Il critico letterario Alberto Asor Rosa riteneva che i protagonisti delle novelle Jeli il pastore e Rosso Malpelo di Giovanni Verga siano da inquadrare, l’uno rispetto all’altro, su posizioni antitetiche e nettamente contrastanti. Attraverso uno sguardo analitico nei confronti della condizione sociale moderna della “vita dei campi” siciliani, il critico rilevava che il personaggio di Jeli rappresenta una figura che sta al di qua della modernità e del sapere sociale, incosciente totalmente del nuovo ordinamento umano che sostanzia le condizioni del nostro Paese. Quello di Rosso è invece un personaggio che, per le sue specificità, incarna il tipo umano che sta sul gradino più basso, l’“ultimo uomo” della scala sociale (A. Asor Rosa, Il primo e l’ultimo uomo del mondo. Indagine sulle strutture narrative e sociologiche in «Vita dei campi», in Il vaso Verga, a cura di A. A. R., Palermo, Palumbo, 1975).
Rosso Malpelo è una novella verghiana della raccolta Vita dei campi ricca sul piano dei valori simbolici, che segna la piena acquisizione da parte di Giovanni Verga di un senso chiaro delle dinamiche che regolano i rapporti umani nell’ambito di una società dominata dalle leggi della forza e della sopraffazione e che, al contempo, si presenta come un’opera dal grande valore estetico e letterario.
Rosso Malpelo è un ragazzino con i capelli rossi e perciò ritenuto cattivo, cresciuto vittima di maltrattamenti in famiglia e orfano del padre che è morto in una cava di rena nei dintorni di Catania, a causa di un crollo mentre lavorava. Il suo destino è segnato proprio da questa caratteristica fisica che lo contraddistingue, quella del colore dei capelli, per la quale egli viene ritenuto meritevole di essere trattato male dagli altri, dai suoi colleghi di lavoro e dagli stessi umili che condividono con lui la condizione di ultimi della società.
Alla fine della vicenda, il protagonista morirà anch’egli in miniera come il padre, vinto dalla legge insormontabile che regola l’esistenza degli oppressi.
L’ambiente popolare che lo partorisce e lo nutre si configura, al contempo, come realtà che lo condanna per via di un semplice pregiudizio. Il comportamento di Rosso nei riguardi di chi lo maltratta è di accettazione e di rispetto. Questo suo modo di reagire fa intendere come il ragazzo abbia una ferma consapevolezza delle forze indomabili in gioco, nell’ottica di un’esistenza regolata da un destino che non può essere modificato.
Rosso Malpelo non è un ingenuo. Pur nella sua condizione di estrema umiltà e di povertà, il protagonista della novella rappresenta la prima figura verghiana capace di esprimere appieno l’ottica pessimistica dell’autore e di farsene portavoce eccellente, finanche di essere proiezione autobiografica di Giovanni Verga.
Il fatto è che Rosso, conoscendo le leggi che regolano l’esistenza, le assimila e le incarna in se stesso, facendosene interprete nei riguardi di Ranocchio, suo unico subalterno, fanciullo più sfortunato di lui in quanto gracile e con un handicap fisico causato da un incidente che lo ha lasciato zoppo. Rosso sfoga la sua rabbia maltrattando, a sua volta, il povero Ranocchio. Ma il suo obiettivo è mosso dall’intento umanitario ed educativo di rendere anche il povero ragazzino avvezzo a come vanno le cose e ad accettarne le direttive.
Un mondo tutto votato all’interesse economico, e tale da misconoscere in toto il valore umanitario dei sentimenti, si presenta con il suo prepotente e disarmante potere decostruttivo dell’assetto antropologico della società moderna. La problematica riguarda, nello specifico, la realtà italiana del secondo Ottocento, ma si configura come una questione di carattere generale che interessa tutta la condizione umana e la nuova visione del mondo.
Il diffuso fenomeno dello sfruttamento minorile in Sicilia e la sua disastrata realtà economica rappresentano le dimensioni intorno alle quali Verga restringe il campo allo scopo, senz’altro, di darne un rilievo sul piano nazionale. L’obiettivo dell’autore, però, pare non essere solo quello di sensibilizzare i lettori nei riguardi di una questione attinente alla sfera solidaristica.
La prospettiva più corretta da seguire per una lettura piena del significato dell’opera è da mettere in relazione con l’atteggiamento discriminatorio nei riguardi di Rosso nel corso di tutta la narrazione, che non si spiega soltanto con l’inquadramento del protagonista del racconto in quanto “minore”, “caruso” siciliano vittima emarginata del sistema di potere.
Rosso Malpelo rappresenta simbolicamente l’intellettuale, cioè l’uomo in grado di rendersi conto delle dinamiche in atto nel mondo moderno e che da questo mondo viene ritenuto un diverso e perciò identificato come reietto e abominevole.
Rosso è figura sotto le cui spoglie è lecito intravedere l’immagine del nuovo eroe verghiano, allontanato dall’autore in una realtà geograficamente distante, la Sicilia, ma emotivamente vicino sul piano esistenziale, seppur in una condizione sociale del tutto diversa.
