STEFANIA CELENZA: “Il diciottesimo compleanno”

Un modo per ritrovare la nostra identità culturale nazionale, per recuperare i valori
del nostro passato, per ricominciare da un nuovo inizio, potrebbe essere quello di
guardare cosa succede altrove, cercando fonti diverse di ispirazione.
Ecco un esempio.
Nelle Filippine è ancora pienamente sentita e praticata la grande cerimonia del
diciottesimo compleanno delle ragazze. Per molte fanciulle filippine il diciottesimo
compleanno rappresenta, ancora orggi, una grande festa, chiamata “il debutto”,
dove, per una intera magica giornata, vengono trattate come principesse. C’è un

importante vestito, una acconciatura sofisticata ed il maquillage di una vera ragazza
e fiori e musiche e discorsi e lacrime. Si tratta di una celebrazione della vita della
debuttante e del suo ingresso all’età adulta. È un evento programmato per mesi,
risparmiando a lungo, perchè il costo che la famiglia affronta è paragonabile a
quello di un matrimonio, se non anche di più.
Ora, per noi italiani, che consideriamo persino il matrimonio un evento obsoleto e
che anzi deridiamo celebrazioni private così solenni, questo tipo di festeggiamento
filippino appare ridicolo, patetico e fuori moda. Ma è proprio così?
Quasi dieci mesi fa, sono stata invitata, insieme alla mia famiglia, da una persona
filipppina, a me molto cara, perché legata alla figura di mio padre, scomparso ormai
da venti anni. Siamo stati solennemente invitati alla festa del diciottesimo
compleanno di sua nipote, che si sarebbe tenuta nel gennaio di quest’anno. In un
primo tempo, ignorando deltutto la tradizione cui ho accennato sopra, abbiamo
sottovalutato l’evento come una comunissima festa di compleanno, solo stupendoci
dell’esagerato anticipo dell’invito. Nei mesi, però, giungevano precisazioni e dettagli
organizzativi della festa che aumentavano il nostro sbalordimento. Ci veniva
raccomandato di fornirci di abiti da cerimonia e di mantenere una certa eleganza
(donne in lungo, uomini con giacca nera o blu’), successivamente ci venivano
attribuiti i compiti cui eravamo tenuti durante la festa e precisate le modalità di
omaggio alla festeggiata, ben distinte per ognuno di noi. Infine, ci veniva recapitato
l’invito ufficiale in carta pergamena. La festa si sarebbe tenuta in un ambiente
privato di grande prestigio e sarebbe durata dalle ore 13, alle ore 22, di una
domenica. Molto, ma molto di più di un compleanno italiano.

E’ stato interessante osservare il comportamento dei miei tre figli (classi: 1988,
1992 e 2000) a questo invito.
Come anche avevo fatto io, inizialmente hanno semplicemente sottovalutato
l’evento. Ma quando sopraggiungevano le indicazioni addirittura sull’abbigliamento
che ci veniva richiesto, le loro reazioni si sono irrigidite. Che pretesa! Una lesione
alla loro libertà. Ma quale arroganza, per un compleanno di una diciottenne, ma
figuriamoci. Che carnevalata, questa festa filippina.
Io che conosco molto bene, da anni, la persona che ci ha invitato, al contrario, ho
preso subito molto sul serio l’evento, dopo aver capito che, evidentemente, si stava
trattando di tradizioni speciali del loro popolo.
I miei figli hanno continuato a prendere il tutto alla leggera, con un certo tono di
superiorità. Che arretrati questi filippini, ancora legati a riti sproporzionati, da
medio evo. Il giorno fatidico della festa, ho fatto molta fatica (non riuscendoci
deltutto) a farli vestire secondo l’etichetta che ci era richiesta.
Infine, siamo andati ed allora abbiamo capito.
Si è trattato di un evento straordinario, per fasto, dispendio di servizi e di

preparazioni. Niente era stato lasciato al caso. L’addobbo sfarzoso della grande sala-
teatro, l’eleganza dei tavoli, la cucina, rigorosamente filippina, continuamente attiva

durante tutte le ore di durata della festa, gli effetti delle luci, l’impianto musicale,
i disc jockey, i presentatori, i fotografi, i direttori di sala, i coordinatori delle varie
celebrazioni, il corpo di ballo. Che dire della ragazza, che si è presentata, dopo una
doverosa attesa, con un abito meraviglioso, la corona in testa, mentre incedeva
lungo un tappeto rosso. Oltre 250 gli invitati. Noi eravamo, insieme ad un altro paio
di persone, gli unici italiani.

