L’Unione Europea per noi è la casa comune dei popoli europei e, come tale, deve essere in grado di fronteggiare le grandi sfide della nostra epoca, a partire da quelle che gli Stati membri difficilmente possono affrontare da soli.
L’Alleanza Atlantica garantisce alle nostre democrazie un quadro di pace e sicurezza che troppo spesso diamo per scontato; è dovere dell’Italia contribuirvi pienamente, perché, ci piaccia o no, la libertà ha un costo e quel costo, per uno Stato, è la capacità che ha di difendersi e l’affidabilità che dimostra nel quadro delle alleanze di cui fa parte.
L’Italia continuerà a essere partner affidabile in seno all’Alleanza Atlantica, a partire dal sostegno al valoroso popolo ucraino che si oppone all’invasione della Federazione russa, non soltanto perché non possiamo accettare la guerra di aggressione e la violazione dell’integrità territoriale di una nazione sovrana, ma anche perché è il modo migliore di difendere il nostro interesse nazionale.
Ma sbaglia chi crede che sia possibile barattare la libertà dell’Ucraina con la nostra tranquillità. Cedere al ricatto di Putin sull’energia non risolverebbe il problema, lo aggraverebbe, aprendo la strada a ulteriori pretese e ricatti, con futuri aumenti dell’energia ancora maggiori di quelli che abbiamo conosciuto in questi mesi.
I nostri mari possiedono giacimenti di gas che abbiamo il dovere di sfruttare appieno e la nostra Nazione, in particolare il Mezzogiorno, è il paradiso delle rinnovabili, con il suo sole, il vento, il calore della terra, le maree, i fiumi, un patrimonio di energia verde troppo spesso bloccato da burocrazia e veti incomprensibile.
Il contesto nel quale si troverà ad agire il Governo è un contesto molto complicato, forse il più difficile dal secondo dopoguerra ad oggi. Le tensioni geopolitiche e la crisi energetica frenano la speranza di una ripresa economica post-pandemia.
Siamo dunque nel pieno di una tempesta. La nostra imbarcazione ha subito diversi danni e gli italiani hanno affidato a noi il compito di condurre la nave in porto in questa difficilissima traversata.
Quello che ci interessa è come sarà l’Italia tra 10 anni, e sono pronta a fare quello che va fatto, a costo di non essere compresa, a costo perfino di non venire rieletta, per essere certa di avere reso con il mio e il nostro lavoro il futuro di questa Nazione più agevole.
La strada per ridurre il debito non è la cieca austerità imposta negli anni passati e non sono neppure gli avventurismi finanziari più o meno creativi. La strada maestra, l’unica possibile, è la crescita economica, duratura e strutturale. E per conseguirla siamo naturalmente aperti a favorire gli investimenti esteri.
In questo contesto si inserisce il Piano nazionale di ripresa e resilienza. Fondi raccolti con l’emissione di debito comune europeo per fronteggiare crisi di portata globale.
Il PNRR è un’opportunità straordinaria di ammodernare l’Italia: abbiamo tutti il dovere di sfruttarla al meglio. La sfida è complessa a causa dei limiti strutturali e burocratici che da sempre rendono difficoltoso per l’Italia riuscire ad utilizzare interamente persino i fondi europei della programmazione ordinaria.
Spenderemo al meglio i 68,9 miliardi a fondo perduto e i 122,6 miliardi concessi a prestito all’Italia dal Next Generation EU, senza ritardi e senza sprechi, concordando con la Commissione Europea gli aggiustamenti necessari per ottimizzare la spesa.
Siamo fermamente convinti del fatto che l’Italia abbia bisogno di una riforma costituzionale in senso presidenziale, che garantisca stabilità e restituisca centralità alla sovranità popolare. Una riforma che consenta all’Italia di passare da una «democrazia interloquente» a una «democrazia decidente». Vogliamo partire dall’ipotesi di un semipresidenzialismo sul modello francese
Il mandato che ci è stato conferito su questo tema dagli italiani: dare all’Italia un sistema istituzionale nel quale chi vince governa per cinque anni e alla fine viene giudicato dagli elettori per quello che è riuscito a fare.
Serve una rivoluzione culturale nel rapporto tra Stato e sistema produttivo, che deve essere paritetico e di reciproca fiducia. Chi oggi ha la forza e la volontà di fare impresa in Italia va sostenuto e agevolato, non vessato e guardato con sospetto, perché la ricchezza la creano le aziende con i loro lavoratori, non lo Stato con decreti o editti.