Lo stile narrativo dell’opera, totalmente impersonale, non basta a suffragare l’ipotesi di un autore totalmente indifferente nei confronti della questione sociale alla quale fa riferimento. Certo è, però, che la sostanza più intrinseca di Rosso Malpelo è quella che si evidenzia attraverso una lettura che colga il profondo smarrimento esistenziale e antropologico a contatto con la nuova modernità.
Rosso Malpelo è un racconto moderno, in cui il protagonista mostra la lucidità intellettuale, benché primitiva e non supportata, ovviamente, da alcuna educazione scolastica né di studio, che gli consente quantomeno di porsi su un piano alternativo rispetto alla realtà che lo ingloba e che, alla fine, lo annienta.
La brevità del formato narrativo, quello della novella appunto, fornisce, in questo caso, l’occasione per focalizzare l’attenzione e il senso del racconto sul momento culminante del dramma, senza doverne per forza tratteggiare la genesi e gli sviluppi, come avverrà invece nei romanzi.
Lo sguardo critico di Giovanni Verga nei confronti del mondo a lui contemporaneo, approcciato attraverso l’impersonalità narrativa che permette alla materia di assurgere a una dignità superiore, suggellata dall’autonomia espositiva del punto di vista popolare e straniato da cui si guarda alle cose, rende perfettamente la misura di una narrativa letteraria che si fa profeticamente anticipatrice di un futuro disastroso a partire proprio da un’ottica materialistica e tutta votata al reale.
Carissimo Davide, la tua analisi di Rosso Malpelo fa riflettere. Certamente noi condividiamo l’imperativo di basarci sulla corretta rappresentazione della realtà. Certamente ci sono delle realtà soverchianti che s’impongono, come evidenzia il fatto che circa il 90 per cento degli italiani si sarebbe fatta inoculare dei sieri sperimentali a tecnologia genica subendo un lavaggio di cervello o assoggettandosi a un ricatto. Uso il condizionale perché è corretto dubitare della narrazione ufficiale. A questo punto ciascuno fa la propria scelta di vita. È possibile che nel contesto in cui Rosso Malpelo era calato non avesse alternative alla rassegnazione e alla sottomissione. Ma noi, almeno interiormente e per chi può, anche manifestamente, non rinunciamo a tenere la testa alta e la schiena dritta. Perché la vita priva di dignità e libertà equivale alla morte interiore, che è la morte peggiore. Ovviamente non potremmo pretendere che il protagonista del racconto di Verga si conformi a una nostra scelta di vita. Grazie Davide per darci dei profondi spunti di riflessione.
Magdi Cristiano Allam
Grazie Magdi. Rosso Malpelo non aveva la robustezza culturale né gli strumenti né, diciamolo, la volontà o la possibilità di cambiare. Ma quello che colpisce è la straordinaria consapevolezza del protagonista dell’inestricabile sistema che domina finanche i rapporti umani compromessi fino al midollo di questa società moderna. Si tratta di un insegnamento mirabile che Verga ci fornisce. Una vera opera d’arte. E ancor più, è la materia letteraria stessa che fornisce a noi lettori lo strumento per capire e cambiare. Azzerando la prospettiva interpretativa del narratore, Verga mette il lettore nelle condizioni autonome di capire lui l’ottica straniata da cui vengono presentate le vicende. Ci fa vedere in maniera palese che le cose non vanno e ce lo fa dire dalle cose stesse. Come a dire: “Io ti faccio vedere tutto come è, con la massima onestà intellettuale. Adesso sta a te cambiare le cose affinché questa realtà non continui più”. Guarda che fiducia incredibile nel genere umano che Verga nutriva. Ha fatto un’operazione mirabile, senza slogan né appelli declamati da pulpiti. Non sarebbe valso allora come, sappiamo bene, non varrebbe a niente adesso. Altro che atteggiamento rinunciatario! Dopo cento anni non ce l’abbiamo ancora fatta. Quello che ci ha mostrato Verga è ancora, ed ancor più, la realtà di oggi. Non veniamo trattati anche noi esattamente come Rosso Malpelo? Basta guardare a questi ultimi anni di pandemia. E non solo a quelli. L’elenco sarebbe lungo. La letteratura ci parla. Quando vorremo metterci in testa tutti che si deve cambiare, e non solo il povero Rosso Malpelo?
Dovrò riprendere in mano Rosso Malpelo, letto da studente liceale (praticamente nel pleistocene!), quando non riuscivo a comprendere né tantomeno ad accettare la rassegnazione amara e ferita dei personaggi verghiani. La tua analisi mi ha aperto una finestra più ampia su questo mondo.
Smarrimento esistenziale ed antropologico. Incredibile la dignità e l’eroica accettazione delle regole del mondo da parte di Rosso. Egli, il più umile tra gli umili, possiede l’onestà intellettuale che lo pone a margine di una realtà che lo rifiuta. Rivediamoci in lui ma auspichiamoci il miracoloso passo in avanti di cui abbiamo bisogno per cambiarlo quel mondo che lui è costretto ad accettare. Grazie Simonetta.
Sì, hai proprio ragione!