compositore fece capire al principe che i musicisti avrebbero fatto volentieri ritorno alle loro famiglie ad Eisenstadt. Esterházy comprese il messaggio e congedò l’orchestra, permettendo loro di tornare alle loro case.
Ma ci sono diverse curiosità anche fuori dal mondo della musica classica.
Si dice che Paul McCartney avesse sognato la celeberrima canzone Yesterday, si fosse svegliato di soprassalto e l’avesse suonata subito al pianoforte per evitare di dimenticarla.
Il carismatico componente dei Beatles, però, non era certo che fosse frutto della sua inventiva, pensava piuttosto alla reminiscenza di un qualcosa di già ascoltato, insomma, un involontario plagio di una melodia scritta da altri e riemersa in sogno dall’inconscio. Lui stesso ci informa di questi suoi dubbi: “Per circa un mese mi aggirai chiedendo alla gente dell’ambiente musicale se l’avevano mai sentita prima. Alla fine era come riportare un oggetto smarrito alla polizia. Pensai che se nessuno la reclamava dopo qualche settimana avrei potuto tenerla”.
Una volta appurato che nessuno avesse scritto questa melodia prima di lui, McCartney si mise a scrivere il testo, in realtà non definitivo, dal titolo provvisorio “Scrambled Eggs” (Uova strapazzate), in attesa di trovare poi le parole più adatte. La canzone rimase incompleta per diversi mesi, finché, come John Lennon rivelò successivamente, una mattina Paul aveva trovato il testo ed il titolo giusti: era nato così quel capolavoro che tutti conosciamo, “Yesterday”.
Uno dei più famosi casi di disinvolto trasformismo della musica è quello della canzone di Elton John “Candle in the wind”, scritta nel 1973 come omaggio a Marilyn Monroe (al secolo Norma Jean Baker), scomparsa prematuramente 11 anni prima, dedicata poi, il 7 aprile 1990, a Ryan White, un ragazzo malato di AIDS, che morirà il giorno dopo, ed infine, nel 1997, cantata al funerale di Lady Diana, in mondovisione, con un testo ovviamente riveduto e corretto: dal “Goodbye, Norma Jean” , rivolto alla Monroe, nella prima versione, si passò al “Goodbye England’s rose” indirizzato mestamente alla principessa tragicamente scomparsa. Possiamo però scommettere che il buon Elton sarà ancora tentato di riutilizzare la stessa canzone (non proprio un portafortuna) alla prossima funerea occasione, anche se ovviamente facciamo tutti gli scongiuri perché una tale circostanza non si ripeta e che non si debba certificare la nascita di un nuovo genere musicale simile ai pezzi giornalistici commemorativi preconfezionati e pronti ad uscire subito dopo la scomparsa della celebrità di turno: la canzone “coccodrillo”…
È un piacere rileggerti, anche se mi accorgo solo oggi dei tuoi nuovi scritti. A presto Stefano
Magdi ha proprio ragione quando dice che, oltre ad essere un grande musicista, hai anche grandi doti come scrittore! Grazie infinite Stefano: ho letto tutto d’un fiato.
P.S: speriamo davvero che non si scateni la moda della “canzone coccodrillo”… 🙂
Come si fa a non apprezzare tanta scorrevole umanità nella aneddottica legata alla nascita creativa della Musica, della Bellezza e Cultura nella vita di tutti i giorni, raccontata in modo così limpido e profondo dal Maestro Stefano Burbi?
È sempre un piacevole apprendimento culturale ed un insegnamento profondo di vita, che il Maestro ci dona e vogliamo continui sempre, come i bambini di una volta chiedevano ai grandi: raccontami una storia per addormentarsi felici e tranquilli.
Grazie Stefano.
Grazie Stefano! Bellissimo il tuo racconto.
Grazie Stefano, è sempre un piacere leggerti.
Leggo i racconti del Maestro Stefano Burbi con grande interesse per i contenuti nuovi, i particolari divertenti e la bellezza della scrittura. Riesce con particolare abilità a farci conoscere i Grandi della Musica classica e d’autore, focalizzando l’attenzione su aspetti accattivanti. Grazie!
Magdi Cristiano Allam
Un bellissimo modo di raccontare le curiosità che gravitano intorno al mondo della musica e dei suoi artisti. Complimenti Stefano, un modo di informare coinvolgente, interessante, educativo. Grazie!
Un insieme di fatti narrati in maniera leggera e scorrevole che arricchiscono. La conoscenza è anche un modo dilettevole di interessare
Grazie Stefano per i tuoi aneddoti e curiosità della musica che tratteggiano il lato umano, amabilissimo, dei grandi musicisti del passato e contemporanei.