Per come è stato pensato e realizzato il “reddito di cittadinanza” ha rappresentato una sconfitta per chi era in grado di fare la sua parte per l’Italia, oltre che per se stesso e per la sua famiglia.
La famiglia, nucleo primario delle nostre società, culla degli affetti e luogo nel quale si forma l’identità di ognuno di noi; intendiamo sostenerla e tutelarla e, con questa, sostenere la natalità, che nel 2021 ha registrato il tasso di nascite più basso dall’Unità d’Italia a oggi; per uscire dalla glaciazione demografica e tornare a produrre quegli anni di futuro, quel PIL demografico di cui abbiamo bisogno serve un piano imponente, economico ma anche culturale, per riscoprire la bellezza della genitorialità e rimettere la famiglia al centro della società. È, allora, un nostro impegno, preso anche in campagna elettorale, quello di aumentare gli importi dell’assegno unico universale e aiutare le giovani coppie a ottenere un mutuo per la prima casa, lavorando progressivamente anche per l’introduzione del quoziente familiare e, visto che i progetti familiari vanno di pari passo con il lavoro, vogliamo incentivare in ogni modo l’occupazione femminile
Non ho mai provato simpatia o vicinanza nei confronti dei regimi antidemocratici; per nessun regime, fascismo compreso, esattamente come ho sempre reputato le leggi razziali del 1938 il punto più basso della storia italiana, una vergogna che segnerà il nostro popolo per sempre. I totalitarismi del Novecento hanno dilaniato l’intera Europa, non solo l’Italia, per più di mezzo secolo, in una successione di orrori che ha investito gran parte degli Stati europei e l’orrore e i crimini, da chiunque vengano compiuti, non meritano giustificazioni di sorta e non si compensano con altri orrori e altri crimini; nell’abisso non si pareggiano mai i conti: si precipita e basta.
Il Covid è entrato nelle nostre vite quasi tre anni fa e ha portato la morte di oltre 177 mila persone in Italia. Se siamo usciti al momento dall’emergenza è soprattutto merito del personale sanitario, della professionalità e dell’abnegazione con le quali ha salvato migliaia di vite umane. A loro, ancora una volta, va la nostra gratitudine.
Non possiamo escludere una nuova ondata di Covid o l’insorgere in futuro di una nuova pandemia, ma possiamo imparare dal passato per farci trovare pronti. L’Italia ha adottato le misure più restrittive dell’intero Occidente, arrivando a limitare fortemente le libertà fondamentali di persone e attività economiche; nonostante questo, è tra gli Stati che hanno registrato i peggiori dati in termini di mortalità e contagi. Qualcosa decisamente non ha funzionato e, dunque, voglio dire, fin d’ora, che non replicheremo in nessun caso quel modello.
L’informazione corretta, la prevenzione e la responsabilizzazione sono più efficaci della coercizione in tutti gli ambiti e l’ascolto dei medici sul campo è più prezioso delle linee guida scritte da qualche burocrate quando si ha a che fare con pazienti in carne ed ossa. Soprattutto, se si chiede responsabilità ai cittadini, i primi a doverla dimostrare sono coloro che la chiedono. Occorrerà fare chiarezza su quanto avvenuto durante la gestione della crisi pandemica: lo si deve a chi ha perso la vita e a chi non si è risparmiato nelle corsie degli ospedali, mentre altri facevano affari milionari con la compravendita di mascherine e respiratori.
In Italia, come in qualsiasi altro Stato serio, non si entra illegalmente; si entra legalmente attraverso i decreti flussi. In questi anni di terribile incapacità nel trovare le giuste soluzioni alle diverse crisi migratorie, troppi uomini, donne e bambini hanno trovato la morte in mare nel tentativo di arrivare in Italia. Troppe volte abbiamo detto «mai più», per poi ripeterlo ancora e ancora. Questo Governo vuole quindi perseguire una strada poco percorsa fino ad oggi: fermare le partenze illegali, spezzando finalmente il traffico di esseri umani nel Mediterraneo. La nostra intenzione è sempre la stessa, ma, se non volete che si parli di blocco navale, lo dico così: è nostra intenzione recuperare la proposta originaria della missione navale Sophia dell’Unione Europea, che nella terza fase, prevista e mai attuata, prevedeva proprio il blocco delle partenze dei barconi dal Nordafrica. Intendiamo proporlo in sede europea, attuarlo in accordo con le autorità del Nordafrica, accompagnato dalla creazione sui territori africani di hotspot, gestiti da organizzazioni internazionali, dove poter vagliare le richieste di asilo e distinguere chi ha diritto a essere accolto in Europa da chi quel diritto non ce l’ha, perché non intendiamo in alcun modo mettere in discussione il diritto di asilo per chi fugge da guerre e persecuzioni. Tutto quello che noi vogliamo fare in rapporto al tema dell’immigrazione è impedire che la selezione di ingresso in Italia la facciano gli scafisti.