Tutto ciò che abbiamo visto, non poteva essere la manifestazione arrogante di una
opulenza ostentata. Ce lo hanno dimostrato loro stessi, i padroni di casa e tutti i loro
connazionali. I filippini sono un popolo di grandi lavoratori, si sono ben inseriti nel
mondo del lavoro della nostra società, sopratutto come domestici, cuochi,
camerieri, badanti e inservienti. Lavori umili, ma svolti con grande serietà e
dedizione. Tutte le persone presenti alla festa provenivano senz’altro da questo tipo
di lavoro e la festa era stata programmata con così tanto anticipo, di domenica,
proprio per consentire a tutti di preavvertire i propri datori di lavoro.
Non c’era proprio lo spazio per vanagloriose esibizioni di ricchezza. Non era quello
l’obbiettivo. Si trattava proprio di una celebrazione, di una festa importante.
Un significato di vita.
Una figlia che entra nel mondo degli adulti, che si affaccia alla vita dei grandi, che
diventa grande lei stessa. Certamente il rito del “Debutto”, nella sua accezione
originaria, era legato anche alla presentazione della figlia in funzione del suo
matrimonio, una emancipazione ufficiale che le consentiva di sposarsi, subito dopo.
Oggi, nelle stesse Filippine non è più così, ma è conservato il senso del debutto,
della sacralità della vita, della giovinezza e delle promesse che contiene.
Tutto ciò io l’ho visto in questa magnifica festa filippina. Ho visto l’importanza, la
solennità e la grande considerazione dell’evento, da parte di tutti gli invitati, dai
bambini, agli adolescenti, agli adulti, agli anziani anch’essi presenti.
Tutti hanno partecipato, con grande serietà e gioia al contempo.
Quello che mi ha davvero colpito è stata la commozione. Una commozione di tutti,
che ha preso anche me. Capire l’evento ed il suo significato profondo, percepire
l’emozione dei genitori e della diciottene stessa, vedere le lacrime, sentire le voci

spezzate. E’ stato chiaro, allora, che in quella sede si stava festeggiando la vita, la
famiglia, gli affetti e l’amore. Si stava dando la massima importanza alla figlia di
una coppia di sposi che è cresciuta, che sta diventando donna, che diventerà madre.
Si stava festeggiando il cerchio della vita.
Osservare tutto questo mi ha portato a fare alcuni accostamenti sociologici.
Solo accostamenti, nessun commento, solo fatti.
Le Filippine sono considerate, dai demografi, una nazione a forte crescita, avendo il
tasso medio di natalità, attualmente, di 3 figli per donna.
In tutto il mondo ci sono solo due paesi in cui non è consentito divorziare, per
nessuna ragione e in nessuna forma: la Città del Vaticano e le Filippine.
Non sono concessi, inoltre, matrimoni tra persone dello stesso sesso, è vietato
l’aborto e persino l’uso dei contraccettivi è oggetto di battaglie legali.
L’unico modo per mettere fine a un matrimonio, per i filippini (tranne per una
stretta minoranza musulmana), è quello di ottenere l’annullamento (che però ha
spese molto alte e viene concesso solo in casi particolari). Le Filippine hanno
respinto categoricamente la raccomandazione del Consiglio per i diritti umani delle
Nazioni Unite di legalizzare il matrimonio tra persone dello stesso sesso, nonché di
consentire l’aborto e il divorzio. I commentatori più autorevoli motivano questa
inspiegabile forma di regressione di civiltà con il fatto che le Filippine siano un
Paese a maggioranza cattolica (Report 2022 www.asianews.it). Mi viene di fare una
brutta battuta sulla possibile inversione di rotta, da parte del Papa reggente.
Tutto ciò visto e considerato, ho confrontato la realtà di questo popolo “arretrato” in
modo commovente, con il nostro, invece così orgogliosamente all’avanguardia nella
tutela dei diritti umani.

Allora, ho pensato, che possa essere sufficente soffermarsi a riflettere su cosa sia
davvero all’avanguardia e cosa sia realmente arretrato, per noi. Per ognuno di noi.
Non potrebbe essere, invece, proprio la riscoperta della sacralità di certi valori un
punto di partenza, una idea nuova che ci possa riscattare e fare uscire dal buio
umano, etico e spirituale dove siamo precipitati. Perché no?

P.S. La diffusione della foto originale dei festeggiati è stata da loro espressamente
autorizzata.

Firenze, 24.01.2023 Stefania Celenza

1 commento su “STEFANIA CELENZA: “Il diciottesimo compleanno”

  1. Carissima Stefania, il tuo racconto mi ha portato per un po’ nel mondo dei sogni ma con un brusco risveglio: la nostra realtà! L’avanguardia non ha mai avuto molti seguaci, quindi sono convinta che per i nostri tempi dobbiamo essere noi resistenti a formare quella coraggiosa avanguardia che possa riportare un’anima a questa nostra umanità, almeno a quella italiana.

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