DAVIDE MARIA ROSARIO FICARRA: “I docenti, la comunicazione e l’insegnamento: regressi in tempi di post-pandemia”

L’innegabile centralità riconosciuta allo studente, all’interno del processo didattico, ha richiesto alla scuola di rinnovarsi e di tenersi al passo coi tempi. Trasmissione dei saperi, metodologie comunicative e didattica sono stati rimodernati in virtù di un’educazione scolastica che negli ultimi decenni ha richiesto un approccio diverso, che tenesse conto degli aspetti sociali ed emotivi, oltre che intellettivi, degli studenti.

Gli insegnanti, attori principali della scuola, rischiano di smarrire la loro principale funzione, quella dell’insegnamento, sotterrata al di sotto di una montagna di impegni formali spesso estrinseci rispetto al loro compito principale. Tra le concause afferenti a siffatto rincaro di impegni si rileva il bisogno spesso snervante di attestare l’avvenuto aggiornamento delle proprie competenze, in una chiave soprattutto moderna e attualizzante. Le incombenze burocratiche, che pesano sulle spalle dei docenti, conseguenza diretta di questo bisogno di novità e di ammodernamento, ne sviliscono la preparazione e ne minano autorevolezza e credibilità.

Il bisogno di allargare gli ambiti umani da includere nella scuola e di cui preservare la centralità nella didattica, ha smentito le sue premesse e si è risolto in un impoverimento del valore tutto umano del processo educativo-formativo operato dalla scuola.

Particolarmente rilevante è stato il portato di questa forza svalutante nell’ambito della scuola, se riferito all’uso della tecnologia informatica e all’allargamento dei canali comunicativi. Specie in questi ultimi due anni si è dovuto far ricorso, in maniera spesso esclusiva, a una comunicazione che ha sfruttato computer e cellulari. A parte lo sforzo di adeguamento in sé allo stato di cose, che ha richiesto a molti docenti di doversi spendere al fine di padroneggiare strumenti che nella didattica non hanno tradizionalmente avuto mai un’applicazione di tale portata, la recente pandemia ha messo in evidenza profondi problemi di comunicazione tra tutti i diversi attori del processo educativo e formativo. Si tratta di situazioni che rilevano forti incongruenze e notevoli disarmonie all’interno della comunità stessa, e che sono state oggetto di attenzione da parte di preoccupati osservatori e protagonisti della scuola (Cfr. S. Rossetti Le parole, le cose e i gruppi WhatsApp. Riflessioni sulla comunicazione nella scuola, 05 luglio 2021 in laletteraturaenoi.it, rivista online diretta da R. Luperini).

La destrutturazione della dimensione della corporeità e della fisicità, in atto nei periodi di chiusura e di didattica a distanza, ha condotto a smarrire il necessario rispetto per il carattere istituzionale della situazione comunicativa stessa ( Ruggero Eugeni parla di “condizione postmediale” in riferimento all’attuale superamento della presenza fisica di media come oggetti collocabili in un definito contesto spazio-temporale e come caratteristica della comunicazione attraverso i media stessi che è diventata continua e pervasiva. Cfr. R. Eugeni La condizione postmediale. Media, linguaggi e narrazioni La Scuola, 2015).

 

Il bisogno di realizzare contatti sempre più rapidi e di ricevere risposte immediate ai propri quesiti, nonché la decentralizzazione e la moltiplicazione dei luoghi di incontro, rispetto all’istituto scolastico in sé, hanno tolto a tal punto formalità alle relazioni interpersonali tra gli attori della scuola, da rischiare di svuotarle del loro contenuto originario.  Si pensi alle svariate possibili occasioni di contatto che si sono verificate tra il docente e i rappresentanti di genitori e alunni, o tra docente e docenti, rese possibili attraverso il ricorso alle piattaforme di collegamento e di scambio comunicativo su internet. Si è, di frequente, verificata una significativa mancanza di limiti di orario nell’atto di contattare l’insegnante e si è spesso instaurato uno scambio comunicativo con lui privo di confini. La ricezione di messaggi notturni su WhatsApp o su altre piattaforme ha spesso posto il destinatario in una condizione di imbarazzo e di smarrimento.

Si tratta di un disagio determinato nel docente dalla sensazione di obbligo a rispondere sempre e a ogni orario a richieste a volte anche poco pertinenti col proprio ruolo istituzionale.

Si tratta di una situazione che ha comportato per gli insegnanti anche notevoli difficoltà nella gestione dei propri spazi esistenziali privati.