Credo che l’Italia debba farsi promotrice di un “piano Mattei” per l’Africa, un modello virtuoso di collaborazione e di crescita tra Unione Europea e Nazioni africane, anche per contrastare il preoccupante dilagare del radicalismo islamista, soprattutto nell’area subsahariana. E ci piacerebbe così recuperare finalmente, dopo anni in cui si è preferito indietreggiare, il ruolo strategico che l’Italia ha nel Mediterraneo.
Uno dei personaggi più controversi della Rivoluzione americana fu Aaron Burr, noto più per essere stato l’esecutore materiale della morte di Alexander Hamilton che per il suo ruolo da vicepresidente sotto la presidenza Jefferson. Il suo marchio di fabbrica era “Parla poco, sorridi tanto”, una massima che raffigura plasticamente il suo pensiero politico. Burr era straordinariamente ambizioso ma anche straordinariamente pavido. Una dicotomia che lo portò ad assumere un atteggiamento di ambiguità nei confronti della causa rivoluzionaria. Causa che appoggiò apertamente solo nel momento in cui non apparve chiaro che la sorte avrebbe sorriso ai coloni. Fino ad allora, mantenne un piede in due scarpe. Oggi rivedo Aaron Burr in tutti quegli italiani che, pur abbracciando idealmente una causa rivoluzionaria, contribuiscono, nella pratica, a mantenere vivo l’attuale sistema politico, economico e sociale, attraverso il voto e manifestando interesse e fiducia nei confronti della Premier appena nominata.
La Casa della Civiltà nasce come alternativa al sistema attuale, con obiettivo la revisione dell’intero sistema politico, sociale ed economico. Le letture che il sito della Casa della Civiltà offre rappresentano un elemento di riflessione per aiutare gli italiani ad avanzare proposte che vadano ad arricchire il nostro bagaglio di esperienze e di sperimentazione. Lascio da parte giudizi sul Premier Meloni e sulle aspettative degli italiani sul nuovo Governo – un esercizio intellettuale da consumarsi in altre sedi – semplicemente perché non mi interessa. Chi è parte della Casa della Civiltà è chiamato ad una scelta chiara, netta ed inequivocabile.
Definire l’attuale Unione Europea una casa comune, considerare il PNRR come un’opportunità straordinaria, vedere in Putin una figura minacciosa, capace di ricattarci e di causare ulteriori aumenti nei costi dell’energia; si tratta di affermazioni che mi inducono a credere fermamente che l’Italia continuerà a sprofondare nel baratro del servilismo e della subordinazione economico-finanziaria e politica, da cui già da tempo non tenta nemmeno di uscire. Io non ci vedo nulla che possa alimentare pensieri positivi. Rimbocchiamoci le maniche.
Anche il mio giudizio collima con quello di Euro.
Le intenzioni sono in gran parte lodevoli e sarebbero già una buona base, sempre se potesse veramente avere le mani libere.
Per quanto riguarda la pandemia e la sanità vista, anche le parole sono un buon auspicio doveroso, ma vi colgo una neutralità ambigua nei termini, non specificati meglio nella pratica.
Esempio : la informazione corretta, la prevenzione e la responsabilizzazione e l’ascolto dei medici sul campo, è stato declinato in questi tre anni con la caccia alle supposte fake news, ai no vax, al silenziamento di ogni ricerca scientifica ed opinione dissonante, con la sospensione e radiazione di medici coscienziosi. La prevenzione demandata poi a lockdown mascherine e al siero salvifico, come la responsabilizzazione l’obbligo di vaxxinarsi per salvare il nonnino per i bambini.
Insomma i titoli sono anche buoni, ma la cautela mi fa attendere i contenuti veri, prima di applaudire.
La Meloni ha fatto un discorso molto articolato toccando quasi totalmente i punti salienti del contesto attuale sia nazionale che internazionale. Ovviamente non tutto può essere completamente condivisibile e cogliere la totale e generale approvazione, ma nel complesso, sempre che la lascino lavorare anche e soprattutto i partiti alleati nel Governo, ritengo sia un discorso che lascia ben sperare i suoi elettori. Ritengo, stanti alcuni collaboratori scelti nei vari Ministeri e le parole su Draghi, che abbia molti legacci. Staremo a vedere se il suo carattere forte e battagliero sarà vincente e riuscirà a sciogliere, piano piano, i nodi di questi legacci.