Nei mesi passati si sono verificate con scadenza pressoché giornaliera occasioni, anche fissate secondo appuntamenti ufficiali, in cui si è presentata l’imbarazzante circostanza di svolgere o di vedere svolgere incontri collegiali virtuali o colloqui scuola-famiglia in contemporanea con altre azioni come, per esempio, fare la spesa o guidare.

Non si intende operare, qui, uno screditamento degli strumenti informatici in sé in relazione alla didattica o alla gestione degli impegni scolastici, né smentire la comodità di usare computer o cellulari, che spesso, anzi, agevolano o rendono fattibili operazioni a cui altrimenti rinunciare.

Si tratta, invece, di riconoscere i germi di un processo degenerativo che la recente pandemia ha aiutato ad accelerare e che è già attivo da tempo nel mondo della scuola.

È possibile sottolineare un regresso, visibile anche nei livelli qualitativi dell’insegnamento e dei risultati ottenuti dagli studenti, che ha, tra le concause, una tendenza alla superficialità, in virtù di un bisogno di rapidità della comunicazione che predilige il contatto in sé, piuttosto che la profondità delle idee o lo scambio costruttivo di punti di vista e opinioni suffragate da approfondimenti.

Rompere la continuità rispetto a siffatto stato di cose risulta doveroso, specie considerando che questo compito pertiene in particolare ai docenti. Essi devono essere, per eccellenza, artefici di cambiamento, non semplici ripetitori dello stato delle cose.

Affinché si mettano i docenti nelle condizioni di approcciarsi davvero in maniera costruttiva con lo stato di cose attuali, risulta doveroso esigere che la dignità e il rispetto dello statuto istituzionale degli insegnanti vengano pienamente riaffermati.

Conforta che ci sia una tendenziale convergenza, da parte delle diverse voci in campo nel dibattito pubblico sulla scuola, in merito alla capacità di rilevare problemi di questo tipo in seno all’istituzione scolastica.

Si ravvisa però l’obiettivo cardine, ancora da condividere e da mettere in pratica, di smaltire il lavoro dei docenti, epurandolo da compiti sovrastrutturali superflui. Bisogna riconoscere importanza centrale alle competenze disciplinari specifiche di ogni insegnante e consentirgli una libertà di approccio alla gestione della didattica che si basi sull’approfondimento e sulla ricerca. Solo attraverso un allargamento dei tempi e degli spazi d’azione, nell’ambito dei quali i docenti vedano riconosciuta la possibilità di regolarsi in autonomia, si può tornare a riconoscere alla scuola il compito di educare, di formare e di crescere culturalmente.

3 commenti su “DAVIDE MARIA ROSARIO FICARRA: “I docenti, la comunicazione e l’insegnamento: regressi in tempi di post-pandemia”

  1. Leggo sempre con molto interesse le tue riflessioni, caro Davide., con le quali trasmetti tutta la tua passione per questa professione.
    Circa la situazione del mondo scolastico per me ormai sono lontani i tempi in cui ero rappresentante di classe e quindi in posizione privilegiata per cercare di dare un piccolo contributo al miglioramento della situazione.
    Sono convinta comunque che la scuola sia lo specchio della società in cui si trova: già quando ero rappresentante mi sono alienata le simpatie di un buon numero di genitori che pretendevano dalla scuola insegnamenti che non le competono, in primo luogo l’educazione.
    Poi pretendevano che la scuola assegnasse compiti da svolgere a casa in funzione delle attività extrascolastiche dei ragazzi ed anche lì ho messo dei paletti.
    Credo di aver raggiunto l’apice quando, ad alcuni genitori che si lamentavano della quantità di compiti da svolgere, ho ricordato che l’asilo era finito da un bel pezzo. Indubitabilmente so come farmi voler bene…?
    Mi sa che la situazione è di parecchio peggiorata da allora.
    Durante la pandemia abbiamo potuto tutti vedere come molti tuoi colleghi si siano appiattiti sulla narrativa dominante ed abbiano mandato al macero la ragione. Costoro hanno dimostrato di non avere la stoffa degli educatori ma di essere dotati in gran quantità di quella dei servi
    La situazione secondo me può essere recuperata però dipende molto dal comportamento di genitori ed insegnanti. I primi debbono ricominciare a fare i genitori e non i sindacalisti dei figli. I secondi devono ritrovare un po’ di fiducia in se stessi ed avere piena coscienza del proprio fondamentale ruolo.
    In breve: un po’ più di Prof. Ficarra a scuola e già si andrebbe meglio.

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